Una serata per approfondire, con una panoramica sulle migliori zone del mondo dove lo si produce, uno dei miei vitigni e vini bianchi preferiti: il Riesling Renano. Resistente al freddo, di maturazione lenta e tardiva, di ottima capacità di invecchiamento e altrettanto ottima acidità, ma anche mineralità, graffi di pietra più che profumi fruttati, tocchi fumé, sbuffi di idrocarburi in gioventù che col passare del tempo diventano precisi marcatori, quei sentori di gasolio e kerosene derivanti da una reazione chimica, in gergo TDN (trimetil-diidro-naftalene). Un vino in cui la forza è la verticalità a dispetto di pienezza, potenza e alcolicità. Sicuramente degno di rilievo nelle versioni spumantizzate, più conosciuto da vendemmie tardive, possibili grazie alle nebbie diffuse lungo il Mosel, che favoriscono lo sviluppo della botrytis cinerea o muffa nobile, con evaporazione di acqua dagli acini e consequenziale innalzamento della concentrazione zuccherina. La Mosella è riconosciuta quale terra dell’eccellenza per i suoi eiswein (progenitori degli icewine canadesi), i muffati e i passiti. Oggi, nonostante persista la prestigiosa tradizione dei vini dolci, il gusto, complice anche una nuova generazione di produttori che interpreta il Riesling in chiave stilistica più attuale e in sintonia con le cucine emergenti del mondo, sta virando in una direzione: vini più secchi come, per esempio, i Kabinett, ossia il “vino da dispensa”, da uve surmature, fino a 60 grammi g/l di zuccheri residui, se non addirittura Trocken, con residuo zuccherino inferiore a 9 g/l, una svolta rispetto agli elevati se non elevatissimi contenuti zuccherini cui le grandi weingut tedesche ci avevano abituati, tali per cui non sempre la freschezza, seppur ben presente, riusciva a bilanciare la dolcezza al palato.
(La Mosella nei pressi del borgo di Bremm)
L’occasione di confronto e discussione si è presentata in una realtà vinicola di recente formazione (ma viticola di storica tradizione), cantina Taia, a Montecalvo Versiggia, della famiglia Scarabelli, alla sua prima annata in commercio con il Riesling Renano. Siamo nella valle del torrente Versa, in Oltrepò Pavese. L’enologo Nicola Biasi, di origini friulane, passaporto anche australiano, è consulente di diverse realtà produttive ma soprattutto è il creatore del Vin de la Neu (vino della neve), nel cuore delle Dolomiti, a più di 800 metri di altitudine (“ho tolto le coltivazioni di mele e piantato viti”). In Mosella è diventato produttore di Riesling Renano, insieme a Martina Casagrande, grazie a un piccolo vigneto a Briedel di tremila metri quadrati, a 400 metri di altitudine e a picco sul fiume. “Questa zona in passato veniva considerata di minor pregio perché era la più fredda, a nord, con esposizione nord-est, motivo per cui le uve non maturavano mai. Fino a vent’anni fa nessuno ci piantava nulla, oggi, con il cambiamento climatico che sta ridisegnando le mappe della viticoltura, tutti vanno a comperare terreni lì. La temperatura più alta l’altro giorno quando vendemmiavo, alla una, era di 10 °C. Questo clima favorisce la muffa nobile, le muffe negative fanno invece fatica a svilupparsi”, racconta Biasi. “La Mosella funziona perché è un insieme di territorio e uomo, entrambi fondamentali. C’è un grande rispetto del vigneto e dell’uva. Ogni vendemmiatore porta con sé due secchi perché nel grappolo si possono riscontrare tre tipologie di acini: quelli perfetti che finiscono da una parte, quelli botritizzati per vini con residui zuccherini importanti, come gli Auslese, dall’altra e quelli colpiti da muffa non nobile che finiscono a terra. Si prende in mano il grappolo e si fanno tre o quattro tagli con cognizione di causa, ovviamente per raccogliere l’uva bisogna essere esperti, non basta tagliare. Noi abbiamo vendemmiato dieci quintali in un giorno in sette persone, qui da noi, a parità di tempo, se ne vendemmiano cento. Con questo approccio culturale in vigna, serve fare poco in cantina, solo non combinare errori”. Continua: “Per il momento vinifichiamo da un produttore nostro confinante. L’obiettivo è arrivare a un migliaio di bottiglie di altissima qualità. Un Riesling secco, fine, con acidità tagliente. Sono questi i Riesling che amo di più. In generale sono un grandissimo fan dei bianchi che fanno la maloattica, cosa che in Italia fa arricciare il naso di molti, invece apporta complessità e longevità”. Da qui la sua passione per il vitigno mitteleuropeo. “Il nuovo gusto che da qualche tempo si sta affacciando sulla scena mondiale tiene conto anche del cambiamento climatico in atto. I vigneti dovranno spostarsi più a nord e fortunatamente il vitigno che saprà intercettare al meglio quella per ora è una previsione sul futuro è il Riesling, che ama le zone fredde e i fondovalle perché germoglia molto tardi e quindi non soffre il problema delle gelate primaverile. I grappoli sono piccoli, la buccia spessa. Difficilmente ha problemi di malattie fungine e riesce ad arrivare a maturazione ottimale”.
