A cena stravolgendo i paradigmi. Il gioco sta tutto nell’equilibrio fra dolce e salato, in quell’abbinamento perfetto che da sempre mette alla prova i migliori cuochi.
Siamo fra Monferrato e Langa, sulle colline del Canelli Docg, cru del Moscato d’Asti, alla sua prima vendemmia ufficiale dopo il lungo iter che ha portato prima all’istituzione della sottozona Canelli nel disciplinare dell’Asti Docg – tipologia Moscato d’Asti e poi al riconoscimento della Docg nel 2019. Oggi il Moscato bianco ha il suo vertice qualitativo nella nuova Dop. L’emozione è nell’aria. “Finalmente siamo Canelli”, esordisce, durante i saluti di benvenuto, nella prima di tre cene evento con protagonista il Canelli Docg, Gianmario Cerutti, enologo, vignaiolo e presidente dell’Associazione Produttori Moscato Canelli, che ha organizzato la serata all’Osteria dei Meravigliati. Il ristorante dell’Enoteca di Canelli e Astesana, nella Canelli descritta da Monti, Fenoglio, Pavese, Monticone, con pareti affrescate dall’artista astigiano Antonio Catalano e un cortile interno dove è possibile sedersi a tavola, è a pochi passi dalle cattedrali sotterranee dichiarate dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità.


Un modo per capire gli abbinamenti culinari con il Moscato Canelli Docg, fin dove ci si può spingere nel connubio con cibi sapidi, con tendenza acida o amarognola, speziati. Archiviata ormai da tempo l’atavica consuetudine che voleva il Moscato in abbinamento solo con i dolci, le cene propongono una riflessione a tavola stuzzicante, raffinata, oserei dire culturale, sicuramente di approfondimento per avvicinare i millennials al vino con le proposte della mixology, accattivanti nella loro contemporaneità, come il Moscato Zen, cocktail a base di Canelli, liquore ai fiori di sambuco, estratto di zenzero e limone, o come l’Asticoccola con Moscato di Canelli Riserva, grappa di Moscato giovane, succo d’arancia, confettura di albicocche, o, ancora, con l’Oro Bianco a base di Moscato di Canelli Riserva, grappa di Moscato invecchiata in botti di Sauternes, liquore Abricòt e salvia.

Ma anche un modo per sperimentare annate, affinamenti, consistenze, sapori, regalando piacevoli esperienze di degustazione a contrasto. Esperienze che aiutano a comprendere il genius loci. Aristotele diceva che si ama quello che colpisce e si è colpiti da ciò che non è ordinario. Per Charles Bukowski quando si tende a fare le cose che fanno tutti gli altri si diventa tutti gli altri. Quindi, perché no l’aromaticità del Moscato con certi tipologie di pizza, o con certi formaggi anche stagionati, o con le cucine etniche emergenti dal gusto piccante, o con quella giapponese? E ancora, perché no l’azzardo del Moscato nelle sue versioni più equilibrate quanto acidità e zuccheri con le carni bianche o i salumi? Fondamentale la temperatura di servizio, sugli 8-10° C, per abbassare la sensazione zuccherina ed esaltare la parte acida. “Oggi si scopre il piacere di abbinare il Canelli, che ha una maggiore freschezza e una dolcezza più bilanciata rispetto a qualsiasi altro Moscato, con piatti salati. A Casa Crippa lo avevamo affiancato, in una versione invecchiata di 4 o 5 anni, all’anguilla”,  spiega il sommelier Davide Canina, responsabile delle carte dei vini dei ristoranti stellati in Piemonte.


Si parte con un cocktail a base di Moscato Canelli e bitter della Canellese in accompagnamento con tacos al blue e si prosegue con il Canelli di Gianfranco Torelli – cantina a Bubbio, nella Langa astigiana, il cui Moscato d’Asti nel settembre del 1992 ottenne la primissima certificazione da agricoltura biologica in Italia – che accarezza il palato con il tris di acciughe.

A seguire la cantina Il Falchetto – di Santo Stefano Belbo – con il suo “Tenuta del Fant” ad accompagnare la tartare di salmone, mascarpone al lime, caviale di soia e yogurt in due consistenze.

