Dal nodo delle fascette al tema della coesione, fino al ruolo dei giovani viticoltori e alla sfida di un posizionamento nazionale delle nostre bollicine: un dialogo a tutto campo, tra visione strategica e cultura del fare.

I Colli Piacentini sono essenzialmente viticoltura di collina, con rese contenute, circa 100 quintali per ettaro, e una grande attenzione alla qualità. Puntiamo non solo sulle bollicine storiche e sui vini frizzanti, ma anche su vini fermi, in particolare sulla Malvasia di Candia aromatica in versione secca e passita. È un progetto nato negli anni Novanta con l’intuizione del produttore Stefano Pizzamiglio. Oggi ci sono premi internazionali per la Malvasia ferma, un segnale che questo vitigno ha potenzialità fino a ieri trascurate. Nella masterclass che abbiamo organizzato a Milano, presenteremo anche la produzione legata alla vigna di Leonardo, dove si confronta la Malvasia storica con le interpretazioni moderne.
Sta dicendo che Leonardo beveva Malvasia?
Sì, secondo le ricerche storiche, Ludovico il Moro concesse a Leonardo un vigneto nella Milano rinascimentale, citato nei suoi scritti. Recenti studi genetici — condotti con il Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Milano, con il contributo del professor Attilio Scienza e della genetista Serena Imazio — hanno identificato nella Malvasia di Candia aromatica l’uva delle viti originali. Negli ultimi anni è stata reimpiantata la vite originaria, curata oggi dall’azienda agricola Castello di Luzzano. La vinificazione segue metodi innovativi: uve fermentate in anfore e affinate nel vaso vinario interrato, come un “decantatore” naturale immaginato da Leonardo stesso.
Quanti ettari e quante bottiglie produce il territorio?
Oggi coltiviamo circa 1.500 ettari nei Colli Piacentini, producendo quasi 1,5 milioni di bottiglie l’anno. Di queste, circa 300mila sono vini fermi. È una nicchia in rapida crescita. Seguendo l’esempio pionieristico di Stefano Pizzamiglio, oggi quasi cento aziende producono Malvasia ferma secca.
Qual è la caratteristica della Malvasia che la rende interessante?
Grazie ai terpeni aromatici e al tannino della buccia, la Malvasia ha ottima capacità di invecchiamento. Abbiamo in archivio bottiglie decennali ancora perfette, evolute verso note balsamiche e senza difetti. È un vitigno che coniuga aromaticità e struttura, e che può competere tra i grandi bianchi nazionali.
Qual è la vostra strategia di identità territoriale nel vino?
Abbiamo due assi distinti ma complementari: da un lato i vini fermi di nicchia, dall’altro i vini frizzanti e gli spumanti. Nei Colli Piacentini non siamo in pianura: anche i frizzanti hanno concentrazione maggiore. Il mercato sta cambiando: ristorazione e consumatori cercano bevibilità e curiosità più che opulenza. Collaboriamo con l’Associazione Italiana Barman per inserire le nostre bollicine nella mixology, una porta verso i giovani e l’innovazione.
Con la nascita di PERLEMILIA, molti produttori scelgono percorsi autonomi. È minaccia o opportunità per il vostro consorzio?
Le bollicine sono uno dei pochi segmenti che reggono i numeri oggi. In Emilia esiste una tradizione di vini frizzanti, dai Colli Piacentini ai Colli Bolognesi. Personalmente, sono favorevole alla promozione congiunta: PERLEMILIA non lo vedo come un antagonista, ma come un segno di vitalità del territorio. Un’offerta maggiore può servire tutti.
Molti citano le “fascette” come motivo di rottura. È possibile equilibrare burocrazia e libertà?
Il passaggio dell’IGT Emilia con fascetta ha provocato polemiche. La fascetta serve per tutelare, ma forse applicarla tout court non è stata una scelta lungimirante. Alcune DOC, come quella di Piacenza, non hanno fascetta. Credo che sia stata una scelta ministeriale poco flessibile: “o su tutto o su niente”. Però penso che la tutela sia positiva: l’IGT Emilia è un contenitore ideale per zone piccole e meno note, come Piacenza. In molti mercati internazionali, “Piacenza è in Emilia” funziona meglio. Il marchio IGT non è sbagliato se ben raccontato e gestito.
La Malvasia di Candia aromatica in degustazione rivela alla stampa di settore le sue potenzialità di invecchiamento
La Malvasia di Candia aromatica è coltivata per l’80% a Piacenza e per il restante fra Parma e Reggio Emilia
					
					
					
					
				
				
					
				
