La rete delle persone. Da LinkedIn al “Tempo di IoP: Intranet of people” (Dario Flaccovio Editore). In un momento storico in cui i contatti reali sono molto limitati occorre saper sfruttare tutte le potenzialità del web, non sbagliare con la rete dei contatti, concentrandosi su una comunicazione aziendale chiara, valoriale, in una parola virtuosa, perché in rete è più importante dare che prendere, quello che conta sempre di più è condividere idee ed esperienze gratificanti. Filippo Poletti, giornalista e comunicatore, con 60mila follower è un influencer tra i più seguiti su LinkedIn, la community professionale dedicata al mondo del business, dove dal ’97, giorno dopo giorno, con lavoro certosino, porta avanti la rubrica “Rassegna del cambiamento del lavoro”. Nel libro “Tempo di IoP: Intranet of people”, da pochi giorni in libreria, spiega che nella comunicazione aziendale del futuro il focus è sulle persone. Un esempio di comunicazione efficace che valorizza l’uomo e non solo la produzione di ricchezza? La cantina Terre del Barolo, Mondora.com, Eni, Luxottica, Brunello Cucinelli, alcuni esempi di un capitalismo nuovo, umanistico.

Poletti, a chi si rivolge il libro?

All’universo del lavoro, in particolare a chi si occupa della comunicazione delle risorse umane. Tempo di IoP è tutto ciò che si intende per comunicazione digitale interna, ossia Intranet of people, rete delle persone. Sono cinque i pilastri della comunicazione aziendale: unità per il bene comune, dialogo, formazione, benessere, sostenibilità. Benessere significa mettere al centro della comunicazione interna il welfare, il benessere delle persone. Sostenibilità è condividere un’idea sostenibile della nostra azienda. Dobbiamo sposare una nuova missione del fare impresa, sferica. Ai tempi del lockdown era opportuno partire con un e-book, da qualche giorno siamo anche in libreria.

Dopo il Covid-19 come cambierà la comunicazione aziendale?

Per ripartire occorre mettere al centro i propri collaboratori, coinvolgendoli nella vita delle aziende e anche delle istituzioni. Ecco perché è nato il libro. Il focus è sulla comunicazione che parla delle persone e alle persone. Affronteremo momenti di grandissima difficoltà, non c’è altra possibilità che unire le forze e questo si può fare a partire dalla comunicazione interna.

Come incuriosire i consumatori sui propri prodotti, sul  proprio territorio?

Nel libro, in apertura, racconto l’esempio della cooperativa Terre del Barolo, a Castiglione Falletto. Questa cantina sul portale terredelbarolo.com racconta se stessa con tutti i soci, rendendoli protagonisti, parte del progetto comunicativo. C’è una galleria con 165 foto in bianco e nero ed è bellissima. Va raccontata la nostra grande famiglia, la nostra azienda, il lato umano.

Lei ha partecipato ai webinar organizzati dal Movimento Turismo del Vino della Lombardia, che in questi mesi di lockdown ha raggiunto virtualmente migliaia di persone: potenziali clienti, amici, appassionati, semplici curiosi.  È stata una comunicazione del vino efficace?

I numeri dei webinar che mi hanno comunicato sono eccellenti e da questo emerge che c’è una voglia generalizzata di racconti e condivisione sul vino. La caratteristica del Movimento Turismo del Vino, che annovera alcune delle cantine più prestigiose d’Italia, è fare rete e, perdonatemi il gioco di parole, fare rete in rete, una grande opportunità per farsi conoscere, per mettersi in relazione. Conosco Carlo Pietrasanta, il presidente, dalla fine degli anni ’90, fu proprio lui ad appassionarmi alle cantine e al vino. Quando mi accompagnò a visitare alcune realtà, scoprii un mondo di persone che ci mettono tanto impegno in quello che fanno. Un’altra persona che mi ha sempre colpito è Mattia Vezzola, un enologo straordinario che oltre a metterci una grande competenza tecnica, sa comunicare il vino e il territorio. Oggi l’errore più grave della comunicazione interna sarebbe non coinvolgere le persone. La comunicazione aziendale non è dall’alto verso il basso, ma dal basso verso l’alto, facendo sentire le persone protagoniste nella nostra azienda, così ritroveranno la passione e daremo vita a un grande racconto collettivo. Il Movimento Turismo del Vino Lombardia questo lo sta facendo molto bene.

