A partire dal 1° agosto 2025, entreranno in vigore dazi del 15% sulle esportazioni europee, Italia compresa, secondo l’accordo tra USA e UE. Se confermato, l’impatto sul vino italiano sarà importante: Unione Italiana Vini (UIV) stima una perdita tra 317 e 330 milioni di euro in 12 mesi.

Ma quanto pesa il mercato americano? Il mercato USA è il principale sbocco extra-UE: nel 2024 il vino italiano ha esportato negli Stati Uniti beni per circa 2 miliardi di euro, pari al 24% del totale italiano e al 40% dell’intero export vinicolo della UE. Per questo, per il presidente Uiv Lamberto Frescobaldi, un dazio del 15% configurerebbe quasi un embargo per l’80% dei vini tricolori negli USA.

L’industria risponde con cifre concrete. Nei primi mesi del 2025, secondo Uiv, l’export verso gli USA ha già subito un calo: –7,5% in volume e –9,2% in valore nel mese di aprile, con consumi che si stanno allineando dopo l’impennata pre-dazi. L’entità del danno è contenuta solo grazie alla forte corsa agli stock prima dell’imposizione delle tariffe. Paolo Castelletti, segretario generale UIV, ha lanciato un appello perché la filiera (produttori, importatori, distributori) condivida il peso del dazio per mantenere i prezzi più vicini possibili al consumatore finale e salvaguardare il mercato.

E cosa dice il governo italiano? Il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha definito il settore vitivinicolo “quello che preoccupa di più” per i dazi, annunciando che il 4 agosto sarà convocato a Palazzo Chigi un tavolo di crisi per costruire una strategia di difesa del comparto. Tuttavia, non emergono differenze nette con la linea generale di Bruxelles: l’Italia cerca di armonizzarsi con le azioni diplomatiche europee, pur sottolineando la necessità di misure ad hoc per il vino.

Fra le proposte di Uiv, la diversificazione dei mercati, puntando su Asia, America Latina, India e Africa, la rinegoziazione dei contratti con gli importatori per quanto riguarda i costi, la promozione coordinata UE–Italia per mantenere il valore percepito del vino italiano, il dialogo urgente con le istituzioni statunitensi, per mitigare l’implementazione delle tariffe. Fres­cobaldi sottolinea che un dazio al 15% rappresenta un passo avanti rispetto all’ipotesi iniziale del 30%, ma resta comunque un colpo durissimo alla competitività del Made in Italy.

Il settore chiede di non cedere terreno: l’identità enologica italiana non si difende con silenzio, ma con strategia, unità e visione.