Vino made in Italy in calo (-8,6%), ma meno della media mondo e 3 volte meno della Francia (-27,7%). Tra marzo e agosto, definito il semestre peggiore di sempre, la perdita nell’extra-Ue per i paesi produttori è di 1,4 miliardi di euro, con gli scambi complessivi di vino che hanno subito un calo a valore del 15,2%. Una contrazione senza precedenti storici secondo le elaborazioni dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor su base dogane. Il dato più significativo è relativo alle bollicine (-28,8%), che perdono quota in tutti i 10 top importer che rappresentano il 92% del mercato extra-Ue. Il vino italiano, pur registrando il peggior risultato degli ultimi trent’anni, riesce comunque a contenere le perdite e a chiudere il semestre del Covid a -8,6%, grazie a un eccellente avvio di anno con il trend che segnava +14,5%. Stati Uniti e Svizzera, rispettivamente la prima e la terza destinazione per i vini italiani, sono i Paesi che hanno contribuito a rendere meno amaro il dato finale. Da una parte, negli Usa (-8,1%) la performance è stata meno drammatica di quella francese (-40,1%) stroncata dai dazi aggiuntivi, dall’altra la Svizzera è addirittura andata in positivo (+7,5%). In Cina, per l’Italia il deficit si traduce in 26 milioni di euro, per la Francia in 122 milioni di euro. In crisi anche il mercato del Regno Unito, su cui incombe la Brexit: -9,5% per il Belpaese e -21,6% per i cugini transalpini. La tipologia sparkling è quella che cala di più anche in termini assoluti, con un crollo del 38,5% delle bollicine francesi e del 12% per gli spumanti italiani.
Per il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor, Denis Pantini: «Il semestre marzo-agosto ci consegna una pesante diminuzione nelle importazioni di vino dei mercati terzi dove l’Italia sembra soffrire meno rispetto alla Francia alla luce di una distribuzione dei propri vini più equilibrata tra on e off trade, anche se i pessimi segnali che stanno giungendo sulla seconda ondata della diffusione del Covid-19 rischiano di appesantire ulteriormente la perdita, considerando che solitamente l’ultimo trimestre arriva ad incidere per circa il 30% sull’export complessivo dell’anno».
Per quanto riguarda l’import dal mondo, scendono i 5 mercati top. È infatti di 7,7 miliardi di euro il valore delle importazioni di vino nei Paesi terzi nel ‘semestre Covid-19’ a fronte di 9,1 miliardi di euro registrati nel pari periodo del 2019. A perdere, 8 tra i 10 top buyer considerati e tutti i primi 5 principali importatori extra-Ue: Usa (-20,7%), Uk (-6,8%), Cina (-35,5%), Canada (-7,9%) e Giappone (-17,5%).
A farne maggiormente le spese sono gli sparkling, che pagano con un -28,8% e un trend negativo in tutte le piazze della domanda, con quella statunitense che paga oltre 1/3 delle vendite in valore. Perdono la metà rispetto alle bollicine i fermi imbottigliati (-14,7%), a partire dalla Cina (-35,8%), con cali sopra la media anche da parte di Usa e Australia.
La contrazione del prezzo medio è da addurre a 2 fattori: le grandi difficoltà del canale horeca, e di conseguenza dei vini a maggior valore, e le condotte speculative lungo la filiera.