Figlia di un dio minore, si dice. Unico vino rosso spumante Docg. Unico spumante al mondo per la tecnica di vinificazione che prevede ben tre fermentazioni. Bastano quei poco più di 70 ettari che la rendono una rarità, sia dal punto di vista ampelografico sia da quello enologico, e la forte volontà (e testardaggine) di un fazzoletto di cantine che ne portano avanti fieramente la tradizione a farne una regina. Dal punto di vista genetico le parentele sono importanti: sembra ci sia un’origine comune col Cannonau sardo e col Tocai rosso del Vicentino. Come dice Stefano Graidi “siamo dei terroiristes, la gente e i luoghi hanno bisogno di radici profonde”. Quelle stesse radici che sono indispensabili per difendere, proteggere qualcosa di autentico, che fa parte di una storia, locale ma al tempo stesso dal sapore universale.
Il rush finale del press tour organizzato dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt) ci ha portati ad approfondire sua maestà la Vernaccia Nera, autoctono coltivato soprattutto nella zona di Serrapetrona, suo feudo da sempre nel Maceratese, ai piedi dei Monti Sibillini. Vicino, Camerino. Una cultivar che esprime il territorio da 250 a 700 metri slm. Una cultivar che ha retto un lungo viaggio fino ai giorni nostri. Serrapetrona, infatti, vanta una storia antichissima: già nel 1132 il comune veniva rappresentato nei documenti con uno stemma con viti e grappoli.
Una nicchia prodotta in versione ferma (Doc) ma anche spumantizzata in rosso sia secca sia dolce (Vernaccia di Serrapetrona Docg). La particolarità è che per ottenere lo spumante sono necessarie tre fermentazioni: una prima classica del vino base da uve fresche per un 60% della massa (con un 15%, per chi vuole, di altri vitigni a bacca rossa ammessi dal disciplinare), la seconda, più lenta che porterà alla base spumante, quando il mosto di un 40% delle uve sottoposte ad appassimento naturale per circa tre mesi, in cassette o a doppio grappolo su tralicci di legno, viene aggiunto al vino (rigoverno), la terza è quella per la spumantizzazione in autoclave (metodo Charmat).
Vernaccia Nera dall’inconfondibile nota di pepe, conferita dalla molecola del Rotundone. Da monovitigno o in assemblaggio con altri vitigni a bacca rossa si può trovare in varie Doc del territorio, un esempio il Serrapetrona Doc e I Terreni di San Severino Rosso Doc o, in percentuali minori, nel Colli Maceratesi Doc Rosso.
“Il Serrapetrona Doc nasce nei primi anni duemila per rappresentare in purezza il vitigno, per esaltarne l’aromaticità, nei suoi profumi e aromi primari. Noi la Vernaccia nera la vinifichiamo da sempre”, spiega Mauro Quacquarini, che con 150mila bottiglie e 35 ettari vitati, di cui 25 a Vernaccia Nera, è il maggior produttore del territorio, ormai da ventisette anni in regime biologico. “Un vino in cui come azienda crediamo molto è il Petronio, da Vernaccia Nera al 100%, che declassiamo a Igt per non confondere la filosofia di una Doc che era nata con un prodotto di pronta beva, aromatico, più semplice nella lavorazione e a prezzi più abbordabili e che per noi è il prodotto base. Petronio è realizzato con il 100% di uva appassita per circa un mese mezzo, con resa uva in vino del 50% e grado alcolico svolto degno di un Amarone. Matura in barrique per tre anni e dopo due anni di affinamento in bottiglia raggiunge la massima espressione. Lo spumante secco è il nostro cuore, la nostra storia. Con l’iter per il riconoscimento della Docg della Vernaccia di Serrapetrona abbiamo portato avanti anche l’iter di riconoscimento della Doc Serrapetrona, una delle Doc più antiche delle Marche dopo il Verdicchio dei Castelli di Jesi e Matelica”. Continua: “Qui da noi il più grande appezzamento è sui tre ettari e mezzo. L’obiettivo è tirar fuori l’unicità del vitigno, del metodo, dell’azienda”.
A scommettere sulla Vernaccia Nera, con l’80% dei vigneti coltivati con questo vitigno, è un’altra realtà di primo piano del territorio, Terre di Serrapetrona Tenuta Stefano Graidi. Di buona acidità la Vernaccia Nera da uve appassite per circa il 60%, versione secca. Interessante come aperitivo il Brut Rosé Blink, da mosto fiore salassato delle uve di Vernaccia Nera, che fermenta lentamente in autoclave per sessanta giorni, sei i mesi sulle fecce fini.
Molto interessante anche VerSer, un piccolo produttore (2,8 ettari per 15.500 bottiglie, prima vendemmia la 2020), con vigneti a San Severino Marche, a poche centinaia di metri dal confine con Serrapetrona. Sono terre di argilla, sui 350 metri slm. La Vernaccia Nera occupa la vigna alta, in quella bassa, nel fondo valle, si coltiva il Pecorino. “Il mio è un viaggio a piedi tra i filari, anche per realizzare il sogno di nonno Peppe”, dice Matteo Cesari de Maria, trattorista, agronomo, cantiniere, enologo, fino al disegno delle etichette, studi universitari tra Milano, Asti e Bordeaux, alias VerSer. “Per la precisione i vigneti sono in località Carpignano. Un cru storico, famoso perché negli anni ‘70 si producevano i vini della Fabrini, indicata già ai tempi da Veronelli tra le dieci migliori aziende di bollicine in Italia”, racconta Matteo.
Il Clemé di VerSer, 100% Vernaccia Nera, dal nome del patrono di Serrapetrona, Clemente di Metz, affina dieci mesi in bottiglia e poi esce sul mercato. Un prodotto giovane che fa sentire tutti gli aromi dell’uva, con piena corrispondenza gusto-olfattiva. “In realtà il nome deriva da una figura importante del nostro territorio, un mio zio scomparso di recente, amato da tutti. Prima di morire voleva assaggiare il mio Serrapetrona Doc. Non siamo arrivati in tempo e così gli ho dedicato il vino”. Continua: “Sono uve raccolte da un terreno orientato a nord, in controtendenza rispetto alla classica esposizione, per compensare il surriscaldamento e i periodi di siccità. Vinifichiamo con pigiadiraspatura molto soffice, segue fermentazione a bassa temperatura con lieviti neutri. La Vernaccia Nera è stata annoverata per decenni come figlia minore del Grenache e del Cannonau. Nel 2015 grazie a una tesi finanziata da me con l’Università di Torino è stato definito che è un clone unico, esistente solo a Serrapetrona. Un vitigno che se spostato a poche centinaia di chilometri cambia le sue caratteristiche fisiologiche. Il Clemé lo chiamo ironicamente anche ‘18mila chilometri’, quelli fatti in un anno da Torino a Serrapetrona per studiarne tutte le caratteristiche”.
La Vernaccia Nera nasce, cresce e muore solo a Serrapetrona. Figlia di un dio minore?