È un inizio anno difficile per l’export in Nord America (Usa e Canada) e Asia (Cina e Giappone), due mercati target per il vino italiano. Secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che ha elaborato i dati doganali sull’import di vino nei primi 3 mesi del 2022, il Belpaese rallenta la sua corsa sia rispetto alla media import globale sia nei confronti dei principali competitor: la crescita globale in valore in questi paesi si ferma al 3,7%, con la Francia che registra un incremento quasi doppio e una media da mondo a +5,3%.
Pesante il segno negativo in Asia, dove l’export registra -15,9%, contro una media generale a -5,6% e la Francia a -0,6%. Sottotono le vendite in Nord America a +6,9%, in relazione con i risultati dei competitor (+11,9% della Francia e +10% da mondo) e con il lockdown nello stesso 2021. Negli Usa l’Italia registra un incremento in valore del 3,5%, di molto inferiore rispetto alla Francia a +16,3%. Nel primo mercato al mondo di riferimento, sono gli sparkling (+16,3% in valore) a tenere in equilibrio le vendite, mentre si arresta la crescita dei vini fermi imbottigliati (-0,1%) a fronte di un +16,5% dei neozelandesi trainati dal Sauvignon blanc. Nettamente migliore la situazione in Canada (+23%), dove il made in Italy fa 3 volte meglio della domanda generale di vini esteri e diventa market leader, superando in un colpo solo Stati Uniti e Francia. In Asia, con la Cina in piena emergenza Covid, il mercato del vino tricolore si attesta su un -15,6%, a -20% l’import generale. Anche il Giappone riduce gli acquisti dal Belpaese dell’8,1%, a fronte di una crescita generale della domanda di oltre il 22% (con la Francia a +23,6%).
Il settore inoltre, in un periodo già complicato da tensioni geopolitiche e da un rialzo vertiginoso dei costi di materie prime, deve fare i conti con un taglio brusco dei fondi nazionali destinati alla promozione nei Paesi extra-Ue (Ocm Promozione), passati da 27 a 9,2 milioni di euro. Una situazione allarmante che produrrà effetti ancor più gravi in tema di competitività all’estero di un settore del made in Italy che nel 2021 ha chiuso in attivo la propria bilancia commerciale per circa 6,7 miliardi di euro.
Serve urgentemente un ulteriore ripensamento da parte del governo delle risorse da destinare alla promozione extra Ue per rimettere l’ago della bilancia in equilibrio.