Con la pubblicazione sul sito del Dipartimento del Commercio statunitense (USTR) della lista definitiva dei prodotti e dei Paesi europei sotto scacco dei nuovi dazi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che per l’Italia interessa i 2/3 del valore dell’export agroalimentare, il Made in Italy trema. Vino, olio e pasta per 3 mld in Black List, nessuna novità per il Belpaese ma i timori sono giustificati. Gli Usa sono il primo mercato mondiale del vino per numerosi Paesi fra cui l’Italia e il primo consumatore. Soprattutto le grandi aziende e le grandi denominazioni del vino italiano, come Brunello, Chianti Classico, Prosecco, Doc delle Venezie, Lambrusco, sul mercato americano hanno uno sbocco importante. Vini italiani che a differenza di quelli francesi erano scampati alla prima black list scattata ad ottobre 2019. 
Serve nuovamente un grande lavoro a livello diplomatico in sinergia con la lobby di importatori e distributori, lavoro che sembra non avere più fine. Trump, in piena campagna elettorale, non stupisce, la sua è sempre stata una linea di politica economica di luci e ombre, di passi avanti e indietro, che non ha certo agevolato il commercio internazionale fra gli stati. Una politica estera che enfatizza il nazionalismo, il protezionismo e l’isolazionismo americani e che ha il suo apice nel concetto America First. Per di più in un periodo come questo, delicato per gli equilibri internazionali, in cui le imprese a livello mondiale dopo la pandemia hanno bisogno di iniezioni di fiducia e positività non certo di nuovi dazi o minacce che portano a destabilizzare i mercati a vantaggio delle casse di Washington e sicuramente del vino americano, con alcuni grandi gruppi che potrebbero essere tra i finanziatori della campagna elettorale del Presidente Usa. Lo stesso Trump è produttore vinicolo, o meglio la sua famiglia, con la Trump winery in Virginia.
A pagare il conto più salato potrebbero essere i soci di Airbus ossia Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. Nell’ambito del sostegno Ue ad Airbus gli Usa sono stati autorizzati ad applicare sanzioni all’Unione Europea per un limite massimo di 7,5 miliardi di dollari dal Wto, che dovrebbe però a breve esprimersi sulla disputa parallela per i finanziamenti Usa a Boeing la quale darebbe a Bruxelles margini per proporre contromisure. Con la nuova consultazione gli Usa minacciano di aumentare i dazi fino al 100% in valore e di estenderli a prodotti simbolo del Made in Italy, dopo l’entrata in vigore il 18 ottobre 2019 delle tariffe aggiuntive del 25% che hanno colpito per un valore di mezzo miliardo di euro specialità italiane come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, Provolone ma anche salami, mortadelle, crostacei, molluschi agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello.
L’export del Made in Italy agroalimentare in Usa nel 2019 è risultato pari a 4,7 miliardi – precisa Coldiretti – ma con un aumento del 10% nel primo quadrimestre del 2020 nonostante l’emergenza coronavirus. Il vino con un valore delle esportazioni di oltre 1,5 miliardi di euro, è il prodotto agroalimentare italiano più venduto negli States mentre le esportazioni di olio di oliva sono state pari a 420 milioni ma a rischio è anche la pasta con 349 milioni di valore delle esportazioni. Un settore fino ad ora in crescita nel 2020 nonostante l’emergenza coronavirus con un aumento del 10,3% nel primo quadrimestre dell’anno. “Occorre impiegare tutte le energie diplomatiche per superare inutili conflitti che nulla hanno a che vedere con il comparto agricolo e che rischiano di compromettere la ripresa dell’economia mondiale duramente colpita dall’emergenza coronavirus”, afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini. “L’Unione Europea ha appoggiato gli Stati Uniti per le sanzioni alla Russia che come ritorsione ha posto l’embargo totale su molti prodotti agroalimentari, come i formaggi, che è costato al Made in Italy 1,2 miliardi in quasi sei anni ed è ora paradossale che l’Italia si ritrovi nel mirino proprio dello storico alleato, con pesanti ipoteche sul nostro export negli Usa. Al danno peraltro si aggiunge la beffa poiché il nostro Paese si ritrova ad essere punito dai dazi Usa nonostante la disputa tra Boeing e Airbus, causa scatenante della guerra commerciale, sia essenzialmente un progetto francotedesco al quale si sono aggiunti Spagna ed Gran Bretagna”.
Intanto il presidente Trump, in visita nella filiale Usa di Fincantieri (“Benvenute le aziende che investono da noi”) è inarrestabile. Il suo pensiero si riassume nella dichiarazione rilasciata ieri: “Abbiamo votato nella Prima guerra mondiale, abbiamo votato nella Seconda guerra mondiale: ora abbiamo un virus che per novembre sarà molto rallentato e dobbiamo votare”.