Ogni Stop&Go che racconto nasce da un incontro. Questa volta, però, non è stato solo con un vignaiolo o un territorio, ma con lo sguardo di mio figlio Edoardo, sedicenne, che mi ha accompagnata in un viaggio speciale. Lui appartiene alla Generazione Z, cresciuta in un mondo veloce e digitale, e vederlo osservare da vicino il lavoro di un vignaiolo è stata una sorpresa: come se il vino, spesso percepito come materia “adulta” e complessa, potesse diventare linguaggio comune anche tra generazioni diverse.
La nostra meta in una assolata giornata estiva è stata Fondo San Giuseppe, la cantina di Stefano Bariani a Brisighella, sull’Appennino tosco-romagnolo. Qui, a circa 400 metri di altitudine, nella sottozona Valpiana, il paesaggio si apre in maniera struggente: boschi, vigneti e il fiume Lamone che scorre a pochi passi. Intorno si aprono i calanchi, dorsali argillose scavate dal tempo, aspre e suggestive. Sono ferite e bellezza insieme, segni identitari di un paesaggio che racconta resilienza e trasformazione, cornice naturale e culturale che rende unico questo territorio. Già questo basterebbe a raccontare un approccio diverso alla viticoltura: non una monocoltura intensiva, ma un mosaico di biodiversità, dove l’uomo sembra più custode che padrone.

Bariani coltiva 5 ettari di vigneto all’interno di 11 ettari di bosco. Una proporzione che dice molto più di tante dichiarazioni: il vigneto è parte di un ecosistema, non una forzatura sul paesaggio. Edoardo ascoltava e prendeva mentalmente appunti, colpito dall’idea che il valore etico possa superare quello commerciale. Perché in Bariani non c’è solo il desiderio di produrre vino, ma di custodire un territorio, coltivarlo con rispetto, quasi come un atto di responsabilità verso chi verrà dopo.

I terreni della Valpiana sono limo-argillosi, calcarei, con scheletro marnoso e ricchi di sostanza organica: suoli che regalano ai vini spessore e profondità. Bariani lavora con cura e senza compromessi, cercando equilibrio tra sostenibilità e qualità. La sua visione si estende anche oltre Brisighella: nel 2015 ha preso in affitto dalla Casetta dei Frati un vigneto a Modigliana, nella valle di Acerreta, chiamato Ronco di Rio Brola, dove coltiva Sangiovese. Una scelta che conferma la volontà di esprimere la complessità della Romagna attraverso parcelle diverse, capaci di raccontare sfumature territoriali uniche.

Camminare nei filari con Edoardo è stato come intrecciare due prospettive: la mia, legata alla memoria e all’esperienza, e la sua, fresca e diretta. Le domande che mi faceva – semplici, quasi ingenue – rivelavano una curiosità autentica. “Ma perché qui c’è bosco e non tutta vigna?”, “Come fa il terreno a cambiare il gusto del vino?”. Domande che a volte noi adulti diamo per scontate, ma che invece ci riportano all’essenziale.

Il nostro Stop&Go ha avuto anche un sapore conviviale. A pranzo ci siamo fermati a La Grotta, un ristorante che affonda letteralmente nelle rocce sotto il borgo di Brisighella. Qui la filosofia è chiara: lavorare con i prodotti del territorio, valorizzare la stagionalità, dialogare con chi produce. A tavola il vino torna protagonista, ma sempre con naturalezza, come parte di un percorso più grande che unisce cibo, paesaggio e memoria.

Brisighella, poi, è un luogo che conquista. Borgo medievale nato attorno alla rocca e al monastero, custodisce una meraviglia unica: la Via degli Asini, un camminamento coperto e sospeso, che un tempo serviva per il trasporto del gesso con i somari. Percorrerla con Edoardo, dopo pranzo, è stato un piccolo viaggio nel tempo: la storia che diventa esperienza viva, l’architettura che racconta le fatiche e le ingegnosità di un’altra epoca.

Tornando in auto, guardando il paesaggio che scivolava fuori dal finestrino, ho pensato che questo nostro primo Stop&Go insieme  – e ho scelto Fondo San Giuseppe e Bariani non a caso – fosse qualcosa di più di una semplice visita in cantina. È stato un viaggio di crescita condivisa, in cui io ho trasmesso qualcosa a mio figlio, ma lui ha restituito altrettanto a me: la capacità di guardare il vino con occhi nuovi, senza retorica, con la freschezza di chi cerca senso prima ancora che etichette. Il vino, alla fine, non è mai solo una bevanda. È un racconto di territori, persone e relazioni. E questo Stop&Go a Brisighella me lo ha ricordato con forza: perché la cultura del vino vive davvero solo se sappiamo passarla di mano in mano, di generazione in generazione, come un patrimonio vivo. Da vignaiolo a vignaiolo, da madre giornalista a suo figlio: un passaggio di saperi e di sguardi, per insegnargli non solo il vino, ma l’arte di vivere con radici salde e occhi aperti sul futuro.