Oltrepò Pavese. Presentato oggi al Castello di Cigognola (della famiglia Moratti) l’Indice Bigot, un metodo innovativo per la valutazione da 0 a 100 del potenziale qualitativo del vigneto, che prende il nome dal suo creatore, l’agronomo friulano di Gorizia Giovanni Bigot, che lo ha brevettato. In sostanza si tratta di uno strumento di autovalutazione aziendale per fissare un livello per poter migliorare nelle annate successive. “Fino a poco tempo fa si riteneva che la qualità del vino provenisse dalla cantina. Ed ecco che si è verificata un’esaltazione degli enologi e dei consulenti. O meglio, non esistevano consulenti di vigneto ma solo di cantina. Per ottenere un vino eccellente bisogna avere una vigna eccellente ed eccellentemente curata”, dice in apertura del convegno Angelo Gaja, con cui l’agronomo Giovanni Bigot collabora da anni. Frutto di un approccio scientifico del lavoro e basato su un’ampia case history di esperienze in tutta Italia, registrate e documentate, e forte dell’insegnamento di Baden-Powell (“osservare, dedurre, agire”), Bigot è arrivato a una serie di conclusioni da applicare nella pratica, quindi in vigna, perché, come sostiene, “prevenire è meglio che curare, soprattutto bisogna sapere anticipare le problematiche mettendo in campo una serie di accorgimenti per ottenere la massima espressione qualitativa che quel determinato vigneto può fornire, perché esiste una correlazione tra quest’ultimo e il vino”. Ma in cosa consiste l’Indice Bigot? Innanzitutto, è possibile misurare la qualità di un vigneto? “Sì. Un’uva sana, concentrata e a un giusto grado di maturazione dipende da una serie di fattori, alcuni non controllabili, come l’andamento climatico, altri non modificabili, come il suolo, e altri che possono essere gestiti attraverso scelte e pratiche agronomiche calibrate ed eseguite al momento giusto. Vanno presi in considerazione alcuni fattori viticoli che hanno influenza diretta sulla qualità del vino: produzione, chioma, rapporto tra foglie e produzione, sanità delle uve tipo di grappolo, stress idrico, vigore, biodiversità e microorganismi, età del vigneto”, spiega Bigot. “L’obiettivo è fornire ai viticoltori, e ai giovani che si affacciano alla professione, un metodo oggettivo per la valutazione sintetica del potenziale qualitativo di un vigneto, prendendo in considerazione questi parametri. L’Indice permette di ottenere una classificazione dei vigneti. E diventa fondamentale per organizzare la scelta vendemmiale, per la programmazione e organizzazione del ricevimento delle uve. Si tratta di un indice importante nella valutazione dei vini che si fa in cantina assieme all’enologo e nella determinazione del valore economico del vigneto”. L’obiettivo condiviso dalle aziende vinicole presenti è la massima qualità delle uve. “Con questo metodo si potrà capire lo stato di salute di un vigneto per intervenire anticipatamente se necessario. È uno strumento a nostra disposizione che ci potrà aiutare concretamente”, commenta Aldo Rainoldi, imprenditore e presidente del Consorzio di Tutela dei Vini di Valtellina, territorio caratterizzato da impervi vigneti terrazzati, importanti le sfide in tema di sostenibilità ambientale, economica e produttiva. Dello stesso parere l’imprenditore toscano Giovanni Folonari. Per il friulano Roberto Felluga: “L’augurio è che l’Indice Bigot si diffonda perché credo sia uno strumento utile per monitorare i vigneti in modo scientifico e alzare sempre di più la già alta asticella qualitativa del mondo del vino”. Conclude Gaja: “Lo storytellling ha messo all’angolo il progetto vino. L’Indice Bigot è l’inizio di questa storia, è un controllo, uno stimolo. Sono importanti le persone che aprono la mente, che portano a immaginare, a pensare. Mio padre, finiti gli studi, mi esortò ad entrare nel vigneto e mi affidò a Gino Cavallo, un uomo che aveva un amore smisurato per quello che faceva, in particolare per la vigna, di cui parlava in prima persona perché la sentiva sua. Gino voleva che imparassi a fare il viticoltore. Non dobbiamo dimenticarci che prima c’è la vigna e dopo la cantina. Bisogna investire nella ricerca, il mondo va avanti. Serve anche una viticoltura di precisione, che si avvale della tecnologia per capire quando fare i trattamenti, quando serve l’irrigazione e così via. Abbiamo tutti gli strumenti e le possibilità per cambiare”.