Ci ha lasciati nella notte. Dopo lunga malattia. Lino Maga, il signor Barbacarlo, classe 1931. Senza clamore, lontano dalla cronaca, come era abituato. Coppola, immancabile sigaretta in bocca, schivo, di poche parole, una vita dedicata al suo amato Oltrepò e a un vino in poche migliaia di bottiglie che esprime l’unicità di un terroir e che lui ha nobilitato come nessuno avrebbe potuto e saputo fare. Anche quella non continuità nelle annate aveva un che di grande. Un contadino diventato una leggenda, che se ne fregava della Doc, tanto che molti appassionati di vino si chiedevano se Lino Maga esistesse veramente. Un contadino che ha dimostrato che non conta produrre tanto ma bene, rispecchiando una cultura, quella contadina più autentica. Una cultura che nessuno è riuscito a strappargli imponendogli logiche di mercato.
La sua è stata una vita spesa per il Barbacarlo, un vino che ha saputo far sconfinare nella leggenda, fino a ottenere dopo una battaglia legale durata più di vent’anni il monopolio del marchio, l’esclusività del nome con il riconoscimento del vigneto nel comune di Broni, ereditato dagli antenati come grand cru monopole. “Il nome Barbacarlo non era tutelato come nome di un luogo e così altri potevano apporlo in etichetta, inoltre la sua produzione interessava un’area di oltre quaranta comuni”, ricordava.
Due i cru in proprietà coltivati con viti centenarie: Il Barbacarlo e il Montebuono. Due soli vini, non trenta etichette. Vini unici, vini fatti come una volta, senza temperature controllate, senza lieviti aggiunti, imprevedibili in ogni annata. “Più secchi, più fermi, più mossi. L’annata si ritrova nel bicchiere”. Si racconta che la 2003, straordinaria, un vino di oltre sedici gradi e ancora con residuo zuccherino, fosse stato bocciato all’esame della DOC Oltrepò Pavese. Maga chiamò Gino Veronelli, che dopo averlo assaggiato, si arrabbiò moltissimo perché trattavasi di un grande vino, una delle migliori annate di sempre. Da allora il rapporto con la Doc si interrompe e sul Barbacarlo si troverà la scritta IGT Rosso Provincia di Pavia. Quando uscì la guida Oro dei Vini il Barbacarlo 2003 ottenne il Sole, il massimo riconoscimento. “Ma secondo voi a un consumatore australiano, cinese o giapponese gliene importa se su un vino c’è scritto DOC? Può essere un valore aggiunto?”. Si chiedeva.
Da lui sono passati tutti e gli han voluto bene, o meglio sono passati quelli che contano ancora oggi e forse conteranno per secoli: Mario Soldati, Gino Veronelli, l’oltrepadano Gianni Brera. Gli immortali. Come lui. Uno degli ultimi di un’antica civiltà contadina del bere, che ormai non esiste più. Scriveva Veronelli: “Il peggior vino contadino è migliore del miglior vino d’industria”. Ciao Lino!
“Chi fa vino genuino è benefattore dell’umanità” (Lino maga)