Non solo rosati fermi. Nel Salento, in particolare in questi ultimi due anni, è aumentata la produzione di bollicine rosé e di aziende che ci credono, tanto che la cantina Coppola, di Gallipoli, propone il disciplinare per la produzione di spumante da uve negroamaro, che metterebbe ordine nel settore e nell’Igt Metodo classico da negroamaro, valorizzando al contempo un vitigno a bacca nera storico, versatile, identificativo di questo terroir, che per la sua spiccata acidità si presta molto bene alla spumantizzazione e seduce i ristoratori sul mercato domestico, anche se molta strada c’è ancora da fare dal punto di vista del marketing territoriale per legare sempre di più questa tipologia ai prodotti regionali e collocarla nella proposta di alta qualità della ristorazione locale in una adeguata fascia di prezzo. A sdoganare lo spumante in Puglia è stato d’Araprì, a San Severo, nel cuore della Daunia, nell’estremo Nord della regione, che produce esclusivamente Metodo classico e accanto agli autoctoni, come il bombino bianco, utilizza uve internazionali. Nel Salento il fermento è sul negroamaro per creare qualcosa di inimitabile altrove. “Bisogna lavorare su un prodotto molto tipico, che identifica il nostro territorio in maniera unica e inequivocabile per evitare di entrare in collisione con zone spumantistiche di antica tradizione. La richiesta sul mercato domestico c’è. Ora bisogna puntare a un disciplinare, anche se i tempi comunitari non saranno brevi. Con l”introduzione della tecnologia del freddo, che ci aiuta nella spumantizzazione in un territorio caldo come il nostro, più una serie di altri accorgimenti che non esistevano ai tempi dei nostri padri, è ora di iniziare seriamente a pensare a delle regole per valorizzare al meglio questo straordinario prodotto”, commenta Massimiliano Apollonio, la cui azienda, molto attiva e dinamica, nel periodo del lockdown ha tenuto grazie a un consolidato mercato asiatico. “Col negroamaro, un vitigno che è legato al Salento dal 1300, quando i monaci basiliani giunti dalla Turchia piantarono le prime barbatelle, si riescono a produrre grandi rossi e rosati, ma si possono creare anche ottimi spumanti Metodo classico o Charmat perché l’acidità è importante e il ph basso. Qualcuno lo vinifica in bianco, senza alcun contatto con le bucce. L’attenzione però è tutta sul rosato, che è una nostra caratteristica. Il primitivo cresce bene in diversi territori, invece il negroamaro ha il suo habitat ideale qui, non ha trovato diffusione altrove, nemmeno in Texas e in Arizona, dove avevano provato a piantarlo. La nostra cantina produce anche una bollicina metodo Charmat da verdeca, solo seimila bottiglie, che abbiamo messo in commercio quando abbiamo capito che non saremmo usciti con il Metodo classico rosé a Natale”, continua Apollonio, che commercializzerà prossimamente lo spumante da negroamaro, il Noè, in onore al fondatore, da vendemmia 2016. “È il nostro Diciotto Fanali che si è fatto un anno in botti di acacia e poi lo abbiamo imbottigliato come spumante e non come rosato fermo, ma con vendemmia separata e anticipata rispetto alle uve per il Diciotto Fanali classico. È in bottiglia sui lieviti già da quattro anni. L’ideale sarebbe metterlo in commercio in occasione della presentazione del libro ‘Puglia, una storia da premio’, dedicato al Premio Apollonio, che raccoglie il contributo di tutti gli artisti che abbiamo ospitato nel corso degli anni: da Neri Marcorè a De Gregori, Battiato, Giuliano Sangiorgi, Ferzan Ozpetek, Sergio Rubini, per citarne alcuni”. Un modo per calamitare l’attenzione sul prodotto, per far capire che il Salento sulle bollicine può dire la sua, in particolare sulle bollicine rosé da vitigno autoctono.