“Non per sminuire il Moscato d’Asti, ma esiste un’altra versione che ha l’obiettivo di sviscerare tutte le potenzialità del vitigno moscato bianco”, spiega Fabio Grimaldi di Cascina Lodola, a Cossano Belbo (Cuneo). Scoprire, aprire nuove strade. Non fermarsi a ciò che si conosce. Prosegue il nostro stop & go piemontese in collaborazione con Ais Asti. A Casa Crippa, enoteca di Canelli e ristorante per veri gourmet che ha sede in una cantina storica, incontriamo Fabio: passione per il Moscato, per i rally e la velocità, idee chiare, è uno dei giovani imprenditori che ha voglia di sperimentare e che anima la dinamica associazione Escamotage, che ha un suo disciplinare interno. Con questi ragazzi scopriamo nuove interpretazioni del Moscato, secco, fra barrique e acciaio. “In Trentino è il Moscato giallo che viene vinificato secco. Sul territorio di Asti la nostra versione rompe gli schemi tradizionali. Siamo solo all’inizio di un percorso”, spiega. L’associazione Escamotage, che riunisce una decina di produttori, nasce due anni fa. “Inizialmente volevamo chiamare il nostro Moscato ‘Camo’ perché l’associazione ha sede a Camo, una frazione di Santo Stefano Belbo. Non si poteva per questioni legali e quindi abbiamo optato per es-camo-tage. Ognuno di noi ha la sua versione. Sono vini completamente differenti l’uno dall’altro, da suoli principalmente di marna con esposizioni e altitudini diverse. La maggior parte lo fa in acciaio”, racconta.
Patito di Borgogna, quando ha iniziato a vinificare, nel 2017, Fabio è partito subito con la versione secca del Moscato: il suo Finalmente (”si chiama così perché è stato il mio primo vino”), da uve di un sorì e di una vigna vecchia che aveva piantato il nonno, matura in barrique, che gli conferisce un potenziale di invecchiamento. “Il mio sogno era fare un bianco in legno e, non avendo chardonnay nei miei vigneti, l’ho fatto con il Moscato, che fa 10 mesi in barrique di secondo passaggio, compresa la fermentazione. Poi ho iniziato a vinificare il Pinot nero”, continua. “Ho imparato questo mestiere da Ignazio Giovine. Le uve migliori le tengo per me e le vinifico, il resto lo vendo. Sono un contadino al cento per cento”.
Moscato che sia nella versione secca sia in quella tradizionale dolce ci diverte con abbinamenti gourmet atipici a contrasto. “Nell’abbinamento gourmet del piatto non si può semplicemente servire il Canelli. Il Canelli va abbinato”, dice Gianmario Cerutti di Cascina Cerutti e presidente del Canelli Docg. A tavola si incomincia col Moscato secco Finalmente 2019 barricato: sensazioni di fiori gialli, ricordi di miele, frutta esotica matura, richiami boisé che danno complessità. Interessante l’Insolito 2020 di Teresa Soria, realtà vitivinicola di Emanuele Contino, che fa solo acciaio: verticale, sensazioni floreali, più fresche, che ricordano quasi i primari dell’uva. Si continua con la versione tradizionale dolce di Gianmario Cerutti: il Surì Sandrinet è un grande vino del territorio, che nell’annata 2015, che diventerà Canelli Docg Riserva, si fa ricordare per la sua atipica e raffinatissima nota di zafferano, per sensazioni che richiamano il passito e il Riesling, conservando freschezza e leggerezza di beva. Il Moscato non solo invecchia ma diventa un altro vino, come dicono da queste parti, e quindi crea sensazioni uniche, in questo caso fra zafferano e agrumi. Nella versione 2020 è un vino giovane dolce e molto fresco. “Se svolgesse tutti gli zuccheri raggiungerebbe 13,5% Vol.”, spiega. Lo chef ci conquista: baccalà mantecato alla Matriciana; gnocchetti di seirass con zucca, funghi porcini e blu di capra; petto d’anatra glassato al Moscato con agrumi; crema alla lavanda con spuma di caprino fresco e nocciola. Divino il salmone marinato con crema d’arancia, il bacio di dama salato con mousse al salame cotto e il finto pomodoro con al suo interno crema di formaggio.
Il tempo ci dirà quale sarà la strada del Moscato bianco secco: legno o acciaio? Intanto a noi Finalmente 2019 di Fabio Grimaldi convince sia al naso sia al palato.