Siamo tutti dentro l’experience economy…

Nel mio libro riprendo il concetto di experience economy, ossia l’economia esperienziale, un termine coniato negli Stati Uniti alla fine degli anni ’90 quando due comunicatori, Joseph Pine e James Gilmore, scrissero un articolo dal titolo “Welcome to the experience economy”, spiegando quanto il coinvolgimento dei clienti fosse determinante nella fase successiva di acquisto. Sono i teorici della crescita del business attraverso esperienze memorabili. Ma chi meglio delle cantine ci ha insegnato l’experience economy? Non si possono raccontare le cantine se non facendo esperienze in loco o raccontando un’esperienza anche attraverso la rete. Dobbiamo fare nostra la experience economy, che ciascuno attraverso la comunicazione interna riviva al meglio l’esperienza lavorativa.

Nel libro non mancano esempi di imprenditori visionari che hanno tracciato una strada nel modo di comunicarsi e comunicare…

Parto da un compositore, Igor Stravinskij. Nel suo libro “La poetica della musica”, una raccolta di lezioni che fece ad Harvard, esprime un concetto che ho fatto mio per sempre e cioè che bisogna scartare per scegliere. Nella comunicazione, in generale, bisogna scegliere una cosa su cui puntare in modo da arrivare a una narrazione finale che permetta di mettere in risalto ciò che accade nella nostra impresa. Nel capitolo della sostenibilità cito l’imprenditore Francesco Mondora, che in Valtellina, insieme al fratello, ha fondato una società che fa sviluppo informatico e si propone di perseguire il bene comune e la felicità dei dipendenti coniugando profitto e umanizzazione del lavoro con una attenzione all’innovazione e all’ambiente. La sua è un’azienda straordinaria, Bcorp e Benefit, pensata come un essere vivente, in cui il comando è orizzontale e tutti possono decidere, in cui si lavora in gruppi per obiettivi. Un progetto molto interessante è “Hire a farmer”: ogni venti dipendenti Mondora assume un agricoltore, che coltiva il terreno della società e ogni settimana fornisce una cassetta di prodotti freschi ai dipendenti stessi. Con il progetto “HireBitto”, per sostenere gli alpeggiatori che producono il Bitto storico, ogni nuovo collega riceve una forma che personalizza e decora con inchiostro di mirtillo e ne diventa il custode: dopo tre anni di stagionatura la forma è messa all’asta e il collega custode del Bitto decide dove reinvestire il ricavato della vendita, ma alla condizione che si tratti di altri progetti di impatto sul territorio. Il progetto Cycle2Work, invece, pensato per ridurre i livelli di anidride carbonica, premia i colleghi che si recano al lavoro a piedi: è stata creata un’App che misura i chilometri percorsi a piedi o in bicicletta per andare sul posto di lavoro in modo che il dipendente per ogni chilometro percorso riceva un incentivo economico in busta paga. Tra gli imprenditori illuminati ricordo anche Brunello Cucinelli, Enrico Loccioni, Enrico Bracalente e Leonardo Del Vecchio, che hanno tracciato la strada del welfare mettendosi dalla parte dei dipendenti. Del passato, geniale fu Enrico Mattei, fondatore del Gruppo Eni, tra le prime aziende per fatturato in Italia. Mattei aveva un rapporto straordinario con i suoi dipendenti: a San Donato fece costruire una sorta di villaggio aziendale con molte aree verdi, Metanopoli.

Come è nata la sua seconda vita su LinkedIn?

Volevo capire dove stava andando il mondo del lavoro, come stava cambiando. Tutte le mattine mi sveglio molto presto, verso le 5, leggo una ventina di giornali. Non faccio la rassegna stampa, ma una segnalazione quotidiana partendo da uno spunto di attualità. Nei giorni scorsi ho parlato del telelavoro, che molti manager considerano sempre di più il futuro. E ho deciso di condividere questa esperienza con chi mi segue. Nella società della conoscenza la condivisione vale quanto il possesso della conoscenza stessa.