Alla Milano Wine Week il messaggio di Carlo Veronese, direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese, è chiaro. La pandemia ha mostrato le debolezze del nostro pianeta, ora bisogna ripartire uniti, propositivi, con voglia di fare, focalizzandosi su ciò che di bello e buono c’è in un territorio perché “i panni sporchi si lavano in casa, discutendo intorno a un tavolo”, condizione necessaria nel post Covid-19 per avere uno sguardo sempre più “export oriented”. Incontriamo il direttore a una delle masterclass moderate da Francesco Beghi, responsabile territoriale del Gambero Rosso. Veronese fa il punto della situazione dopo il primo anno al timone di questa realtà consortile in crescita quanto a nuovi soci nonostante la sua direzione sia arrivata in un momento straordinariamente difficile, in cui a essere sconvolti sono gli equilibri economici mondiali e con essi i mercati e i principali eventi di promozione del settore. “L’Oltrepò Pavese può contare su oltre tredicimila ettari vitati ed è la seconda area vinicola al mondo per la produzione di Pinot nero dopo la Borgogna. In un territorio così vasto, con tante denominazioni, vocato a produrre diverse varietà di uva è difficile se non impossibile mettere d’accordo tutti. Comunque riscontro più cose positive che negative e la masterclass di ieri con otto aziende che lavorano bene, e devono essere di traino alle altre, lo ha dimostrato. Solo così si cresce”. E continua: “Per alzare il valore di una denominazione bisogna fare un discorso unitario, di insieme. Se non portiamo in giro il nome del territorio non facciamo bene il nostro lavoro. In Lugana, per parlare di una realtà che conosco in maniera approfondita, questo accade da diverso tempo e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Invece in Oltrepò quelli che ci credono meno in questo momento sono proprio molti produttori, che sono anche quelli che ci dovrebbero credere di più. Risulta quasi ridicolo che a spronarli debbano essere personaggi esterni come me. C’è stato un grande lavoro di promozione di Regione Lombardia e questa è la base di partenza per tutti”. Conclude: “Abbiamo iniziato il 2020 con un evento a Parigi, che è andato bene, quando ancora non si parlava di Covid-19. Ne è seguito un altro a Copenaghen con Regione Lombardia e Gambero Rosso, anche questo con riscontri positivi. Poi il vuoto. Non abbiamo fatto Prowein, su cui sui puntavamo molto, così è stato anche per Vinitaly e per gli incoming di stampa estera. Comunque non ci siamo mai fermati con la testa: il nostro è stato un lavoro di promozione ovunque ci capitasse di farlo, siamo riusciti ad ospitare sul territorio quasi tutte le guide, abbiamo portato Falstaff che ha fatto una degustazione di Metodo Classico riconoscendoci una grande qualità a un prezzo invidiabile. Questo però è un aspetto da migliorare perché i prezzi sono ancora troppo bassi considerata l’eccellenza dei prodotti. Nel momento in cui il vino sarà conosciuto come deve e merita, i valori dovranno essere rapportati alla nuova situazione, che non significa farli scoppiare ma semplicemente adeguarli. Il prossimo appuntamento sarà a fine ottobre un tour di masterclass all’interno delle associazioni legate al vino, fra cui Onav e Ais, a seguire il Merano Wine Festival e a dicembre il Best Wine Stars”.