WINESTOP&GO

SPECIALE NUOVO ANNO

Di Thomas Coccolini Haertl

 

Al cenone, le bollicine aprono al brindisi di fine anno

 

Siete tutti pronti per il cenone di fine anno?
Di certo ognuno di noi è indaffarato a fare gli ultimi acquisti per portare a tavola i piatti di tradizione, fra cui le immancabili lenticchie che tanti amano associare, nel modo di pensare popolare, “al portar soldi”. In questa corsa, ribadiamo che il vino non deve essere lasciato in secondo piano, anzi, sarebbe la prima cosa su cui investire, dato che la mezzanotte del 31 dicembre chiama le bollicine per il brindisi e dopo aver bevuto a cena, non si può di certo rimanere a secco, quanto meno bisogna avere pronto un vino all’altezza della situazione.
La scorsa settimana abbiamo elencato una serie di vini che hanno potuto accompagnare piatti italiani di tradizione e non solo, per Natale, Santo Stefano e per il veglione. Da nord a sud sono state proposte anche tre bottiglie di spumante molto versatili, legate al territorio, ma non necessariamente a preparazioni di antipasti, primi e secondi in particolare. Oltre a questa rosa di tre bollicine, oggi proponiamo altre tre etichette da bottiglie Magnum, ovvero il litro e mezzo che è il formato ottimale per il rapporto lieviti/vino all’interno della bottiglia, nella rifermentazione del Metodo Classico. Quando ci si trova a condividere momenti importanti come il capodanno, spesso con più di sei persone, allora la magnum ci fa fare bella figura e concederà ai commensali anche più di un solo calice. Fra le tre bollicine suggerite, viene proposto anche uno Champagne.
Rimaniamo quindi prevalentemente in Italia, a parte le bollicine francesi che tanti vanno cercando per le grandi occasioni, senza esplorare altri territori, come ad esempio quello dei Cava spagnoli, spesso interessanti, oppure le neo-bollicine inglesi come di Nyetimber dal West Sussex, a testimonianza che la vecchia irregolare linea latitudinale di confine fra la geografia del vino e quella dei distillati, a nord, stia mutando anche influenzata dal cambiamento climatico. Seppure le ere geologiche ci dicano che all’indietro nei millenni le terre del nord erano ben più calde e adatte al vino, più che ai whisky delle attuali fredde lande scozzesi, oggi come oggi il risultato è che il confine sud del mondo del vino sta salendo.
Per prima cosa non sbagliamo la temperatura di servizio. Tanto più lo spumante o lo Champagne predisposti per il brindisi di mezzanotte siano complessi e dalla sosta sui lieviti lunga, tanto più è necessario non stare sotto i 9-10 gradi (e non oltre i 12-13). Le bollicine non si bevono, ricordiamolo, alla temperatura del frigo di casa, oggi quasi sempre programmata intorno ai 4-5 gradi centigradi. Il suggerimento è pertanto quello di portare in tavola la bottiglia almeno quindici minuti prima e poi la raccomandazione è di stapparla senza il botto, seppure sia meno spettacolare, ma è sempre bene evitare di far danni coi tappi che volano, del resto già ce ne sono abbastanza fuori, di botti! Men che meno il cimentarsi nel sabrage, cioè la sciabolata: una inutile esibizione che non sempre finisce bene. Dunque, trattenete il tappo evitando che parta e se possibile, una volta finita la bottiglia, non conficcatela a testa in giù nella boule ghiacciata che dovete tenere a tavola, immancabile per mantenere la temperatura costante durante un pasto. Dettagli non marginali, tuti questi, perché sarebbe un peccato investire su una grande bottiglia e poi servirla troppo fredda. Analogamente, fate molta attenzione ai calici, quelli giusti oggi non sono più le coppe (che rispecchiano un passato in cui lo Champagne era molto più morbido, dolce rispetto ad oggi), tanto meno i flute, sconsigliati perché in primo luogo sono scomodi per molti nasi, poi perché verticalizzano troppo le bollicine con un diametro alla bocca del bicchiere troppo stretto per i sentori degli sparkling wines più pregiati. Il calice giusto può essere il classico Lehmann da Champagne, non necessariamente la versione ultra-leggera soffiata a mano. Importante è che abbia la base interna appuntita, così da concentrare la veicolazione delle bollicine e che abbia un diametro alla bocca non troppo stretto.

