Italian sounding? Anche no, grazie. L’emergenza Covid con la frenata del commercio internazionale spinge a oltre 100 miliardi di euro il valore dei falsi Made in Italy nel mondo sottraendo risorse e opportunità di lavoro all’Italia, con il paradosso che i più attivi taroccatori del cibo Made in Italy nel mondo sono proprio i paesi ricchi ed emergenti del G20 che approfittano della pandemia per sostituire i prodotti tricolori con imitazioni di bassa qualità. Questa la denuncia della Coldiretti diffusa in occasione del G20 Agricoltura di Firenze, dove in Piazza Santa Croce è stata allestita una grande mostra dell’orrore – con prodotti a dir poco grotteschi – delle più incredibili imitazioni dei veri prodotti italiani scovati nei 20 Paesi partecipanti al Summit sull’agricoltura di Firenze.
Un denuncia pubblica per chiedere ai grandi della Terra un intervento immediato contro un fenomeno vergognoso che ha un impatto devastante sull’economia nazionale e che è ormai diffusissimo in tutti i continenti e prolifera nei momenti di difficoltà delle aziende italiane, raggiungendo valori preoccupanti pari a più del doppio delle esportazioni agroalimentari Made in Italy. Secondo un sondaggio della coldiretti, l’85% degli italiani che hanno fatto nella propria vita almeno una vacanza all’estero si è imbattuto in un prodotto agroalimentare imitato o in una ricetta dei piatti tradizionali del Belpaese “rivisitata”.
Se gli argentini si sono specializzati nella produzione di formaggi che richiamano alle nostre Dop più prestigiose, come il Reggianito o il Grana Pampeana, magari “innaffiati” da Marsala fasullo e Bordolino Vino Tinto, in Australia ci si scontra con il Perfect Italiano Parmesan, tarocco del nostro Parmigiano reggiano, da grattugiare sopra le San Remo Penne. Anche il Brasile è una miniera di falsi che vanno dalla Mortadela al Parmesao fino al Caccio Cavalo, così come i canadesi vendono prodotti come il Veneto Salami o il provolone e il montasio “made in acero”, fino al kit di polveri per fare il Chianti. Ma pure l’asse franco-tedesco è attivo nel campo dei tarocchi alimentari tra Spaghetti Bolognese e Torti carbonara rigorosamente transalpini e Cambozola, Zottarella (storpiature dei nostri gorgonzola e mozzarella) germanici, così come Perisecco e Meer Secco richiamano il vero Prosecco. In Cina, che invade l’Italia di derivati di pomodoro, si preferiscono paradossalmente le passate tricolori come il Gino Tomato Paste o il Ciao Doppio Concentrato. In Messico si fanno i Tortellonis, in Corea del Sud i Chapagetti, in Sudafrica il Mascarpone e l’Olio di Oliva Vesuvio. In Russia, per soddisfare la fame di italianità dopo l’embargo sui prodotti tricolori, è nata una fiorente industria tra Parmesan Dolce e salame Milano. La pandemia ha dato ulteriore impulso al consolidato mercato del falso inglese e statunitense, con kit per fare formaggi e vini e veri e propri orrori come il Chianti Classic, il Romano Cheese, lo Sharp Provolone/Fontina, lo Spicy Thai Pesto e l’immancabile Parmesan.
“Il contributo della produzione agroalimentare Made in Italy a denominazione di origine alle esportazioni e alla crescita del Paese potrebbe essere nettamente superiore se dagli accordi venisse un chiaro stop alla contraffazione alimentare internazionale che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale”, ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “a far esplodere il falso è stata paradossalmente la “fame” di Italia all’estero con la proliferazione di imitazioni low cost”.
Secondo una stima della Coldiretti, infatti, più due prodotti agroalimentari tricolori su tre sono falsi senza alcun legame produttivo ed occupazionale con il nostro Paese. Con la lotta al falso Made in Italy a tavola si possono creare ben 300mila posti di lavoro in Italia. Per non parlare dei ristoranti italiani all’estero dove sono serviti ingredienti Made in Italy taroccati – denuncia Coldiretti – e ad essere portate in tavola sono le più bizzarre versioni delle ricette tradizionali, come l’abitudine belga di usare la panna al posto del pecorino nella carbonara, quella tedesca di impiegare l’olio di semi nella cotoletta alla milanese, quella olandese di non usare il mascarpone nel tiramisù, fino agli inglesi che vanno pazzi per gli spaghetti alla bolognese che sono del tutto sconosciuti nella città emiliana mentre gli americani utilizzano il parmesan al posto di Parmigiano Reggiano e Grana Padano.