Le regole sono un valore o un disvalore? E ancora, l’imbottigliamento in zona è sempre un valore?
Partiamo con ordine. Innanzitutto in questi giorni la dichiarazione di Francesco Liantonio (Valoritalia) sulla certificazione come valore aggiunto al made in Italy e come modello e valore da esportare. In una parola il focus è sull’internazionalizzazione perché “nessuno è bravo come noi italiani nelle certificazioni”, premessa per tentare di esportare questo valore aggiunto in altri paesi “concretizzando un percorso di affiancamento con le imprese, ma anche per tutelare i prodotti nazionali oltre confine”.
Valoritalia, società italiana nata dodici anni fa e leader nella certificazione dei vini a Denominazione di Origine, garantisce la tracciabilità di un prodotto dal vigneto alla sua immissione sul mercato, assicurando il rispetto degli standard di produzione stabiliti nei disciplinari di produzione adottati dai rispettivi consorzi di tutela. Oggi, tra Doc, Docg e Igt, certifica 230 denominazioni di origine, circa il 60% della produzione nazionale dei vini di qualità. Quindi le parole di Liantonio rivestono un certo peso specifico. Alla luce di quanto affermato da Liantonio sull’esportabilità del nostro valore nel saper fare le certificazioni, è un valore mantenere la certificazione e l’imbottigliamento sul territorio nazionale, tema finora rimasto un tabù? “Su vini blasonati con un territorio molto forte alle spalle, come Barolo o Barbaresco per esempio, ci sta il discorso sull’imbottigliamento in zona. Così per il Valpolicella: se riesce a gestire il processo produttivo all’interno e anzi manca prodotto perché il Valpolicella è in crescita e gli imbottigliatori sul territorio sono bravi, bene. Nel momento in cui, però, sul Pinot grigio ci fossero difficoltà di produzione, stiamo all’erta a non perdere imbottigliatori in giro per l’Italia e per il mondo che potrebbero allinearsi con il nostro sistema di controllo”, commenta Albino Armani, presidente del Consorzio Vini Doc delle Venezie.
Da tre anni è ammesso imbottigliare Pinot grigio delle Venezie fuori zona. Con i suoi quasi 27mila ha di vigneto di cui 14 mila rivendicati DOC delle Venezie, la più estesa denominazione a livello nazionale chiude il 2021 con un +5,11% di imbottigliato (+89.517 hl), circa 12 milioni di bottiglie da 0,75 l in più rispetto al 2020, ben il 77% del +6% messo a segno dal Pinot grigio del Triveneto, con un totale di circa 229 milioni di contrassegni distribuiti da Triveneta Certificazioni (15 milioni in più dell’anno precedente). “Concordo con quanto affermato da Liantonio. Bisogna che almeno all’interno crediamo nel valore delle certificazioni, altrimenti torniamo al far west delle Igt, dove non ci sono regole, si imbottiglia dove si vuole, sullo stile dei paesi dell’Est che piantano pinot grigio senza i controlli che abbiamo noi sulla filiera produttiva, con il rischio che in una bottiglia ci sia solo il 50% di Pinot grigio e il resto non si sa”. Continua: “Ci possono essere alcune varietà, come il Pinot grigio, dove ci sono n denominazioni locali che fanno imbottigliamento in zona nel Nord Est dell’Italia. Il Pinot grigio delle Venezie non ha fatto questa scelta perché imbottiglia fuori zona circa il 10-15% della propria produzione. Fuori zona non significa solo Usa o Germania, ma anche Piemonte o Lombardia, dove ci sono imbottigliatori che utilizzano questa denominazione rispetto ad altre. Ritengo che su alcune denominazioni possa essere accettabile e auspicabile che si inizi a ragionare in termini di collegialità e di pariteticità delle regole”. Affonda: “A volte questo atteggiamento campanilistico funziona perché è un valore del territorio, ma quando il territorio non è in grado di sviluppare dei progetti non vale forse la pena, a parità di controlli, un’apertura? Se per Liantonio siamo i più bravi a gestire le certificazioni e il controllo del prodotto, se è vero questo, la certezza che non si possono fare furbate ce l’ho, quindi perché ostacolare solo per partito preso un imbottigliamento fuori zona? Non è la fase dell’imbottigliamento che mi interessa, ma il ritorno economico di tutti i produttori sul territorio. A volte ci si confronta con dei sepolcri imbiancati. In alcune zone si lavora ancora tanto con l’Igt e quindi ci sono poche regole: si imbottiglia quanto prodotto si vuole, senza alcun controllo, senza passare da commissioni di degustazione. Noi siamo passati dall’Igt alla Doc con fascetta di stato, dove per chi non ottempera il penale è pesantissimo, abbiamo creato le regole, basti pensare che Triveneta Certificazioni gestisce 4 enti di certificazione diversi su tre regioni, con la certezza che il Pinot grigio del Triveneto passa da un vaglio che mi fa capire se la filiera è interessata a lavorare in maniera virtuosa”.
Il comunicato con la dichiarazione di Nicholas Paris, della direzione Wine & Spirits Education del colosso E. & J. Gallo Winery, primo imbottigliatore mondiale, che vive una situazione deregolamentata come quella del mercato americano, non lascia indifferenti. “Scegliere un prodotto fascettato comporta responsabilità, è un valore enorme. E se lo fa Gallo, che aderisce al progetto delle Venezie, vuol dire che le nostre regole funzionano. È fondamentale il sostegno dei partner oltreconfine, in primis Germania, UK e USA, imbottigliatori cui la DOC nell’ultimo anno ha consegnato 198.795 hl, ossia un +3,11% rispetto al 2020, e dei grandi acquirenti esteri che, anche a fronte dell’incremento del valore economico del Pinot grigio delle Venezie, che a partire dal mese di giugno e fino a dicembre 2021 ha registrato un aumento di circa il 30%, continuano a lavorare sulla nostra denominazione”, conclude Armani.