L’Umbria si aggiudica l’ambito riconoscimento “Best in Travel 2023” della guida Lonely Planet, assegnato annualmente alle migliori destinazioni turistiche nel mondo. Un’Umbria dal cuore e dal polmone verde, fra arte, enogastronomia, natura, borghi medievali dominati dal silenzio e da una spiritualità talmente intensa da permeare anche le pietre, in primo piano nell’anno del cinquecentenario della morte di Pietro Vannucci, detto “Il Perugino”, dei 50 anni di Umbria Jazz e dei 50 anni della guida Lonely Planet (leader nell’editoria di viaggio anche per la traduzione nella maggiori lingue del mondo).
Alla Galleria Nazionale dell’Umbria, in Sala Podiani, l’assegnazione del Best in Travel 2023, categoria “Eat” (“Mangiare”), che include la regione del Centro Italia nelle trenta destinazioni mondiali con più appeal e quindi assolutamente da visitare il prossimo anno. Ad aggiudicarsi la categoria Eat sono anche Lima (Perù), Fukuoka (Giappone), Kuala Lumpur (Malesia), Montevideo (Uruguay) e il Sudafrica.
Un’Umbria imperdibile a cominciare dalla tavola, dai suoi sapori più autentici e genuini. L’Umbria di Perugia, Montefalco, Foligno, Gubbio, Orvieto, Trevi, Todi, Spello, Norcia. L’Umbria costellata di eremi sperduti, come l’eremo di Santa Maria Giacobbe a Pale di Foligno, incavato tra le rocce di una montagna. L’Umbria di Assisi e del cammino di San Francesco, del monte Subasio, della Valnerina, dell’abbazia, meno conosciuta, di San Pietro in Valle a Ferentillo (Terni). E, ancora, lo spettacolo naturale della cascata delle Marmore, quasi allo sbocco della Valnerina.
Ma anche l’Umbria del vino, nello specifico del Sagrantino di Montefalco, re del tannino, dal sapore asciutto, intenso e dall’elevato contenuto polifenolico che gli garantisce capacità di invecchiamento. L’omonimo vitigno autoctono è coltivato in questo territorio sin dal Medioevo, forse importato dall’Asia minore o dalla Grecia durante le peregrinazioni dei monaci bizantini o dei frati francescani. Un vino che negli anni ha saputo ritagliarsi, a partire dalla sua riscoperta negli anni ‘90, un posto di primo piano nell’enologia di qualità. Il nome deriva quasi sicuramente dall’uso sacro durante le funzioni religiose o dal termine “sagrestia”. La sua patria è Montefalco, comune di antica fondazione romana in provincia di Perugia. Meno di mille gli ettari di terreno vocato alla sua produzione e un nocciolo duro di produttori che ci credono e che oggi stanno ritornando a uno stile meno esasperato e più rigoroso, meglio aderente alle caratteristiche del vitigno. Sagrantino ottimo sia in versione secca sia passita, quest’ultima ottenuta con appassimento per alcuni mesi dei grappoli, che perdono la componente acquosa concentrando i tannini ed esaltando la dolcezza del vino. Per ottenere il Sagrantino e affinare il gusto sono richiesti, da disciplinare, minimo trenta mesi di invecchiamento, dei quali almeno dodici in botti di legno, cui ne seguono almeno altri quattro di affinamento in bottiglia.
Con il team di Lonely Planet, che accompagna i giornalisti in un tour stampa memorabile, visitiamo le cantine Briziarelli a Bevagna, tra Assisi e Spoleto. Siamo al centro della Valle Umbra, alle estreme propaggini dei Monti Martani. Qui il Sagrantino e il Montefalco Rosso raggiungono l’eccellenza.
Ad accoglierci è il foliage autunnale dei vigneti all’ingresso della tenuta, che si veste di colori istriati, di rossi luminosissimi, quasi magnetici. L’azienda è una commistione di tradizione vitivinicola ed architettura futuristica. Un luogo dove passato e futuro sembrano darsi la mano nel presente.
