“Jungle” (Mondadori Electa) è una guida sull’andamento dei mercati finanziari e su come muoversi in essi. Il suo autore, Alessandro Parravicini, operatore finanziario certificato e strategy advisor, mette a disposizione le sue conoscenze del mondo finanziario, che anche per i più esperti è una vera e propria “jungle” da affrontare con il giusto atteggiamento mentale, inclusivo di consapevolezza e accettazione del rischio. Con qualche consiglio per i lettori di Winestopandgo su come muoversi nel post Covid-19.

Investire: il modo più difficile per fare soldi facili…

Il titolo del libro mi è venuto in mente ricordandomi un libro che lessi tanto tempo fa, di Michael Lewis, uno scrittore americano vincitore di un Oscar per la sceneggiatura del film “The blind side” con Sandra Bullock. Non tutti sanno che Lewis cominciò la sua carriera lavorativa come broker, trader alla Salomon Brothers negli anni ’80 e da quella esperienza trasse un libro, una bibbia per chi si occupa di investimenti, il “Liar’s Poker”, ossia il poker del mentitore, dove l’autore descrive la sua esperienza di giovane investitore rampante, raccontando cosa conta veramente per sopravvivere nella giungla: più che concentrarsi su un singolo mercato occorre concentrarsi su un bravo mentore che spiega come si opera e si sopravvive, perché il mondo degli investimenti è a sé per le sue caratteristiche intrinseche e noi non abbiamo alcun potere di influire sul risultato delle nostre scelte. Questo mestiere è trasversale alla realtà nelle sue sfaccettature: ha un riflesso sull’andamento delle attività finanziarie, vi entra la politica, il coronavirus e il suo impatto, bisogna ricordarsi la storia e alla fine tutto si concretizza in una scelta. Investire ha a che fare con scelte ripetute, non è un’unica decisione come può essere comprare un’auto o una lavatrice. Sono scelte in condizioni di incertezza perché riguardano il futuro, quindi bisogna sempre rivalutare la situazione.

Jungle è una guida. Per chi?

Quando l’ho proposto ai vari editori, per spiegarlo usavo la similitudine della scuola guida. L’esame di guida è fatto da teoria e pratica. Io di teoria non mi occupo nella guida. Non è un manuale di finanza, anche perché ce ne sono tanti e fatti bene. Non spiego come funzionano i Futures o come si legge Il Sole 24 Ore, ma, per ritornare alla similitudine, per guidare la macchina conta anche la pratica. Anche se hai visto guidare i tuoi genitori, quando ti metti al volante ti serve l’istruttore al tuo fianco per spiegarti come si lascia la frizione, come mettere le marce, come si parcheggia, le precedenze. Questo libro si rivolge a tutti quelli che magari hanno già provato a investire in proprio o con un consulente, ma hanno netta la sensazione che gli sfugga qualcosa. Io cerco di accompagnarli, di togliergli un po’ di nebbia davanti agli occhi per capire cosa vuol dire investire.

In cosa è preferibile investire oggi? Obbligazioni o azioni?

Nel caso di un investimento di lungo termine, nel caso di figli, per esempio, per mettere da parte del capitale per i loro studi o per comprargli una casa, quello che sta succedendo in questo ultimo periodo importa relativamente perché si va a lavorare con un orizzonte temporale spostato, dove le oscillazioni che succedono da un anno all’altro non hanno tanta rilevanza. In questo caso il private banker o il consulente finanziario consiglierà un portafoglio diversificato. Nel caso di un investimento di breve periodo, da qui a Natale, potremo anche chiudere l’anno in positivo con le Borse: prima hanno perso il 30-35%, ma adesso stanno recuperando velocemente. L’Italia era arrivata a perdere quasi il 40%, l’Europa in generale era arrivata a perdere più del 30%, l’America un po’ meno, il 25% . Gli investitori hanno realizzato che il peggio sembra essere passato. Abbiamo toccato il fondo e da qui le notizie dovrebbero via via migliorare, considerato che gli interventi di politica economica sono a sostegno di questo miglioramento. Inoltre il picco dei contagi è alle spalle, c’è la ripartenza, elementi che fanno intuire che probabilmente i mercati andranno bene. Il segmento più interessante non in termini di performance assoluta, ma in termini di combinazione rischio e rendimento sono le obbligazioni societarie, soprattutto quelle che con un termine bruttissimo sono definite “junk bond”, ossia titoli spazzatura, titoli di aziende che hanno un profilo finanziario più rischioso della media. Non mi permetterei mai di dire che un’azienda come Lufthansa o Fiat è spazzatura, piuttosto che il credito è sotto l’Investment grade. Sono obbligazioni dove c’è un maggior profilo di rischio sì, ma non mi piace definirle spazzatura. Questo tipo di obbligazioni magari non farà ritorni a doppia cifra, ma i ritorni avranno un profilo di rischio molto più basso, anche perché molte di queste sono state inserite nelle liste dei titoli acquistabili dalle banche centrali per tenere sotto controllo i mercati finanziari. I titoli di stato italiani, i cosiddetti Btp, sono buoni probabilmente, se non accadono stravolgimenti, avendo dietro tutta la potenza di fuoco della Bce, però non avranno chissà quale ritorno. Il Btp a dieci anni rende circa un punto, quindi se vogliamo avere performance positive ci dobbiamo spostare su livelli di rischio più elevati come l’obbligazionario High Yield e Mercati Emergenti, anche quest’ultimo sta facendo bene perché beneficia del miglioramento delle condizioni di liquidità globali. E poi c’è l’azionario.