 

Due Spumanti Metodo Classico e uno Champagne

La selezione di WineStop&Go per questa fine d’anno prevede uno Chardonnay in purezza straordinario, fra i più importanti del territorio italiano: Ferrari Riserva del Fondatore Giulio Ferrari Trento DOC 2002 Edizione Limitata. Sboccatura tardiva 2023, questa magnum oltre ad avere una sosta suoi lieviti da record, rappresenta al meglio un’annata perfettamente riuscita per l’azienda dei fratelli Lunelli, la 2002, in particolare per i vigenti d’alta quota destinati al loro spumante super-premium. Se l’obiettivo è confrontarsi con il top della Francia, anche come prezzo, al di là dei gusti che sono sempre soggettivi, questo spumante è davvero un fiore all’occhiello per il Made in Italy. Quando si dice che si cerca una grande occasione per una grande bottiglia, questa è la situazione giusta e la bottiglia al momento giusto. Da ricordare con gioia.


Analogamente eccellente, in questo caso da uve 100% Pinot nero, così da accontentare tutti i gusti, ottimale per la sua versatilità a tavola è la magnum Luretta On attend les Invités Riserva Roncolino 2011 Rosé, dei colli piacentini. L’Emilia delle bollicine, lo abbiamo sottolineato più volte, in particolare ovviamente per il Metodo Classico e i Rifermentati in bottiglia, oggi presenta tante eccellenze tutte da scoprire. Questo spumante dalla lunga sosta sui lieviti, per molti dei vostri commensali potrà essere una piacevole sorpresa, anche questo assai difficile da dimenticare.

Infine, agli amanti dello Champagne, che difficilmente rinunciano ad avere l’altisonante nome delle bollicine europee per eccellenza: perché biasimarli? La scelta in questo caso sarà su uno Champagne tutt’altro che scontato, quindi niente grandi nomi, con un criterio da intenditori. Partiamo dalle uve, 75% Pinot nero per avere la forza, 25% Chardonnay per i profumi e l’acidità, se possiamo semplificare stando agli aspetti pratici. Gersende Lefevre è un Grand Cru, dettaglio che può davvero fare la differenza, ovvero si parte da una selezione del territorio a monte, per puntare al top di ciò che il terroir della Champagne possa offrire. Il dosaggio medio-basso da extra brut mette in evidenza le aspettative di spinta acido-sapida tipica dei terreni anche gessosi, per questa réserve sans annee, ovvero con il millesimo non dichiarato in etichetta, pur sapendo che in genere la sosta sui lieviti per questo vino è di cica 36 mesi. Offrire ai vostri commensali una magnum prodotta da un RM, ovvero un Récoltant-Manipulant, piccola sigla che non sempre è facile individuare su queste etichette, cioè un vignaiolo indipendente, oltre al prestigio di uno Champagne, oltre al pregio dell’essere un Grand Cru per i più preparati, è sinonimo per voi di conoscenza del territorio e capacità di saper essere analogamente indipendenti dai marchi più blasonati e che spesso si pagano fin troppo. Elegante, versatile e non scontato.

Ultima cosa: evitiamo gli abbinamenti degli spumanti e Champagne secchi, soprattutto a basso dosaggio come sono oggi queste bollicine contemporanee, con dolci come lievitati o altri cremosi ancor più ricchi di zuccheri. La settimana scorsa, per le prelibatezze di pasticceria abbiamo proposto un passito che nella maggior parte dei casi è il vino più adatto. In alto i calici e… buon anno dal vostro doctor sommelier!