Il bicchiere del vino italiano negli Stati Uniti oggi mostra più ombre che luci. I nuovi dazi imposti da Washington hanno presentato un conto salato: 61 milioni di dollari in soli tre mesi, secondo i dati elaborati dall’Osservatorio di Unione Italiana Vini (UIV). Un impatto che ha costretto le imprese italiane a una scelta dolorosa ma necessaria: comprimere i margini per restare competitive.
Basta guardare i numeri di luglio per rendersene conto. Il prezzo medio dei nostri vini all’import è passato dai 6,52 dollari al litro del 2024 ai 5,64 dollari attuali, con un calo del -13,5%. Un paradosso se si pensa al recente deprezzamento del dollaro, che avrebbe dovuto favorire spese più alte da parte degli americani. Invece, le aziende italiane hanno scelto di assorbire il costo extra, vendendo a meno pur di non perdere terreno in un mercato strategico.
La classifica delle nazioni più colpite vede in testa la Francia (62,5 milioni di dollari), seguita da vicino dall’Italia e, più distante, dalla Spagna. Una sorta di “podio amaro” che fotografa il peso dei dazi su chi, come noi, esporta qualità e valore.
“Il vino sta uscendo dalle cantine a prezzi inferiori – ha dichiarato Lamberto Frescobaldi, presidente di UIV –. Le imprese stanno sostenendo in prima persona il dazio pur di restare sul mercato”. A questo si aggiunge un fenomeno preoccupante: alcuni aumenti sugli scaffali statunitensi, giudicati ingiustificati perché legati a stock acquistati prima dei dazi. Una speculazione che non solo non tutela i consumatori, ma rischia di danneggiare anche la credibilità dei nostri partner commerciali.
Di fronte a questo scenario, la risposta non può essere individuale. UIV propone una campagna straordinaria di promozione, da attivare già dal 2026, con una regia pubblico-privata capace di valorizzare l’unicità del bere italiano. Gli Stati Uniti restano la piazza più strategica, ma lo sguardo si allarga anche ad altri mercati promettenti come Regno Unito, Canada e Brasile.
La sfida è chiara: trasformare la crisi dei dazi in un’occasione di rilancio. Ma serviranno visione, unità e la capacità di raccontare il vino italiano non solo come prodotto, ma come cultura e stile di vita. Solo così, tra le pieghe delle difficoltà, potremo continuare a far crescere il valore del nostro export.
VINO ITALIANO NEGLI USA: DAZI, MARGINI COMPRESSI E IL BISOGNO DI UNA STRATEGIA CONDIVISA