La storia di questa famiglia inizia nel 1906 con Pio Briziarelli, imprenditore locale, filantropo, uomo di visioni, che dopo l’argilla si dedica alla viticoltura, all’allevamento di chianine, alla produzione di olio e alla coltivazione di seminativi. Alle fornaci Briziarelli, a Marsciano, dove si producono ancora oggi laterizi apprezzati a livello mondiale, l’innovazione si evince nella razionalizzazione del sistema produttivo e negli investimenti tecnologici. Mattone e agricoltura.
Solo nel 2000 si intraprende un nuovo progetto improntato alla qualità enologica assoluta, con un nuovo podere di circa 50 ettari a Bevagna, uno dei comuni che compone l’areale di produzione del Montefalco Rosso Doc e del Montefalco Sagrantino Docg. L’attività cresce e nel 2006 si impiantano nuovi vigneti. La primissima annata è la 2007. Nel 2012 è la volta della nuova cantina, che dall’esterno riprende la forma di una fornace, con la torretta che si nota all’arrivo e ne ricorda il camino di aspirazione. Nella sala degustazione la vista si perde, oltre l’ampia vetrata, nel panorama di vigne e ulivi tutt’intorno: sullo sfondo Perugia, Spoleto, Assisi, Spello, Foligno e Montefalco che dà il nome a tutta la zona vitivinicola.
Oggi sono una ventina gli ettari vitati in produzione, più due ettari di cabernet franc impiantati lo scorso anno, per un totale di 120-130mila bottiglie, di cui solo 45mila di Sagrantino perché le rese sono basse (8 quintali di uva per ettaro).
Il Sagrantino d’entrata matura in barrique per 12 mesi, il minimo previsto dal disciplinare, portati a 24 per il Sagrantino Vitruvio. La maggior parte dei vini, però, affina in acciaio. Solo il Montefalco Sagrantino, sia secco sia passito, il Montefalco Rosso Riserva e il 1906 (blend paritario di Sagrantino e Cabernet) maturano in legno. Il 1906, che richiama la data di fondazione delle fornaci Briziarelli ed è fuori dalla logica dei disciplinari di produzione, riprende da una parte il concetto dei Supertuscan e dall’altra un vino che è stato dismesso e ripristinato con una nuova veste: nuovo blend, nuovo affinamento e un tocco più elegante per un posizionamento al top di gamma.
Don Brizio, invece, è la nuova linea lanciata quest’anno e comprende un bianco, un rosato e un rosso: molto giovane, tutta giocata su acidità e freschezza dei vini, affina in acciaio, con tappo a vite proprio per rimarcare il concetto di freschezza e bevibilità.
Nella barricaia, barriques e tonneaux sono di rovere francese e di primo passaggio. “Le uve sono cariche, potenti, quindi si verifica la necessità di una bella sferzata da parte del legno per ammorbidire il vino”, ci spiegano in azienda. Andrea Bernardini è il consulente esterno. In un angolo, una botte nuova di rovere di Slavonia serve a sperimentare sul Sangiovese.
Il mercato principale è il Centro Italia, mentre l’export riveste il 30 per cento (“ma è in espansione, soprattutto negli Stati Uniti, grazie al nostro nuovo amministratore delegato”).
Da pochi giorni è in commercio anche il Vermut, a base di Sagrantino, dall’inconfondibile speziatura e dal sentore di chinotto, prodotto in collaborazione con la storica distilleria artigianale Cillario e Marazzi di Varese. La bottiglia che lo veste è la “Tera”, realizzata al 100% da energia rinnovabile. Il nome è stato scelto grazie a un concorso indetto sui social media e durato 24 ore, da cui il nome “Lunga Notte”.
Umbria, antica terra di Umbri, Etruschi e Romani, di luoghi archeologici, come la Villa dei Mosaici a Spello, da scoprire e valorizzare non solo nelle sue città più importanti. Umbria che cerca di dialogare sempre di più con i giovani, a partire dalla grande mostra dedicata alla storia di Umbria Jazz alla Galleria Nazionale, a Perugia. Umbria da visitare con curiosità, lasciandosi totalmente “trasportare” dal viaggio.