Quelle annate che non dimenticheremo (mai)

La Toscana e la 2019, tre Supertuscan e una orizzontale di Chianti Classico DOGC

Nel trattare le degustazioni orizzontali, ovvero quei test di assaggi dedicati a un solo millesimo ovviamente particolarmente significativo, ci siamo ad esempio già occupati della 2016 con il Barolo e il Barbaresco, incontrando grandi etichette per altrettanto eccelsi nomi di quel territorio, che hanno saputo azzeccare quell’annata.

Nel raccontare la 2016 in Langa, non mi sono occupato solo di quello che succede durante la degustazione stessa, con tutti gli aspetti coinvolgenti ed emozionali che ne scaturiscono, ma è stato utile sviscerare anche tutto ciò che accade prima; scrivevo: <<Dietro una grande annata annunciata come tale, si creano molte aspettative. Curiosità ed emozioni che si concretizzeranno solo di fronte al calice>>.

Perché oltre al piacere, c’è poi il dovere. Mi spiego meglio: sommelier e assaggiatori di mestiere sono coinvolti nelle numerose anteprime in cui, per una determinata zona o denominazione, si andranno ad assaggiare le tante etichette in concorso con lo scopo di esprimere il punteggio secondo canoni rigorosi, ottemperando a un protocollo che prevede test alla cieca.

Da questo mondo fatto di professionisti strettamente correlati con la stampa di settore, ho voluto estrapolare proprio questo aspetto: la degustazione alla cieca. Sono infatti profondamente convinto che questo metodo di assaggio sia l’unico in grado di garantire la massima imparzialità. E l’ho portato già dieci anni or sono all’interno di una congrega che mi permetto di citare e che nella sua fase di crescita e maturazione ha acquisito il nome di VINARI (non ha un suo sito non avendo obiettivi commerciali, ma solo scopi parzialmente divulgativi e primariamente l’aprire e degustare, oltre che valutare bottiglie grazie a un gruppo di selezionati sommelier e attendibili appassionati). Congrega, perché si entra solo a invito da parte dei Vinari stessi, a loro insindacabile giudizio e dal 2014 se ne aggiungono due all’anno. La degustazione alla cieca, dicevamo, è l’eredità trasmessa dal mondo degli addetti ai lavori alla congrega dei Vinari, che distingue alla base un approccio critico rispetto alla visione più comunemente mangereccia e ludica, diffusa nella maggior parte dei ritrovi amatoriali o nei consessi enologici ufficiosi. Ovvero, le preparazioni e i piatti sono complementari al vino e non viceversa. L’aspetto scientifico, se vogliamo, in particolare all’interno di un gruppo di lavoro come questo è semplicemente quello del confronto rigoroso (ma non rigido), uscendo dalle esigenze del lessico ufficiale e dalla solennità di certe degustazioni, per avvicinarsi quanto più possibile alla visione del consumatore preparato sia per conoscenza sia per doti olfattive e palatali.

Il risultato è quello di poter esternare un giudizio critico estremamente veritiero, senza i filtri imposti negli eventi ufficiali. Ed è per questo che i temi esplorati da un consesso come i Vinari portano ad affrontare anche degustazioni complesse come può essere appunto una orizzontale. Ho voluto premettere tutto ciò, perché talvolta capita che certi produttori vitivinicoli si fidino di più di un ulteriore giudizio amatoriale, per quanto ovviamente frutto di nasi e palati preparati, che dei risultati e punteggi scaturiti dagli eventi ufficiali. L’uno non esclude l’altro, ovviamente. Lo scopo è trovare complementarità fra i due.

Arriviamo così al tema, nello specifico l’annata 2019 in Toscana, che certamente ricorderemo. E l’affronteremo da più angolazioni, stando sui vitigni a bacca rossa, dedicandoci alla DOCG del Chianti Classico con sei etichette preselezionate in particolare dal Senese, poi a tre selezionati Supertuscan anche della denominazione Bolgheri, infine al Brunello di Montalcino, chiaramente last but not least, semplicemente seguendo i tempi di messa in commercio rispetto ai relativi disciplinari. All’espressione del Sangiovese Grosso nella DOCG del Brunello di Montalcino dedicheremo quindi un capitolo a parte, concentrandoci su uno dei suoi nomi più rappresentativi: Il Marroneto Madonna delle Grazie.

Chianti Classico selezionati sono stati da Radda in Chianti Podere Capaccia e da Gaiole in Chianti Castello di Cacchiano; Chianti Classico Riserva, da Radda in Chianti Castello di Ama Montebuoni, Castello di Volpaia ed Erta di Radda, mentre da Castellina in Chianti il Lilliano. Divisi su due batterie da tre bottiglie ciascuna, come si diceva alla cieca, quindi con le bottiglie incappucciate nelle apposite cuffie che si stringono al collo e che pertanto, come noterete dalla fotografia, viene rigorosamente del tutto privato della capsula che lo riveste (fascetta della DOCG compresa), perché potrebbe lasciare intravvedere dei loghi riconoscibili.

Fra le due batterie, come “fuori concorso” è stato inserito Podere l’Assunta con Costa del Pievano, sempre del 2019, che è frutto di un piccolo produttore, Giacomo Sensi, factotum in vigna e in cantina. Si trova appena fuori Siena, verso Monteriggioni, in un contesto territoriale ricco di boschi e declivi scoscesi, con una piccola vigna di Sangiovese coltivato ad alberello (!) che ci regala questo monovarietale già definibile come Supertuscan, fuori dalle denominazioni; se ne sente parlare spesso, si sta meritatamente facendo strada fra nomi decisamente più noti e blasonati.

