Il gender gap si restringe ma persiste. Donne sempre più ai vertici delle aziende vitivinicole nei ruoli della comunicazione, marketing e accoglienza, ma se nasce un figlio, sono costrette a chiedere il part time perché mancano gli asili nido che consentano di conciliare il lavoro con le esigenze della famiglia. Sono ancora numerosi gli episodi di intimidazioni e abusi sul luogo di lavoro: manca una politica che aiuti le donne a denunciare. È quanto emerge da un’indagine sul gender gap nel mondo del vino, condotta dall’Università di Siena in collaborazione con Le Donne del Vino e Unione Italiana Vini, presentata a wine2wine, il forum del wine business italiano di Verona ideato da Stevie Kim, durante la sessione «Il futuro del vino è donna. Primi risultati di un’indagine sul gender gap delle aziende del vino in Italia». Se da una parte marketing, comunicazione e turismo del vino sono sempre più femminili, dall’altra vigne e cantine restano roccaforti maschili.
“Negli ultimi anni, il settore del vino italiano registra una progressiva ‘femminilizzazione’ dei vertici aziendali, ma volendo rispondere alla domanda se persiste in Italia un problema di ‘gender gap’ emerge che c’è ancora molta strada da fare”, ha spiegato Elena Casprini, ricercatrice dell’Università di Siena che, insieme al professor Lorenzo Zanni, ha condotto l’indagine su un panel di imprese selezionate su base nazionale. “Per quanto riguarda le competenze e i ruoli svolti in azienda, mentre solo il 10% delle donne è occupata nella produzione e nei vigneti, quasi l’80% è coinvolta in funzioni commerciale-comunicazione-marketing e agriturismo-ristorazione. In altre parole, le donne sono protagoniste dell’attuale fase di ‘terziarizzazione’ del mondo del vino che oggi appare critica di fronte alle nuove sfide del mercato. Perché? Le donne sono più empatiche e collaborano di più rispetto agli uomini: sono creative e cercano di creare rapporti di fiducia, anche se non sempre è facile, specie nei confronti di dipendenti di generazioni diverse”.
Il secondo risultato riguarda il rapporto vita privata-lavoro: “Negli ultimi 3 anni, 2018-2020, il 7,6% delle donne ha abbandonato o ha richiesto il part-time a seguito della nascita di un figlio. Questo dato si associa a diversità nei contratti e a difformità salariali penalizzanti con la progressione della carriera. L’indagine rivela altresì che mancano asili nido e scuole dell’infanzia, sia pubblici che privati, nei pressi delle aziende e come il costo di tali servizi non sia compatibile coi redditi agricoli. Infine, un’ultima evidenza riguarda gli episodi di intimidazioni, abusi e violenze che hanno interessato le donne. Negli ultimi 3 anni, nel 6,9% delle aziende intervistate, si sono registrati episodi di intimidazioni e abusi: un dato sicuramente sottostimato considerando che molti episodi non vengono segnalati ai vertici dell’azienda”.
“Occorre mantenere gli attuali vantaggi per le aziende agricole a conduzione femminile, introdurre delle agevolazioni e punteggi nelle graduatorie, per le imprese che hanno lo stesso salario medio e la stessa progressione di carriera per gli uomini e le donne. Infine, serve un sostegno economico per i comuni rurali che decidono di supportare la genitorialità, non solo con strutture, ma anche con servizi. Scelte costose, per le piccole amministrazioni dei distretti enologici, che salvaguardano, accanto alla sostenibilità economica e ambientale, anche quella sociale di cui le donne sono oggi protagoniste”, commenta la presidente delle Donne del Vino Donatella Cinelli Colombini.
Valentina Ellero (UIV) ha ricordato i dati presentati a Vinitaly Special Edition da Wine Intelligence e dall’Osservatorio Uiv-Unione Italiana Vini: “Nel 2021 per la prima volta, fra i consumatori italiani di vino, le donne hanno superato numericamente gli uomini: sono il 55% dei bevitori regolari, in netto aumento rispetto al 49% del 2020”.