In Emilia, terra di eccellenze gastronomiche e motori, nasce un progetto che promette di cambiare le coordinate delle bollicine regionali. Si chiama PERLEMILIA:  non solo un marchio collettivo e culturale ma un vero e proprio manifesto che raccoglie e rilancia l’eredità enologica dell’Emilia riunendo produttori di metodo classico, rifermentato e ancestrale, con l’ambizione di dare un’identità forte e unitaria ai vini frizzanti e spumanti emiliani.
Le mani producono, il territorio ispira. L’idea è firmata da Thomas Coccolini Hartl, architetto e sommieler Ais di Reggio Emilia, oltre che voce tra le più seguite del nostro blog: “Non stiamo costruendo un’alternativa sterile, ma un percorso nuovo. Per troppo tempo ci siamo raccontati per province: Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza… Ma all’estero queste divisioni non parlano a nessuno. Dobbiamo presentarci come un unico territorio, una sola Emilia, fatta di vallate e colline con anime diverse ma un respiro comune”.

(La nostra testata è presente al lancio del progetto a Reggio Emilia, Spazio Gerra)
Il progetto nasce da un malcontento diffuso verso la gestione consortile e le note fascette di controllo, ma non vuole fermarsi alla protesta. L’obiettivo è costruire una visione strategica, come fecero Franciacorta, TrentoDoc e Alta Langa. Si parte con una sessantina di cantine (sulle novanta pre-selezionate), distribuite lungo tutta la dorsale pedecollinare — dalla Val Trebbia alla Valle del Panaro, dall’Enza alla Samoggia, fino ai Colli Matildici e di Scandiano — e con tre declinazioni identitarie già definite: Metodo Classico, Rifermentato e Ancestrale.
“Questo progetto — spiega ancora Coccolini Hartl — vuole scrivere un disciplinare condiviso, aperto ma rigoroso. Ci confronteremo con il primo Presidio Slow Food dedicato ai rifermentati italiani, che sta finalmente per vedere la luce. Se sarà troppo restrittivo, costruiremo le nostre regole: non per escludere, ma per garantire autenticità e libertà produttiva”.

L’assessore regionale all’Agricoltura Alessio Mammi (sopra in foto) ha espresso un forte sostegno all’iniziativa: “Serve coesione vera, tra produttori grandi e piccoli. L’Emilia deve puntare sulla qualità e sulla sua identità territoriale, non sulla quantità. Dobbiamo lavorare in modo coordinato con il mondo Horeca, perché ristoranti e hotel della regione devono diventare i primi ambasciatori dei nostri vini. Così come per il Parmigiano Reggiano, l’Aceto Balsamico o i salumi tipici, anche le nostre bollicine devono avere un posto d’onore sulle tavole emiliane. Questo è un passaggio culturale: dobbiamo imparare a raccontarci e a valorizzarci a casa nostra, prima che altrove. Il cambiamento climatico e il calo dei consumi sono sfide reali, ma la strada è questa: qualità, collaborazione e orgoglio territoriale”.
Perle d’Emilia si propone così come una comunità produttiva e culturale, non una frammentazione. “Non ci sono campanili da difendere — aggiunge Coccolini Hartl — ma un territorio da raccontare insieme. Se una cantina finisce le bottiglie, il cliente deve rimanere in Emilia, passando al vicino. Il nemico non è chi lavora accanto a te, ma chi, fuori dai confini regionali, occupa lo spazio che non difendiamo”.
In questa visione, il focus si sposta dall’uva al metodo, dal localismo alla coralità territoriale. È una mossa strategica e culturale, non solo enologica: un patto tra vignaioli, ristoratori e istituzioni per far splendere l’Emilia nel firmamento delle bollicine italiane. Una sfida ambiziosa, ma necessaria: perché questa regione, che ha dato i natali alle supercar più iconiche e ai prodotti gastronomici più celebrati al mondo, merita che le sue bollicine parlino la stessa lingua di eccellenza.

(L’assessore regionale alle politiche agricole Alessio Mammi, applaudito dai produttori presenti, richiama coesione e qualità)
					
					
					
					
				
				
							
