Un paio di mesi fa, poco prima che venissimo messi tutti in convalescenza preventiva obbligatoria, avevo invitato a cena degli amici che lavorano nell’enologia. Uno dirige una celebre cantina, un altro è il responsabile, per un grande quotidiano, delle pagine che trattano vini, ristoranti e resort e l’ultimo è un sommelier. Di questo collaudato gruppetto io sono quello che di vino sa meno, e al tempo stesso l’unico che il vino lo compra. Agli altri, beati loro, invece viene regalato. Così io cucino e loro portano da bere. 
Queste cene tra di noi le chiamiamo “le accanite”, perché sono dei banchetti da orchi, in cui si divora tutto senza vergogna né remore, come se il colesterolo fosse una mera astrazione, tale e quale alla concezione del cosmo dei terrapiattisti. 
Ci sono però delle regole: la più importante, e a ben vedere forse l’unica, è quella dell’alto/basso. Provo a spiegarla: si deve sempre cercare il contrasto. Ad esempio i vini devono essere di alto livello, raffinati, ma le portate sono sempre quelle della tradizione regionale più ruvida. Trippa, frattaglie, baccalà, stufati e fricassee, fatti fuori dai menu dei ristoranti da inutili carpaccini e vellutatine,  tornano in quella occasione sulla tavola, e in porzioni da lottatore di wrestling. Anche le chiacchiere devono intonarsi a questa disarmonia. Dopo cena, amari, dolce e grappa io avevo gli occhi che si chiudevano e così mi sono spaparanzato sul divano, limitandomi a seguire i discorsi degli altri. Mentre lottavo come un leone contro il sonno loro hanno iniziato a volare alti: «Dobbiamo fondare un giornale che compri ogni singola bottiglia di vino di cui fa l’assaggio, così sarà libero di dire sempre la verità» diceva uno, l’altro lo incalzava: «In un periodico indipendente, autorevole e al servizio del lettore, le cantine faranno a gara per comprare pagine di pubblicità, ne va del loro prestigio. E se faranno pressioni, finiscono sulla lista nera». «Pensa che gusto dire finalmente la verità su tutti quei vini costosi e sopravvalutati, osannati solo grazie al marketing» rifletteva il sommelier. Sembrava tutto deciso, anche perché lo spazio sul mercato c’è per una pubblicazione così. Era già stata decisa persino la rubrica più importante: il più raffinato conoscitore di vino della redazione su ogni numero avrebbe provato 10 vini comprati al supermarket, tra quelli economici. Insomma, il nuovo mensile era praticamente tutto ideato quando mi sono svegliato di soprassalto. Non ci sarete cascati anche voi? Certe cose accadono solo nei sogni.