Piwi e intelligenza artificiale: Gianluca Marchetti, che da tre anni affianca come socio di maggioranza Roberto Mascarin alla guida dell’azienda agricola biologica San Valentino, sui colli di Rimini, e che incontriamo durante la settimana della moda milanese, non ha dubbi sull’innovazione necessaria in vigna e in cantina per coniugare sostenibilità, qualità, etica ed efficienza produttiva in un futuro sempre più sfidante a livello di cambiamento climatico, consumi e politiche europee.
Marchetti, fra i più grandi imprenditori italiani, a capo dell’azienda metalmeccanica M.T. a San Giovanni in Marignano, fra le realtà leader nel mondo delle attrezzature meccaniche per la tornitura, con vendite ramificate a livello globale – ma con diversi interessi in vari settori, dalla moda all’immobiliare, dall’energia al grocery alimentare, fino al vino – ha introdotto per la prima volta in una fabbrica un robot cognitivo umanoide. <<Cavalchiamo l’innovazione tecnologica in ogni settore in cui operiamo e da anni abbiamo avviato un processo di automatizzazione degli impianti. Mi piace innovare anche nella moda, selezionando filati e materiali di recupero sostenibili, e oggi, posso dire, pure in cantina. Stiamo lavorando sui vitigni piwi, resistenti alle malattie fungine, in un primo vigneto sperimentale che ho impiantato al mio ingresso nella compagine societaria della San Valentino. Sto collaborando con la Regione Emilia-Romagna e con l’Università di Bologna affinché questi vitigni vengano certificati e inseriti nel nostro disciplinare. La sperimentazione si concluderà a fine anno, ma per bere il vino dovremo aspettare da un minimo di tre a un massimo di cinque anni perché ho realizzato un impianto per fare solo “bolla”, un metodo Classico da Pinot Regina al 60% e Souvignier gris al 40%. Ne produrrò poche migliaia di bottiglie in formato magnum da stappare con gli amici. In realtà, ho bruciato le tappe per capire se siamo sulla strada giusta e la sto già bevendo con solo 8 mesi di affinamento. L’anno scorso ho fatto 830 magnum, quest’anno 1300. Ogni anno aumenterò la produzione>>. Continua: <<La bolla ancora non ha un nome: quando sarà pronta inviterò gli amici, andremo in vigna e stapperemo un po’ di bottiglie: lì decideremo tutti insieme come chiamare questo vino. Ho voluto stravolgere la cultura e la tradizione del vitigno romagnolo: i piwi, in genere, sono coltivati nel Nord Italia a 350-500 metri slm, su terreni sassosi, qui invece siamo vicino al mare, a circa 80-100 metri, e c’è l’argilla. Il riscontro della prima vendemmia, comunque, è stato molto positivo: mi hanno detto che fanno fatica in montagna ad avere lo stesso taglio del vino con queste caratteristiche. Fra gli accorgimenti che ho dovuto introdurre contro il sole cocente, che oltre a bruciare la foglia cambia il sapore dell’uva, c’è il primo impianto a doppia pergola in Romagna, che protegge il grappolo e permette una maturazione costante, senza scottature. Quest’anno ho messo a dimora le prime 3500 piante di Souvignier gris per una bolla metodo Charmat, più veloce, e ho ristrutturato un cascinale con ristorante e alcune camere a San Giovanni in Marignano, all’interno di un bellissimo parco, dove si può mangiare ma anche creare eventi proprio nella vigna a doppia pergola>>.


E la robottizzazione? <<Dove posso la inserisco>>, commenta Marchetti.
La cantina San Valentino gestisce quattordici ettari  in proprietà, più altri due sperimentali e una quindicina in conferimento trasformati in biologico l’anno scorso. <<Quest’anno creeremo un centro di accoglienza più importante, più innovativo. Ho già preso i contatti con un’azienda per mettere in campo da ottobre i primi robot per trinciare l’erba e per la concimazione perché la collina è ripida e il lavoro col trattore è difficile. Toglierò l’uomo dal lavoro più pericoloso e lo trasferirò agli androidi. L’intelligenza artificiale la metteremo presto all’interno di tutte le nostre botti perché tenere controllato quello che succede giorno per giorno al loro interno è fondamentale se vogliamo migliorare sempre di più la qualità. Non basta controllare il vino all’uscita con i test>>.
Sui dealcolati il settore è diviso. <<Il vino no alcol è contrario alla mia cultura.  E poi la dealcolazione è un procedimento chimico: io che faccio il biologico non posso darti un vino trattato chimicamente. Quello che si potrebbe fare è un vino con uno o due gradi alcolici in meno, utilizzando le barbatelle piwi. Raccogliendole a luglio sono al massimo del loro potenziale aromatico e a 12-12,5 gradi alcolici>>.
Se il sangiovese ha segnato la storia del territorio, la Rebola è un vino bianco da tenere in stretta osservazione. L’azienda ne produce due versioni: una affinata in acciaio, sulle fecce fini per 6/8 mesi, che fa la parte del leone, e la versione superiore, il Vivi, prodotta anche in pochi esemplari formato magnum, con macerazione pre fermentativa a freddo per 3/5 giorni, che affina in cemento e in orci di terracotta per 8 mesi. <<Con Roberto stiamo cercando di far ripartire l’azienda. Abbiamo cominciato dal basso e stiamo crescendo ogni anno. Il 2024 lo abbiamo chiuso con circa un +17%. Gennaio e febbraio sono già partiti molto bene, i vini stanno avendo un ottimo riscontro un po’ dappertutto, soprattutto quelli di punta, i vini bianchi>>, spiega Marchetti. <<La Rebola traina il nostro mercato. Siamo l’unica cantina in Romagna, su sedici, che l’anno scorso ha prodotto 38mila bottiglie di Rebola contro le 10mila di media. Abbiamo lavorato molto bene e il mercato ce lo sta riconoscendo. Quest’anno la produzione sarà inferiore, sulle 25mila bottiglie, di cui 6-7mila della versione Superiore, causa l’annata difficile, anche se dovevamo raddoppiarle vista l’importante richiesta del mercato>>. Conclude: <<Puntiamo molto sulla Rebola perché lavorata in una certa maniera può dare grandi soddisfazioni. Abbiamo fatto verticali col Vivi, partendo dall’annata 2016 ancora in perfette condizioni. Impensabile per un vino bianco romagnolo fino a qualche anno fa>>.

(Gianluca Marchetti e il socio Roberto Mascarin con la loro Rebola)