Roero Days a Milano. Dopo Roma lo scorso anno, è il palazzo Giureconsulti, all’ombra della Madonnina, a ospitare l’evento itinerante del Roero Docg, con oltre 60 produttori e 500 etichette in degustazione nei banchi d’assaggio, che ha permesso di capire le potenzialità nel tempo del Roero Bianco e Rosso con due verticali tra vecchie e nuove annate. Sono i vitigni autoctoni arneis e nebbiolo a dar vita ai vini tutelati dalla Docg e dal Consorzio Roero, che nella quasi totalità dei casi sono Arneis e Nebbiolo in purezza.
Una vetrina internazionale per calarsi nel territorio. Ma non solo: la giornata ha visto la presentazione del nuovo volume “Roero, terra del Nebbiolo e dell’Arneis” (DeAgostini) e l’inaugurazione della mostra dedicata alle proposte per le nuove etichette istituzionali del Consorzio, con premiazione degli artisti vincitori su oltre trenta in gara. “Ad aggiudicarsi il contest creativo indetto dal Consorzio insieme ad ArtàPorter è Bruno Casetta, artista piemontese che ha rappresentato al meglio, con la sua astrazione di paesaggi roerini, le cinque tipologie in cui è declinata la Docg: Roero Bianco, Roero Bianco Riserva, Roero Spumante, Roero Rosso, Roero Rosso Riserva”, sottolinea il direttore del Consorzio di tutela del Roero Francesca Iraldi.

(In foto, al centro il presidente del Consorzio Massimo Damonte con i vicepresidenti Francesco Monchiero, alla sua destra, e Angelo Negro, alla sua sinistra)

Quando si parla di Roero ci troviamo idealmente nella parte nord-orientale della provincia di Cuneo, sulla sinistra idrografica del fiume Tanaro, che costituisce il confine naturale fra Roero e Langhe. Un paesaggio vitivinicolo culturale Patrimonio dell’Umanità, dalla ricca biodiversità e zona eccellente per il pregiato tartufo bianco.
“Con il Roero Days siamo già stati a Milano otto anni fa, al Museo dei Navigli. Ci piacerebbe non limitarci a un solo appuntamento ma replicare anche in modo minore ma mirato durante tutto l’anno”, spiega Massimo Damonte, dal 2023 presidente del Consorzio, ma dalla sua fondazione vicepresidente, alla guida insieme al fratello dell’azienda vitivinicola Malvirà a Canale d’Alba, 50 ettari. “La denominazione, fra bianchi e rossi, ha una produzione di quasi otto milioni di bottiglie, per circa 1200 ettari vitati spalmati su 19 comuni. Fra i più rilevanti a livello di superficie coltivata  ci sono sicuramente Canale, Montà, Castellinaldo, Priocca e Vezza d’Alba. La parte più a est del Roero è anche quella molto vocata per la produzione della Barbera”. Puntualizza: “Abbiamo messo un limite alla crescita dei nuovi impianti. Oggi siamo sullo standard di trenta ettari all’anno distribuiti fra tutti i produttori che ne fanno domanda, con un massimale di mezzo ettaro per azienda. Questo serve per riuscire a comprare quel pezzettino di terra vicino a te che magari sono dieci anni che gli fai il filo. Le denominazioni vanno controllate per evitare un crollo di immagine e, conseguentemente, dei prezzi”.
Il 2024 è un anno importante perché si festeggiano i dieci anni di vita del Consorzio, i dieci anni dal riconoscimento Unesco del territorio e i vent’anni dal conseguimento della certificazione Docg. Progetti per il futuro? “Stiamo lavorando sul piano promozionale 1144, che ci impegnerà per i prossimi tre anni negli Usa e in Canada in maniera importante. Sono Paesi che spendono nel vino e dove la spesa per questo tipo di prodotto sta salendo. C’è molta curiosità peri vini piemontesi. Il Canada è un mercato di grandi appassionati. Oggi la voce esportazione è mediamente oltre il 60%, dipende poi dalle dimensioni di un’azienda. Gli alti e bassi si registrano dappertutto ma chi ha un po’ di vendemmie sulle spalle è consapevole che è una ruota che gira e che quando si riparte lo si fa alla grande”.
Nebbiolo, un vitigno per cinque vini: Barolo Barbaresco, Il Roero, il Nebbiolo d’Alba e il Langhe Nebbiolo. Nel Roero le sabbie conferiscono eleganza e il Nebbiolo non è quasi mai invadente.
“L’Arneis, che fa emergere tutto il carattere e le sfaccettature dell’uva, è un cavallo che oggi corre da solo. L’obiettivo futuro è valorizzare il Nebbiolo del Roero. Innanzitutto dobbiamo crederci noi produttori. Aumentando l’offerta inevitabilmente aumenta la visibilità e questo permette la crescita. Bisogna andare sul mercato con vini sempre più buoni. I nostri sono terreni più sciolti, più sabbiosi, che danno al Nebbiolo caratteristiche di beva piacevoli, sono già subito pronti, fruttati, fragranti. Il Roero ha ancora un ampio margine di sviluppo ”, conclude Damonte.
Qualità, territorio, due vini su cui puntare e una squadra di produttori seri per vincere le sfide del futuro.