Siamo a Castelnuovo Berardenga, alle porte di Siena, sui colli che separano il primo tratto della valle dell’Ombrone da quella del suo affluente Arbia. Fra le colline meridionali del Chianti e il paesaggio delle crete senesi. Ospiti del Castello di Bossi per la degustazione in anteprima europea delle due nuove Cuvée des Moines, champagne di grande equilibrio firmati da Besserat de Bellefon 1843, in particolare l’annata 2012, blend 60% chardonnay, 30% Pinot Noir, 10% Pinot Meunier, e la 2015 del blanc de blancs 100% chardonnay.
“Liberté, elegance, simplicité” che si legge sulla brochure della maison, che oggi ha sede a Epernay, ne individua perfettamente lo stile, ben sottolineato anche da Julien Martin, export manager, e Cedric Thiébault, chef de cave: bollicine finissime per uno champagne setoso, dal frutto elegante e con una freschezza che in maniera armoniosa accarezza il palato.

L’occasione si presta a una prima visita dell’azienda, cantina e agriturismo con casolari panoramici recentemente ristrutturati in stile rustico. Dico “prima” perché la realtà vitivinicola fondata nel 1984 dall’imprenditore tessile e immobiliare Marco Bacci, fiorentino, classe ‘59  – ricordate i mitici jeans Roy Rogers? Sono stati creati dalla famiglia Bacci. Ed io, da buona pavese, vivevo tra Roy Rogers e Max Pezzali – merita più di una visita. Bacci non c’è, però: speriamo di conoscere Mr. Roy Rogers la prossima volta.
Torniamo nel Chianti. Castello di Bossi tradotto sono cinquecento ettari, di cui 120 a vigneto dove si coltivano principalmente sangiovese, merlot e cabernet sauvignon, un castello con una storia millenaria, che nel 1450 divenne di forma quadrilatera difensiva e la cui prima torre fu costruita nel 1099, due chiese consacrate recentemente ristrutturate. Una realtà al 100% biologica, totalmente alimentata a energia pulita: 600 pannelli solari ripuliti naturalmente dalle pecore della zona consentono all’azienda di essere a credito di energia. Fra i vini di maggior pregio il Chianti Classico Riserva Berardo e l’Igt Corbaia, uvaggio di sangiovese, cabernet sauvignon, cabernet franc.

Le tenute della famiglia Bacci, dalle cantine interrate a quella subacquea, si trovano in Toscana, e coprono 3 Docg con una serie di cantine biologiche, e in Sicilia, per un totale di circa mille ettari, un milione e mezzo di bottiglie spalmate su più di venti etichette, di cui 260 mila prodotte da Terre di Talamo, nella Maremma toscana. Il fatturato è realizzato per il 95% all’estero, soprattutto Stati Uniti e Asia (Hong Kong, Thailandia e Singapore). Ma l’espansione, ci dicono, è in continuo divenire.

I terreni della Tenuta di Renieri, specializzata nel Chianti Classico e Chianti Classico Riserva, sono al confine con quelli del Castello di Bossi: 60 ettari di cui 22 a vigneto su argille gialle e tufo.
Lo spumante, invece, si produce e affina a Tenuta Barbaione, circa 110 ettari, di cui 17 di vigneto Chianti Classico. Il metodo classico è da uve sangiovese selezionate con cura per preservare acidità e aromi.

Spostandoci nella parte meridionale di Montalcino, con lo sguardo che corre al Monte Amiata, a Renieri, 120 ettari di cui 30 a vite, il sangiovese nella cantina interrata diventa Brunello di Montalcino e Rosso di Montalcino. Da terreni prevalentemente vulcanici, dove calcare  e roccia si mescolano con argille rosse e tufo, ad una altitudine di circa 400 metri slm e con esposizione a 360 gradi, nasce il Brunello che nel 2019 è stato premiato da James Suckling, con l’annata 2015, come secondo vino migliore al mondo con 100 punti.

La quinta tenuta in Toscana è Terre di Talamo, acquisita nei primi anni 2000. Siamo a sud di Grosseto, nel regno del Morellino di Scansano. Trentacinque gli ettari vitati, vini minerali che nascono vicino al mare, argille brune. Qui, tra l’Argentario e Talamone, è nata anche la cantina subacquea che fa parte del progetto “Talamo a Mare”, dove si affinano per un anno, a 35 metri di profondità, poche migliaia di bottiglie di un vino rosso fermo blend con uve cabernet sauvignon, cabernet franc, merlot e petit verdot, già precedentemente affinato per due anni in barriques.
“Non solo la temperatura costante  di 16 gradi e una pressione di 4,5 bar permettono condizioni ottimali per l’affinamento, ma anche il rollio delle correnti e il movimento del mare, siamo sicuri, giovano al nostro vino”, spiega Marco Bacci, appassionato di barca a vela. “L’ho notato perché i vini rossi conservati nella sentina in barca invecchiano meglio, con caratteristiche nettamente migliorate”.
Da poco l’Etna, con l’acquisizione di Terre Darrigo a Linguaglossa (CT). Quasi dieci ettari sul vulcano, a 650 metri, che guardano il mare. Altro terroir, altri vini, altra scommessa, ma a Bacci piace sperimentare e mettersi alla prova: suoli, territori, varietà, metodi di vinificazione.
Qui si producono soprattutto Etna Rosato da nerello mascalese ed Etna Bianco da carricante. Sono vini eleganti che hanno bisogno di farsi il carattere.
Sicuramente la squisita ospitalità di Thomas Taddeo, responsabile della comunicazione, ci invoglia a tornare per capire l’evoluzione del progetto Sicilia nel bicchiere.