il nostro nuovo stop & go è in piazza Duomo 18, a Milano. Che non è solo un civico ma anche il nome, “Club Duomo 18”, dell’esclusivo wine & life style club da poco aperto nel cuore del capoluogo meneghino. Per la precisione dietro la cattedrale, proprio nel palazzo della Veneranda Fabbrica, la fabbriceria istituita nel 1387 da Giangaleazzo Visconti, Signore di Milano, che da più di seicento anni si occupa della conservazione e del restauro del Duomo di Milano e che prima della costruzione del palazzo nel 1841-1853 si divideva fra uffici, laboratori e magazzini sparsi intorno all’abside della cattedrale stessa. Un luogo iconico e senza tempo. E noi siamo andati a visitarlo per voi, accolti da Massimo Gianolli, numero uno di Generalfinance e della realtà vitivinicola La Collina dei Ciliegi, nonché socio del club insieme ad Advini e al gruppo Meregalli.
La facciata maestosa tardo-neoclassica, con colonne corinzie (sopra in foto), richiama la solennità del passato. Il club è un luogo di incontro tra e per professionisti, dove pranzare, godersi un buon calice di vino (tutti distribuiti da Meregalli), lavorare al computer. Un concept innovativo. Basta essere soci. “È un pensato per il business e possono entrare solo aziende. La card funziona come una tessera di corporate hospitality: dà l’accesso dalle 8 del mattino alle 7 di sera full, con posto garantito. Non è il classico club dove si deve telefonare per capire se c’è spazio”, spiega Gianolli. “Chi arriva, se trova confusione, trova al massimo una decina di persone d’affari che rappresentano aziende d’eccellenza italiane e mondiali e che qui da noi possono condividere tutte le loro relazioni di lavoro”. Continua: “Insieme al gruppo Meregalli abbiamo creato una carta vini di circa trecento etichette, e La Collina dei Ciliegi è il cuore di questo progetto”.
La Collina dei Ciliegi, in Valpantena, la valle che da Verona sale verso i Monti Lessini, delimitata a ovest dalla Valpolicella, è cantina e anche buen retiro enogastronomico grazie a Ca’ del Moro Wine Retreat, la cui cucina, guidata da Giuseppe Lamanna e Lina Maffia, ne ha fatto uno de i migliori venti ristoranti del Veneto. Massimo Gianolli, che proviene dal mondo della finanza, per certi versi lontano anni luce da quello agricolo, ha saputo col tempo e con idee fortemente innovative ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nel panorama vitivinicolo nazionale, con mercati in apertura in Brasile, India, Messico e Dubai (“prossimamente entreremo anche in Arabia Saudita”), con vendite che segnano circa +25% rispetto all’anno precedente e con una gamma di vini super premium che sta attirando le attenzioni del gotha della ristorazione mondiale. Un successo in costante crescita nonostante la crisi generalizzata dei vini rossi fermi. “La vedo una crisi superabile se si punta sull’altissima qualità più che sui numeri. Nel nostro caso si sono rivelate vincenti la gamma icon di vini, molto apprezzata all’estero, e l’en primeur, in cui abbiamo creduto per primi in Italia, tanto che ora stiamo per arrivare alla botte di Amarone numero cento venduta, che ci ha permesso di fidelizzare il cliente al vino e al territorio.
(Una veduta dall’alto della Collina dei Ciliegi, in Valpantena)
Ma perché un club proprio all’interno della Veneranda Fabbrica? “Il collegamento con la Veneranda Fabbrica nasce dall’amicizia con Fulvio Pravadelli, tempo fa amministratore delegato di Publitalia”, racconta. “Quando nel 2012 abbiamo aperto le lounge nello stadio di San Siro conobbi anche il dottor Fedele Confalonieri, cui mi lega un rapporto di stima. L’esperienza si è conclusa con il primo anno di covid, così ho pensato, con Fulvio e con il dottor Confalonieri, presidente della Veneranda Fabbrica del Duomo, di portare quella bellissima esperienza all’interno di questo palazzo che ospita un’istituzione di straordinaria bellezza, che abbiamo sposato con molte iniziative. Fra queste ricordo il progetto di mecenatismo “Adotta una statua”, con cui abbiamo in affido, per il tempo del restauro, il “Gigante 29” del Duomo all’interno della nostra cantina, che a tempo debito tornerà nel museo qui di fronte. Un altro progetto legato a Milano riguarda i vini del Duomo, che hanno visto la luce qualche tempo fa e che in questa sede hanno oggi trovato la loro casa ideale: per ogni bottiglia venduta, circa sette euro vengono versati alla Veneranda Fabbrica, di cui utilizziamo il marchio per una bollicina brut da garganega e chardonnay e per un rosso da corvina in purezza, una iniziativa che ha portato in cassa già più di centomila euro di contributo”.
Club Duomo 18, arredato con gusto, con i colori del bronzo e dell’oro bruciato, è opera dell’architetto e creativo dell’alto di gamma Alessandro Agrati, che ha creato un ambiente minimalista, di raffinatezza discreta, dove prendono vita le persone. “È l’architetto della mia vita, perché ha saputo mettere a terra i miei sogni e realizzarli molto meglio di come li pensavo io. Ho avuto la fortuna di conoscere Alessandro vent’anni fa. Oggi abbiamo seguito le sue linee guida, c’è molto di lui qui dentro: i mobili, le lampade, le luci, l’ambiente, la boiserie, i velluti, i colori aiutano a rilassarsi, sono un “bello” contemporaneo come i nostri nuovi vini. Il calice diventa componente di uno stile di vita”. Conclude: “Sono nato a Biella, il tronco e i rami sono a Verona, Milano mi ha dato i frutti. Il campanilismo per me non esiste. Essere italiani significa essere figli di un Paese che è il più bel posto del mondo, culla della storia, dell’arte, della poesia, basta pensare che circa il 60% del patrimonio culturale del pianeta si trova in Italia. Dobbiamo avere e coltivare l’orgoglio di essere italiani. Abbiamo una varietà unica al mondo: servono cento nazioni per equiparare una regione italiana fra natura, cultura, tradizioni, enogastronomia. Noi abbiamo l’obbligo di conservare tutto questo e dobbiamo smetterla di piangerci addosso”.
(L’iconico spaghettone all’uovo trafilato in bronzo con ‘nduja, ricotta affumicata e ristretto di pomodorini, dello chef Giuseppe Lamanna, in abbinamento con il Valpolicella Superiore Peratara o, osando, con il Prea Bianco, da uve garganega, pinot bianco e chardonnay)