Nel 2025 complesso che ha messo sotto pressione molti segmenti del vino italiano, le bollicine si confermano una delle colonne portanti del settore, non tanto per un’esuberanza spettacolare quanto per una solidità ormai strutturale. La produzione e commercializzazione di spumanti italiani torna infatti a superare la soglia simbolica del miliardo di bottiglie, attestandosi a 1,03 miliardi, un risultato che racconta una filiera capace di tenere il passo anche in uno scenario internazionale instabile, segnato da inflazione, rallentamento dei consumi e maggiore selettività sui mercati esteri.
Il dato più interessante che emerge dall’analisi dell’Osservatorio Uiv-Ismea non è solo quantitativo, ma qualitativo e culturale: a sostenere il comparto nel 2025 è soprattutto la domanda interna. Oltre 360 milioni di bottiglie sono destinate al periodo delle feste, con un incremento significativo dei consumi domestici e più di 106 milioni di bottiglie stappate in Italia, quasi esclusivamente di produzione nazionale. È un’inversione di tendenza rispetto allo scorso anno, che restituisce centralità al mercato interno e rafforza il legame tra spumanti italiani e ritualità collettiva, in particolare tra Natale e Capodanno, momenti in cui il brindisi rimane un gesto identitario prima ancora che commerciale.
Questo risultato assume un peso ancora maggiore se inserito in una prospettiva di medio periodo: negli ultimi quindici anni le quantità di bollicine italiane si sono quasi triplicate, segno di una crescita che non è stata episodica ma progressiva, accompagnata da un ampliamento dell’offerta, da una maggiore riconoscibilità delle denominazioni e da un’evoluzione dello stile, sempre più attento alla freschezza, alla bevibilità e alla versatilità gastronomica. Non a caso, mentre crescono i consumi di spumanti italiani, calano quelli di sparkling stranieri, con una contrazione stimata delle importazioni che segnala una preferenza sempre più netta per il prodotto nazionale.
Sul fronte estero, dove storicamente si concentra circa il 70% delle vendite, il 2025 si chiude all’insegna della stabilità. In un contesto globale meno espansivo, mantenere le posizioni equivale a una performance positiva. Le bollicine italiane continuano a essere fortemente vocate all’export, ma senza eccessi, dimostrando una maturità commerciale che privilegia la continuità rispetto alla rincorsa dei volumi. All’interno di questo quadro, spiccano alcune dinamiche significative: nella galassia Prosecco, il Conegliano Valdobbiadene chiude l’anno con una crescita a doppia cifra, confermando come le denominazioni a maggiore identità territoriale riescano a intercettare una domanda più consapevole e orientata alla qualità.
Parallelamente, il segmento dei Metodo Classico mostra segnali positivi trasversali, dalle grandi denominazioni come Franciacorta e Trentodoc fino a realtà più piccole ma sempre più riconoscibili come Alta Langa e Oltrepò Pavese. È un dato che racconta un interesse crescente per stili diversi di bollicina, capaci di rispondere a occasioni di consumo più ampie e a un pubblico sempre più informato.
Particolarmente significativo resta il ruolo degli Stati Uniti, oggi primo mercato mondiale per il vino italiano. Qui gli spumanti hanno superato bianchi e rossi diventando la tipologia più consumata, con una quota che sfiora il 40%. Un segnale che va oltre il dato commerciale e parla di un cambiamento nei gusti e nelle abitudini di consumo, dove la bollicina italiana viene percepita come prodotto trasversale, non più legato solo alla celebrazione ma anche a momenti informali e quotidiani.
In definitiva, il 2025 delle bollicine italiane non è l’anno dei fuochi d’artificio, ma quello della conferma. Un settore che cresce meno per inerzia e più per consapevolezza, che trova nel mercato interno una nuova energia e all’estero una stabilità preziosa. Un brindisi che non punta all’effetto sorpresa, ma alla continuità, e che proprio per questo racconta una maturità raggiunta