Quindi lei è positivo per quanto riguarda il futuro?

La situazione economica è difficile, però sono stati posti in essere interventi straordinari. Negli ultimi 15 anni i mercati hanno attraversato diversi momenti di crisi e questo ha consentito alle banche centrali di affinare una serie di strumenti emergenziali  che sono stati messi in campo con grande tempismo ed entità. Quando ci fu la crisi Lehman, il più grande fallimento nella storia delle bancarotte mondiali, le banche centrali impiegarono ben tre mesi per attivare tutta una serie di agevolazioni finanziarie per assicurare il corretto andamento dei mercati. In questo caso, viceversa, ci hanno impiegato neanche tre settimane. Come si è avuto coscienza della gravità della recessione causata per contrastare la pandemia, subito sono stati messi in campo migliaia di miliardi di liquidità addizionale che hanno consentito il corretto funzionamento del mercato. Fed e Bce si sono mosse molto velocemente.

E investire in Italia è consigliabile?

La Borsa italiana è piena di aziende di ottima qualità, soprattutto se inserite nei settori in cui tradizionalmente l’Italia eccelle. Il nostro paese ha grandi problemi dal punto di vista amministrativo e burocratico, però ha anche grandi centri di eccellenza, le specificità italiane riconosciute in tutto il mondo, ossia tutto quello che è il lusso ma anche l’agroalimentare, il design. Questi  sono centri di assoluto interesse. Campari si è comprata il 49% di Tannico. Il Covid-19 in sé non è stata la causa di questi cambiamenti, ma è stato un acceleratore di tendenze in atto. Tannico così come tutti i sistemi di delivery esistevano già e il telelavoro o lo smart working era possibile farlo anche prima, solo che per pigrizia, per forma mentis non avevano quello sviluppo che ci si sarebbe potuti aspettare. Oggi l’online è cresciuto, il delivery pure. Tutti questi fattori di cambiamento, che c’erano, verranno fuori in maniera ancora più importante. 

I social media che fanno capo a Zuckerberg saranno cresciuti notevolmente in questo periodo…

Facebook vale 650 miliardi di dollari in Borsa. Finora abbiamo avuto un pacchetto di azioni tutte caratterizzate dall’appartenenza alla new economy, ai social media e sono quelle che hanno trascinato al rialzo il mercato soprattutto negli ultimi due anni, le cosiddette FAANG: Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google. Sono le azioni che più beneficiano del trend di cambiamento strutturale che sta attraversando non solo l’economia ma anche la società. Questi titoli hanno fatto benissimo finora, hanno corso tanto, per esempio Amazon quando la borsa perdeva il 30% ha perso il 10%. Hanno ancora davanti un grandissimo futuro, ma forse aspetterei a investire in questi titoli perché in questo momento, avendo corso già tanto, hanno un po’ il fiato corto. A tutti piace investire in aziende che hanno una linea quasi retta inclinata positivamente e quello già sembra che sia una garanzia di successo perché proiettiamo nel futuro quello che è già accaduto nel passato. Ma bisogna ricordarsi che il grafico è un’indicazione di quello che è successo fino a quel momento. L’errore che fanno tutti è il famoso comprare alto e vendere basso, quando dovrebbe essere esattamente l’opposto. 

Le banche stanno adottando le misure più  idonee per affrontare il post Covid-19?

