RED FRIDAY – WEEK 23

Torniamo nelle Marche, in provincia di Macerata. La vernaccia nera di Serrapetrona è uno dei vitigni e dei vini più pregiati e antichi della regione. Qui non in versione spumante, la più conosciuta, ma vino secco, il Pepato di Fontezoppa, una delle aziende con più ettari coltivati a vernaccia nera (23 su circa 60 totali della denominazione). Siamo sulle colline, a Civitanova Alta e a Serrapetrona, tra il mare Adriatico e i Monti Azzurri, a 500 metri slm. Proprio alle pendici di questi monti si trovano i filari in conversione biologica di vernaccia nera, pinot nero e sangiovese. Fontezoppa è il nome di un’antica fonte d’acqua che sgorgava dove oggi sorgono i vigneti. Con sesti di impianto fitti si contiene la vegetazione, valorizzando le basse rese per ceppo (3 grappoli a pianta). I terreni sono di medio impasto, con arenaria e calcare.
Il Pepato affina per 12 mesi in botte grande. Tra la vendemmia (tardiva, a metà ottobre) e la messa in commercio passano almeno tre anni. Il colore è rosso rubino intenso. Al naso spicca il frutto, ciliegie e prugne insieme all’inconfondibile sentore pepato, con tracce balsamiche e rinfrescanti sensazioni mentolate. Di corrispondenza gusto-olfattiva, in bocca è morbido e si evidenziano spezie dolci e tannini presenti ma integrati. Il rotundone, che si ritrova anche nel syrah e nello schioppettino, regala aromi di pepe nero, in questo specifico caso marcati per via dell’importante escursione termica. Sotto 50 mg i solfiti aggiunti. Solo lieviti indigeni. Una bevuta moderna da vitigno antico e gusto contemporaneo. Ventottomila bottiglie.
Curiosità: inizialmente il vino si chiamava Carpignano, ma non decollava. Su suggerimento di Joe Bastianich – nei cui ristoranti a New York è presente ed è servito con la carbonara – ha cambiato il nome in Pepato, oggi  volano dell’enoturismo in loco. 

“La Vernaccia? La Vernaccia di Serrapetrona non esiste più” (Mario Soldati)