Allarme export: primo semestre a -4,1%, non succedeva dal 2010. La Brexit preoccupa non poco le imprese del vino, considerato che la Gran Bretagna è un mercato che rappresenta il terzo sbocco al mondo per il nostro export. “Il nulla di fatto nell’ultimo ciclo di negoziati sulla Brexit è motivo di forte preoccupazione per il futuro del vino italiano in un mercato fondamentale per il nostro export. Con un ‘no deal’ si rischia, nella migliore delle ipotesi, una babele burocratica senza precedenti negli scambi e nella peggiore, diverse regole per l’etichettatura fino all’adozione di possibili dazi. Per questo ci appelliamo all’Unione europea affinché sia disposto un ‘paracadute normativo’ transitorio per mantenere lo status quo negli scambi per un periodo di 12-18 mesi, vista l’impossibilità un adeguamento normativo in tempi così stretti”. Lo ha detto in merito alla chiusura senza risultati dei negoziati tra Ue e Regno Unito sulle future relazioni in regime di Brexit, il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Ernesto Abbona.
“Nel primo semestre 2020, secondo i dati Istat elaborati dal nostro Osservatorio, la contrazione export a valore del vino made in Italy in Gran Bretagna è stata pari a quasi il 10% sullo stesso periodo 2019, con gli sparkling a -19,8%”, commenta Paolo Castelletti, segretario generale Uiv. “Nel periodo in calo anche il prezzo medio, per un valore delle esportazioni che Oltremanica ha sfiorato i 310 milioni di euro. Nel 2019 il Regno Unito, secondo Paese importatore al mondo dopo gli Usa, ha acquistato vino dall’estero per quasi 4 miliardi di euro complessivi”.
Secondo l’Osservatorio Uiv anche l’Italia, come la maggior parte dei Paesi produttori di vino, sperimenta a giugno un arretramento delle esportazioni. Da gennaio a giugno il saldo a volume segna infatti -2,1%, a 10 milioni di ettolitri, per un valore sceso del 4,1%, a 2,9 miliardi di euro. Dal 2010, è la prima volta che il valore delle spedizioni registra il segno negativo nel primo semestre, accompagnato per ora da una meno drastica limatura dei listini, scesi in media del 2%. A soffrire è proprio la componente valore, che colpisce sia gli spumanti (-8%), sia i vini fermi (-3%), in particolare quelli veicolati sul settore Horeca, che ha patito in questi mesi i lockdown decisi dai vari Paesi. Gli impatti pesanti li registrano i rossi Dop, in particolare toscani e piemontesi, che segnano cali anche sulla componente volumica (-7%), mentre per ora i bianchi a denominazione compensano sul valore con l’aumento delle forniture a volume (+5%), trainati dalle buone performance del “rassicurante” Pinot grigio in Usa e UK. Discorso analogo per la spumantistica, dove se il Prosecco contiene le perdite a valore a -4% (con cali sia in Usa che in UK), i Dop – metodo classico e affini – vanno sotto addirittura del 40%. In controtendenza positiva i frizzanti (+5% volumico e +2% valore), che si confermano prodotto domestico e da tutti i giorni.