Risultato della degustazione alla cieca, l’Erta di Radda Riserva, 100% Sangiovese che spicca per la sua significativa persistenza, davvero maturo rispetto agli altri, con un palato accattivante, altrettanto elegante nell’equilibrio fra acidità e tannini, con vibrazioni lignee solo accennate, frutto dell’affinamento di 24 mesi in botti di rovere da 2.000 litri. Nel rispetto del sentore del frutto. Sostanzialmente alla pari si posizionano le Riserva Montebuoni di Castello di Ama e Castello di Volpaia. Ama affina in barrique di seconda rotazione per circa un anno, frutto di un taglio di Sangiovese in netta prevalenza e una piccola parte di Merlot e che, se così si può definire, è sempre un classico dei Chianti, volendo anche fare un gioco di parole sulla denominazione; analogamente fra il pronto e il maturo è il Castello di Volpaia Riserva, 100% Sangiovese che gode sempre di punteggi molto alti e di grande considerazione da Wine Spectator. Ma come vi ho raccontato, il nostro risultato viene da un test alla cieca, dunque il nome non ha potuto influenzarci. Castello di Cacchiano è certamente un altro riferimento per il Chianti Classico; in questo caso non è la Riserva, tanto da dimostrarsi un vino maturo, in fondo sono passati 5 anni abbondanti dalla vendemmia 2019 e questo ne fa un vino contemporaneo, pronto per essere bevuto dopo un ragionevole numero di anni, senza cercare lunghi periodi in bottiglia, come accadeva anni addietro per vini anche molto concentrati. Con una parte di Colorino e Malvasia Nera, il cui passaggio in legno si sente, ma con dettagli più vicini al tabacco e a note speziate che a derive cromatiche morbide, Castello di Cacchiano stacca Lilliano Riserva, 90% Sangiovese che affina per circa 15 messi in tonneau,x e Podere Capaccia, quest’ultimo 100% Sangiovese e un passaggio in botti grandi di rovere per circa 18 mesi; due Chianti Classico che ancora non hanno trovato l’equilibrio assoluto fra tannini ora astringenti e un’acidità che invoglierebbe a sorseggiare un altro calice.

Venendo ai tre Supertuscan del 2019, la scelta è stata quella di lasciare le bottiglie scoperte, solo per questa volta, data l’evidente differenza geografica fra le tre cantine: Montevertine Le Pergole Torte, Marchesi Antinori Tignanello e Guado al Tasso. Dimentichiamo per un momento il fatto di avere due etichette che appartengono allo stesso grande nome della vinificazione italiana e dimentichiamo per un momento che il Tignanello 2019 entra fra i primi 5 nel rating mondiale 2022 di Wine Spectator. Tanto lo si sa, stiamo parlando di tre eccellenze, inutile giocare più di tanto. Le Pergole Torte è una espressione straordinaria di Sangiovese in purezza, da sempre riconoscibile per la scelta che fece Sergio Manetti di avere in etichetta solo un ritratto del pittore reggiano Alberto Manfredi, amico e compagno di merende assieme all’insostituibile Giulio Gambelli, figura centrale nel mondo del Sangiovese contemporaneo e in particolare del Brunello di Montalcino. Quella scelta di stare fuori dal Chianti Classico, allora era obbligata, perché Manetti già nei primissimi anni ’70 voleva vinificare un Sangiovese 100%, mentre sappiamo che solo dal 1996 il disciplinare lo ammette. L’annata 2019 è stata perfettamente azzeccata dall’enologo Paolo Salvi e da Martino Manetti, che continua secondo la tradizione del padre; qua tutto torna e forse non è un caso, visto che siamo a Radda in Chianti, località centrale anche nelle degustazioni dei Chianti selezionati, un territorio ricco di boschi e stacchi collinari continui, proprio come si presenta la zona del già citato Podere l’Assunta. Condizioni pedoclimatiche che restituiscono un’ottima escursione termica che arriva fino al calice. Se vogliamo puntualizzare, Le Pergole Torte è proprio un riferimento quando si parla di grande equilibrio fra tannini e acidità, lasciando che la freschezza vinca sempre. Equilibrio è la parola chiave anche in Guado al Tasso 2019; le ultime annate, dopo la 2012 hanno portato il lavoro di Marco Ferrarese a risultati eccellenti per questa zona nel cuore del centro territoriale di Bolgheri. Rivedendo il profilo sensoriale di questo vino che nelle ultime annate trovo più “snello” e contemporaneo. Non è un caso se oggi Matarocchio, l’etichetta di punta di questa cantina, sia un vino davvero straordinario. Ma già nella ricchezza cromatica olfattiva di Guado al Tasso si riconosce un grande lavoro che porta questo taglio bordolese a giocarsi il podio, millesimo dopo millesimo, con altri blasonatissimi vicini di casa, leggasi Ornellaia e Sassicaia. Ma anche Grattammacco.

Siamo arrivati alla fine di cotanta bellezza, per quest’annata eccellente in Toscana, ma è solo la conclusione  di un capitolo, non la fine del libro, perché ci risentiremo presto con Il Marroneto Madonna delle Grazie 2019; dunque questo è solo un arrivederci alla prossima apertura.