Le banche, non per colpa loro, finora si sono trovate in una sorta di tempesta perfetta. Da una parte hanno un panorama regolamentare europeo che è diventato molto più arcigno, punitivo, e per come la vedo io giustamente, perché così si fa molta più attenzione alla qualità del credito che erogano, alla qualità dei servizi e soprattutto alla quantità di capitale che la banca deve avere per operare in modo da non fallire o saltare in stile Antonveneta. Il problema è che questo ha un impatto sulla redditività  complessiva, sugli utili che le banche possono fare. Si tratta del primo aspetto che ha depresso l’andamento del settore bancario  non solo italiano ma mondiale. Per di più all’interno della situazione creata dal Covid-19 si sono trovate nella tempesta perfetta perché i tassi bassi non le aiutano: una banca di professione si indebita a breve termine per prestare soldi a lungo termine e lucra la differenza tra i due tassi, tra il costo del denaro e il credito che eroga. Se i tassi restano molto bassi e soprattutto se alla lunga non sono molto alti rispetto a quelli a breve termine vuol dire che ogni prestito porta poco ricavo. Per di più avendo davanti la prospettiva di una recessione buona parte di quei prestiti andranno male, quindi saranno più difficili da recuperare. Adesso, forse, le cose, ma solo in termini di prospettiva di quotazione, sono migliorate. Le banche nelle ultime tre settimane sono state quelle che hanno performato meglio. Tra Recovery Fund, Bce che ha aumentato ancora la liquidità, si pensa che forse l’economia  non andrà così male, che forse i tassi di interesse si alzeranno un po’. Lo spread italiano rispetto al bund si è compresso, ma tutto il livello dei tassi si è infatti rialzato. Un altro aspetto che tratto nel libro è come interpretare le quotazioni. Una quotazione di Borsa non fa altro che incorporare le aspettative su un tasso di crescita futuro: se quel tasso di crescita è previsto che migliori le quotazioni salgono, al contrario scendono. Siccome si prevede che le cose andranno un po’ meglio rispetto a tre settimane fa, ecco che le quotazioni si sono alzate. Detto questo però, secondo me faranno ancora un po’ di fatica. Fino a quando ci sarà questa condizione di repressione monetaria, ovvero di intervento pesante delle banche centrali per tenere basso il costo del denaro per favorire la ripresa, le banche non riusciranno a esprimere appieno il loro potenziale.

L’Ue sta facendo bene?

Sì. Quando eravamo nel pieno della crisi pandemica e dei mercati, ragionando sul da farsi e confrontandomi con colleghi, a chi mi chiedeva rispondevo che secondo me dovevamo avere presenti tre aspetti: da una parte capire l’entità del danno economico, ossia quanto è profonda la recessione, dall’altro avere un’idea delle misure economiche che possono essere messe in campo per contrastarla e poi avere un orizzonte di visibilità su quando si passa al picco dei contagi. Questi tre elementi sono stati tutti mano a mano affrontati, smarcati. Sappiamo che l’economia europea quest’anno cadrà tra l’8 e il 10%, l’America cadrà di un 5-6%, quindi conosciamo le entità, e nel mondo degli investimenti è importante avere un numero o delle misure economiche su cui lavorare. C’è un problema quando non si possono fare previsioni, anche fossero brutte. Il picco dei contagi ce lo siamo auspicabilmente lasciati alle spalle, almeno per i prossimi 4-5 mesi. E poi abbiamo avuto gli interventi della Bce, abbiamo visto le ultime misure messe in campo dalla Lagarde pochi giorni fa. Ormai siamo a stimoli monetari che superano ampiamente come valore il 10% del Pil dell’Ue. La cosa più importante è che abbiamo avuto un intervento di natura fiscale, ossia sono i governi che si sono esposti in prima persona mobilitando risorse per far ripartire gli investimenti, e questa è stata la vera mancanza di intervento che abbiamo subito nel corso degli ultimi 10 anni. Dalla crisi europea di inizio decennio il problema è stato che avevamo tante risorse finanziarie date dalla Bce, il famoso “Whatever it takes” di Draghi, ma che facevano fatica a trovare sbocco nell’economia reale sia perché contemporaneamente erano state fatte delle riforme sul sistema bancario che lo vincolavano, ma anche soprattutto perché c’erano i governi restii a investire. Quindi c’era uno sbilanciamento. Adesso con i piani di intervento messi in campo da Bruxelles abbiamo aumenti di spese previste che si avvicinano al 10% del Pil, in questo l’America è stata pioniera e ha dimostrato che era la strada per far ripartire l’economia fin dal 2009, da Lehman in poi c’era la Fed che pompava liquidità nel sistema e il governo che spendeva soldi per far girare l’economia. Per tanto tempo noi siamo andati avanti con una sola gamba. Con la Bce adesso abbiamo tutti e due gli attori che operano in maniera coerente. Fino a tre settimane fa dicevo che il mercato geografico preferito per gli investimenti era l’America perché ha un sistema economico integrato, un solo sistema regolamentare, un solo sistema giuridico, molto più flessibile, adesso se non altro diciamo che l’Europa è altrettanto interessante rispetto agli Usa, non fosse altro perché parte con uno svantaggio in termini di prezzi, di valutazioni. I titoli europei sono molto più attraenti e convenienti rispetto a quelli americani. L’Europa adesso avrà anche il vantaggio del cambio, con l’euro che tenderà a rafforzarsi un po’ visto che era stato molto debole, quindi può essere un mercato interessante.

