Nel panorama italiano Roberto Cipresso è un numero uno, ma non un numero uno tanto per scrivere, un professionista attento, preparato, curioso, con il suo progetto WineCircus in costante contatto con l’università, esploratore dell’archeologia dei luoghi, della loro anima, storia e cultura, perché un vino, o meglio un grande vino non nasce da una vite piantata a caso in un territorio, ma nasce da una vite piantata con un senso in quel determinato territorio in quel determinato momento storico, piantata in modo ragionato, con una visione, talvolta rompendo degli schemi e tracciando un percorso nuovo, rivoluzionario. Questo il senso dell’attestato appena ricevuto a Merano. “Sono gratificato per questo riconoscimento che è una iniezione di fiducia e un incentivo alla ripartenza, anche perché quello di Helmuth Kocher è un salotto del vino davvero prestigioso dove le aziende che partecipano sono state selezionate secondo rigidi criteri qualitativi. C’è un numero chiuso per la partecipazione e diverse cantine sono in lista di attesa. La location, il Kurhaus, il teatro di Merano, è spettacolare”, ci racconta Roberto Cipresso, fresco di  quello che si può definire un premio alla carriera, consegnato da Helmuth Kocher all’Anteprima del Merano Wine Festival, che quest’anno compie trent’anni, dove il famoso enologo originario di Bassano del grappa, ma toscano d’adozione e con il cuore fra la Spagna e l’Argentina, paese in cui ha rivoluzionato lo stile del Malbec, è rientrato nella lista dei magnifici 6, professionisti di fama internazionale che negli ultimi vent’anni dell’enologia hanno fatto la differenza. Fra i premiati, Niccolò D’Afflitto, Franco Bernabei, Nicola Biasi, Vincenzo Mercurio, Mariano Murru.
Cipresso di recente inserito dal celebre master of wine Tim Atkin in un dossier sui vini dell’Argentina, dove insieme al francese Michel Rolland, uno degli enologi più influenti al mondo, e all’americano Paul Hobbs, soprannominato dalla rivista Forbes lo “Steve Jobs del vino”, è stato indicato tra le personalità che hanno fatto la differenza sui vini argentini indirizzando uno stile.
Dopo la Spagna, dove segue il progetto enologico di Santa Catarina, due vini bianchi e due rossi da uve autoctone, e dove “per una questione di sostenibilità è stata realizzata una irrigazione sotterranea, a 50 centimetri di profondità, per non avere evaporazione e quindi non perdere neanche mezzo litro di acqua, con l’obiettivo di un basso impatto di anidride carbonica, fino ad annullarla”, è in arrivo una nuova avventura in California, di cui non ha ancora parlato e i cui dettagli vi sveliamo.  La zona è quella tra Santa Cruz e Monterey, a sud di San Francisco, nei pressi della famosa Silicon Valley, centro globale per l’alta tecnologia e l’innovazione, dove tra l’altro ha sede Apple. “Si chiamerà Roberto Cipresso California e avrò dei soci. Partirò per gli Stati Uniti  a settembre, dove abbiamo già individuato i terreni e la varietà: pianteremo del Pinot nero su una ventina di ettari. Mio figlio, che ha vent’anni, si prenderà un anno sabbatico per seguirmi e fare pratica oltre che per studiare l’inglese e quando rientrerà in Italia si iscriverà all’università”.
Lo scenario dei vigneti è mozzafiato e stimolante: il “ridge”, il crinale che a tremila piedi separa il lato della montagna che guarda l’Oceano Pacifico da quello volto al deserto. La stessa identica terra che nel bicchiere si esprime in due modi diversi. “Nel terroir borgognone il Pinot nero presenta sfumature di un certo tipo nella Cote de Beaune e altre nella Cote de Nuits, così noi su questo crinale avremo una risposta completamente differente sul Pinot nero: più freschezza sul versante che guarda l’oceano, più speziature e note asciutte e fragranti nella parte verso il deserto. È una zona dove c’è ancora poca competizione, una sorta di oceano blu”. Per il momento sulle strade tortuose delle Santa Cruz Mountains fra le cantine di rilievo troviamo Ridge Vineyards, che produce il rinomato Monte Bello, blend di varietà internazionali. “Amo le sfide, essere sempre in movimento, creare in luoghi in cui mai avrei immaginato di poter arrivare”.