MENTRE L’EUROPA TRATTA CON STATI UNITI, MERCOSUR E INDIA, IL SETTORE DEL VINO ITALIANO FA I CONTI CON DAZI, CALO DEI CONSUMI E UN MERCATO GLOBALE IN TRASFORMAZIONE

Il vino italiano entra nell’ultimo scorcio del 2025 con due consapevolezze: il mercato sta cambiando e la politica commerciale è tornata a incidere sulla quotidianità delle imprese.
A Roma, il presidente di Unione Italiana Vini (UIV), Lamberto Frescobaldi, ha incontrato il commissario europeo per il Commercio Maroš Šefčovič, affiancato dai ministri Francesco Lollobrigida e Antonio Tajani. Sul tavolo, le preoccupazioni legate ai nuovi dazi americani sul vino europeo e la necessità di accelerare la chiusura dei trattati di libero scambio con Mercosur e India. “Apprezziamo il lavoro svolto dal commissario Šefčovič in una fase delicata della nostra storia commerciale – ha dichiarato Frescobaldi –. Speriamo che la forza della diplomazia possa convincere l’amministrazione Trump a recedere dall’imposizione di tariffe al vino, dannose per le imprese italiane ed europee ma anche per l’economia statunitense. Per ogni dollaro investito in vini europei, il trade americano ne genera altri 4,5 in favore dell’economia Usa.”
Una posizione che trova riscontro nei numeri. Secondo l’Osservatorio UIV–Ismea, nel primo semestre 2025 le esportazioni italiane di vino hanno registrato una flessione del 3,1% in volume e dello 0,4% in valore. Negli Stati Uniti, primo mercato di riferimento, il calo è stato più marcato: –7,5% in volume e –9,2% in valore, penalizzato dai dazi e dal rallentamento dei consumi.
Un campanello d’allarme che spinge il comparto a guardare oltre l’Atlantico. L’attenzione si sposta così verso nuovi orizzonti. L’accordo con il Mercosur, se completato, potrebbe aprire opportunità concrete in Brasile, Cile, Uruguay e Argentina, mercati in crescita e sempre più attenti ai vini europei di qualità. Contemporaneamente, l’India si conferma una frontiera strategica, sostenuta da una classe media in espansione e da un interesse crescente per la cultura gastronomica. Anche in Asia si muovono segnali incoraggianti: la Corea del Sud, la Thailandia e Singapore stanno sviluppando una domanda solida per vini di identità, eleganti e gastronomici, con particolare attenzione alla sostenibilità.
Ma la vera forza del vino italiano resta nel suo legame con il territorio. Progetti di ricerca come Chianti Classico 2000 mostrano oggi tutta la loro attualità: cloni selezionati per resistere meglio alle malattie, adattarsi ai cambiamenti climatici e mantenere freschezza e complessità anche nelle annate calde. Sono risultati che hanno contribuito a un salto qualitativo complessivo delle denominazioni storiche e dimostrano come l’innovazione, se guidata dalla cultura agronomica, possa diventare una forma di tutela del paesaggio.
In parallelo, cresce la domanda di esperienze legate al vino. Il turismo enologico nel 2025 segna un aumento del 9%, trainato da un pubblico sempre più interessato a conoscere i luoghi e le storie dietro le etichette.
Le cantine si trasformano in spazi di accoglienza culturale, dove la degustazione è un racconto e il vino diventa strumento di dialogo tra tradizione e contemporaneità.
In un anno segnato da tensioni commerciali e cambiamenti globali, il vino italiano continua a distinguersi per equilibrio e identità. È un settore che sa reagire con intelligenza e che ha imparato a fare sistema, puntando su sostenibilità, formazione e ricerca. E forse è proprio questa la chiave: nella complessità del presente, il vino italiano conserva la sua forza più autentica — quella di unire economia e cultura, lavoro e bellezza, tradizione e futuro. Perché il vino, anche quando il mondo cambia, resta ciò che è sempre stato: una forma di civiltà in cammino.

