Innovazione e robotica da una parte, cambiamento climatico, dall’altra: per la viticoltura nuove sfide da agganciare per restare competitiva. Ma, soprattutto, quali vini aspettarci in futuro? Di riscaldamento globale se ne è parlato nei giorni scorsi nel convegno d’apertura dell’anteprima dell’Amarone annata 2019 (https://winestopandgo.com/news/valpolicella-alla-sfida-del-cambiamento-climatico-e-dei-mercati/).
Facciamo il punto della situazione con il manager della finanza Massimo Gianolli, che in Valpantena nel 2010 ha creato l’azienda vitivinicola La Collina dei Ciliegi, estirpando tremila alberi di ciliegio e convertendoli in vigna, un’oasi (work in progress) di una sessantina di ettari, di cui più di una trentina a vigneto, dove la natura è in perfetto equilibrio per una viticoltura di eccellenza e dove il supporto della robotica tra i filari, con mezzi agricoli autonomi dotati di sensori e sistema di navigazione ad altissima precisione, aiuta a ottimizzare tempi e costi (e imprevisti). Dai droni a macchine e attrezzi per la gestione di suolo e chioma. Robot che riescono a lavorare anche con scarsa luce e di notte. Per certi versi un altro mondo, più che altro concettualmente, rispetto a quello in cui papà Armando Gianolli trascorreva l’infanzia sulle colline di Erbin.

 

Massimo Gianolli, la robotica è sempre più indispensabile nel lavoro in vigna come nei campi. Ed è facile da utilizzare: tutti parametri di lavoro sono impostati tramite smartphone e sono modificabili anche durante la navigazione autonoma. Ma l’automazione parla ancora poco italiano…

Direi di sì ma è un mercato in crescita esponenziale. La robotica è la leva per lo sviluppo sostenibile nella filiera del vino. Permette di risparmiare risorse, di svolgere più operazioni contemporaneamente, di trasmettere da remoto i dati ottenuti e, non da ultimo, di relazionarsi direttamente con il vigneto. Noi ci siamo dotati di Bakus Vitibot, un robot elettrico scavallante per la gestione dei filari con modalità sostenibile al 100 per cento e a precisione centimetrica. Riesce ad affrontare pendenze del 40% e il gruppo batterie fornisce un’autonomia di 12 ore. La robotica è di grande aiuto in tempi come i nostri in cui c’è difficoltà a reperire manodopera specializzata per determinate operazioni. Le piattaforme digitali ci permettono sia di ottimizzare l’intervento in vigna sia di migliorarne la qualità del lavoro. Con Bakus abbiamo cambiato modello operativo, il che significa far scendere l’uomo dal trattore e metterlo in sicurezza, anche dai prodotti che si usano in regime bio, come il rame. Ma significa anche spostarlo su lavori più di concetto. A livello di politiche di governo del territorio è un insieme straordinario di fattori positivi.

Perché il clima è così importante nella viticoltura di qualità?

Influisce sull’eleganza, sul grado alcolico, sugli zuccheri, sugli aromi dei vini. Il fatto di non avere escursioni termiche o di avere un clima troppo caldo o troppo umido è un grande problema per la viticoltura. Anni fa abbiamo scelto di continuare a salire in quota e oggi ci rendiamo conto di quanto questa sia stata una visione giusta. Una scelta di valore che si riscontra, per esempio, nel Peratara, lanciato nella primavera del 2023, con vigneto dedicato a 600 metri di altitudine, il che vuol dire che non raccogliamo i grappoli per fare appassimento, e nel nuovo Erbin bianco imbottigliato il 23 gennaio scorso, due vini straordinari. C’è una costante necessità di portare la vite sempre più in alto. Salire in quota è importante perché troviamo escursione termica, ventilazione, un irraggiamento solare perfetto. A queste condizioni favorevoli dobbiamo abbinare una bassa resa per ettaro. In Europa la viticoltura si spinge anche a latitudini sempre più alte. Noi siamo tra 500 e 700 metri di quota. Questa fortunata posizione ci ha permesso di gestire al meglio le ultime annate. Il clima è un macro tema, non possiamo più far finta di niente, lo dobbiamo ai nostri figli. Bisogna agire.

L’annata 2019, degustata pochi giorni fa in anteprima, rivela vini più freschi dove si cerca di contenere il grado alcolico. Questo il futuro dell’Amarone della Valpolicella?

Non solo l’Amarone 2019 ma anche il nostro Ciliegio 2018, che esce sempre dopo, sono il risultato di due annate eccellenti che hanno lasciato il segno. Il sorso evidenzia slancio, freschezza ed eleganza più che potenza, grande intellegibilità del frutto. Sarà un Amarone capace di invecchiare molto bene. Noi stiamo cercando di arrivare a 15 gradi alcolici, per poi scendere ancora, e di fare il minor lavoro in cantina in modo che i nostri vitigni autoctoni esprimano il colore tipico della Valpantena e della quota. Voglio brindare con questi due grandi Amarone al 2024, un anno importante per lo sviluppo della mia azienda perché nel precedente abbiamo dato corso a tanti progetti e rivoluzioni interne.

La vendemmia 2023 promette bene come la 2019, a 5 stelle?

L’ultima è stata un’annata sfidante, per me storica. Siamo riusciti a governare egregiamente il vigneto. È stato l’anno in cui abbiamo terminato la transizione al biologico e quindi avremo su tutti i nostri vini la fogliolina verde. Un anno molto importante, di bio puro in una stagione particolarmente piovosa fino ad agosto. Grazie all’altitudine e a questo luogo baciato da Dio per esposizione e ventilazione siamo arrivati a fine estate con dell’uva meravigliosa e con il quantitativo giusto, quei 65 quintali ad ettaro di media. Per ridurre la produzione diradiamo molto e dopo la fioritura buttiamo a terra tanti grappolini. Fortunatamente da inizio settembre, per quaranta giorni, non ha più piovuto, ma solo caldo e grandi escursioni termiche. Il bio per noi è una scelta che nasce dalla reale volontà di avere vini biologici e non solo per essere classificati tali. Stessa cosa per la certificazione Sqnpi, che riguarda la qualità sostenibile. Da Marzo 2024 avremo anche quella Carbon Footprint, che attesta la totalità delle emissioni di gas effetto serra. Per ottenere tutto ciò si passa anche dalla robotica e dall’elettrificazione. Questo è un angolo di paradiso dove la luce brilla un po’ di più, e io ho avuto la fortuna di capitarci per caso.

Come sta andando il progetto en primeur?

Oltre ogni aspettativa. Siamo arrivati a novanta botti di Amarone vendute, anche in Giappone. Un successo consolidato e in costante crescita.

Una delle foto del profilo Instagram di suo figlio Edoardo è con il Pontefice, che nei giorni scorsi in una conferenza in Vaticano ha ridato valore al vino…

Il fatto che papa Francesco abbia detto questo al mondo significa che il vino rappresenta un insieme di valori che vanno oltre il suo contenuto: sono valori che troviamo nella religione cattolica, nella dieta mediterranea, nella storia dell’uomo. Valori che nessuno ci può portare via. Coltivare, estrarre valore dalla terra e non pensare ad aspetti speculativi insegna l’arte della pazienza. Fare il viticoltore è uno dei percorsi più difficili, impegnativi e lunghi in cui ci si possa cimentare. Per tutti questi motivi il vino è un dono di Dio. I commenti negativi sono superati dai fatti concludenti. L’Italia, uno dei paesi che ha più tradizione nel vino, ha scalzato il Giappone in longevità.

Cosa significa per lei La Collina dei Ciliegi?

Amore.