In base a quali criteri un risparmiatore sceglie la persona cui affidarsi per investire?

Si fa fatica a inquadrare il problema del come investire. Il primo punto non è cercare la persona giusta cui affidarsi, che comunque è importante, ma guardarsi allo specchio e capire chi siamo e cosa vogliamo. Se non facciamo questo, il più bravo in assoluto non potrà mai aiutarci. Come scegliere la persona è anche figlio di un’ottica che uno sposa. Nel libro spiego che prioritario è avere un metodo, una serie di linee guida del tipo cosa devo fare con i miei soldi, quanti ne ho, quanti vorrei che diventassero e molto ha a che fare con la propria personalità. Capita a molte persone di fare un investimento e poi scoprire che questo non è adeguato magari non tanto in termini di risultato e performance, ma in termini della sua volatilità. Siamo in un campo pieno di incertezze e con bassissima visibilità e il fatto di non sapere cosa aspetta il risparmiatore e di non poter influire sul risultato finale genera inevitabilmente ansia. Se uno fa un investimento non adeguato alla sua personalità, dieci volte su dieci farà una scelta sbagliata, contraria ai suoi interessi, perché da una parte non aveva chiaro i suoi obiettivi e l’ambiente in cui si muoveva e dall’altro magari lo strumento non andava bene. “Jack” Bogle, che ha inventato il colosso degli investimenti Vanguard ed è stato tra i pionieri dei fondi passivi, diceva che se non si riesce a immaginare una perdita del 20% su un investimento azionario non si deve stare nel mondo azionario. Il punto cruciale non è quindi trovare la persona giusta o sbagliata e seguire la dritta, che poi sono una scorciatoia per non prendersi sulle spalle la responsabilità delle proprie scelte. 

Quali errori non deve commettere un risparmiatore?

Ciò che non si può permettere oggi è la superficialità. Investire è un’attività che non può essere svolta con un occhio distratto pensando che siccome si seguono le indicazioni del consulente andrà tutto bene. Nel libro spiego come si lavora in questo mondo, che non è rocket finance per menti eccelse, lo possono fare tutti, ma occorre costanza, disciplina e carattere. Una cosa che ho notato è che gente che ha avuto successi in altri campi, soprattutto imprenditoriali, tutte le volte che pensa di poter fare a meno del consulente e replicare nel mondo degli investimenti il modus operandi che ha sempre avuto e gli ha portato successo, ha fatto grandissimi disastri. Per fare bene questo lavoro non si può avere ego. George Soros, per esempio, tutte le volte che parla spiega i suoi errori, raramente parla delle volte in cui ha avuto ragione, perché da quelle non si tira fuori nulla di interessante. Lui dice che è sopravvissuto ai suoi errori. In questo lavoro, siccome si fanno tante scelte, non ha importanza quante volte si ha ragione, ha importanza solo quanto si guadagna quando si ha ragione e quanto si perde quando si ha torto. Importante è minimizzare gli errori come impatto. Le perdite sono un banalissimo costo di esercizio, sono fisiologiche. Peter Lynch, uno dei più grandi gestori di fondi comuni di investimento americani, gestore del Fondo Magellan di Fidelity Investments, che ha portato alle stelle, diceva che se in questo lavoro si è molto bravi si ha ragione sei volte su dieci, non esiste avere ragione nove volte su dieci. Io posso avere ragione nove volte, ma siccome una decisione la sbaglio e la sbaglio clamorosamente, il mio portafoglio perde soldi, viceversa posso sbagliarmi otto volte, però se quei due titoli che ho selezionato sono buoni, posso compensare le perdite subite complessivamente. Gli errori sono di impostazione, di mancanza di applicazione, di ego.