Il Canelli 2021 “Sorì dei fiori” di Beppe Bocchino – dove “sorì” indica la cima della collina sempre soleggiata –  bilancia la pizza gourmet al trancio e L’Astralis 2018 di Mongioia – filtrato goccia a goccia come cento anni fa in sacchi di cotone – è, grazie al cambio repentino di bottiglia che ne tradiva la stoffa, un’esplosione vibrante e accattivante di aromi, frutta matura quasi essiccata, profumi terziari, erbe aromatiche e spezie, perfetto con i tajarin cacio, pepe e nocciola. Riccardo Bianco dell’azienda Mongioia consiglia il Canelli con trota in carpione, cinghiale in agrodolce, culigiones e, perfino, con rane fritte alla novarese.


“Questa è la nostra prima vendemmia come Canelli Docg, una denominazione che abbiamo fortemente voluto per dare la giusta dignità al territorio e al vino. Dopo il lungo percorso che ci ha portati prima al riconoscimento italiano e poi a quello europeo, il Canelli è una realtà”, spiega Gianmario Cerutti. “Per il primo anno introdurremo finalmente nelle nostre cantine dei grappoli targati Canelli Docg, a suggellare un legame storico con un vitigno che è il Moscato ma, soprattutto, un legame a doppio filo con questi luoghi particolarmente vocati alla sua coltivazione. Il Moscato è un grande vitigno che in un grande territorio e con un grande clima esprime all’ennesima potenza le sue caratteristiche tipiche aromatiche. Il Canelli è equilibrio fra la componente acida e quella zuccherina, ma soprattutto è capace di invecchiare. Nel disciplinare, infatti, oltre al Canelli Docg, che viene imbottigliato l’anno successivo alla vendemmia, è previsto anche il Canelli Riserva, che dopo tre anni dalla raccolta e almeno venti mesi in bottiglia può fregiarsi della suddetta menzione. Fino a un percorso di immortalità che arriva a molti anni di invecchiamento, cosa che non ci si aspetterebbe da un vino bianco dolce”.
Oggi iscritti alla denominazione Canelli sono circa 350 ettari, per un totale di seicentomila bottiglie. Sono cantine medio piccole, tutte con la vigna. “In questo contesto le mappe diventano fondamentali per puntare il dito sul territorio che è alla base della denominazione. A noi interessa dire da dove veniamo perché veniamo da posti unici”, continua Cerutti.
Il vitigno ha tracce di esistenza in loco già nel XIII secolo. Storia, tradizione, territorio, unicità. A quanto è giusto vendere una bottiglia? “Oggi il Canelli per dove si origina, per le regole ferree, i limiti produttivi e per quello che ci costa produrlo è una bottiglia che si deve porre in una fascia di prezzo più alta di quella del Moscato d’Asti. Nel disciplinare abbiamo definito altezze minime, massime, esposizioni, cercando di individuare un areale vocato nei diciassette comuni che possono fare il Canelli sui cinquantadue del Moscato d’Asti. Di questo fazzoletto di comuni dieci sono solo porzioni di territorio”.
Quelli del Canelli sono suoli bianchi che a seconda delle zone possono avere più componente sabbiosa o limosa. Fil rouge un alto contenuto di calcare perché originano da fondali marini innalzatisi milioni di anni fa.
“Da un grande comprensorio che produce grandi vini, quello del Moscato d’Asti e dell’Asti spumante, siamo andati a selezionare pochi ettari, che potrebbero essere ben pochi di più, in cui abbiamo cercato l’essenza del vitigno”. Conclude: “In questo momento l’impianto è bloccato, quindi chi ha iscritto ettari fino alla fine di giugno, o ha rivendicato le superfici, può oggi fare il Canelli. Non è possibile piantare liberamente il vitigno per produrre Canelli Docg se non con future autorizzazioni”.
Non ci resta che goderci il vino: nel bicchiere aromaticità, freschezza, equilibrio e capacità di invecchiare nel tempo. La vera meraviglia.