Dei nostri assaggi il minimo comun denominatore non è l’opulenza ma l’eleganza. Sono vini che non giocano la partita sulla concentrazione. Si parte con un aperitivo di una cantina della Mosella, il Metodo Classico 2019 Winzersekt Brut Riesling di Zum Eulenturm, 36 mesi sui lieviti, sboccato ad aprile 2023, in realtà un extra brut (3 g/l zuccheri) fermentato in botti di legno da 10 ettolitri, ma la nota del legno non si percepisce. In abbinamento con crepes ripiene di besciamella e verdure croccanti si prosegue con il Riesling alsaziano biologico 2020 di Willm, cantina a 36 km a sud di Strasburgo, sulla strada dei vini di Alsazia (oltre che primo produttore alsaziano a esportare negli Usa). Il suo è un vino vinificato in acciaio, dai leggeri ricordi di idrocarburi, che accompagna il piatto senza sovrastarlo. I vini alsaziani hanno un carattere più grasso e più rotondo di quelli tedeschi.
Con il risotto castelmagno e pere un Oltrepò Pavese, quello dei padroni di casa, il Riesling Renano 2022 di Cantina Taia, ancora giovanissimo, 1 g/l di zuccheri residui, fermentato in cemento, di grande piacevolezza di beva, verticale e con potenziale evolutivo, che accompagnerà anche la suprema di pollo in lenta cottura con ripieno di peperoni. Per la frolla di frutta fresca il 2021 della neozelandese Greywacke, una cantina nel Marlborough, l’area viticola a pianura alluvionale nel nord dell’Isola del Sud, vitata per circa l’80% a sauvignon blanc, con clima fresco simile a quello della Germania, lunghe stagioni di crescita combinate con il lento processo di maturazione. In grande espansione anche la zona di Martinborough, nella parte meridionale dell’Isola del Nord. Il Riesling in degustazione è un vino abboccato, sui 20 g/l, ma con una buona tensione grazie alle uve vendemmiate in leggero anticipo. “La Nuova Zelanda ha la stessa superficie vitata a riesling dell’Oltrepò Pavese, un centinaio di ettari”, spiega Biasi. “Se in Oltrepò ci fosse la maniacalità della Mosella, pur nelle ovvie differenze stilistiche, potremmo trovare la stessa qualità. L’Oltrepò dovrebbe darsi un obiettivo alto perché ha tutte le potenzialità per produrre grandi Riesling, più dell’Alto Adige. Fare Riesling implica a monte una certa visione di conduzione del vigneto. Una sua cura maniacale. Serietà e precisione nella testa del viticoltore”.
Il Riesling, è il vitigno principe della Germania con i suoi 23000 ettari vitati, quasi i 2/3 di tutto il Riesling del mondo. Siamo lungo il cinquantesimo parallelo, all’altezza dell’Alaska meridionale. Il clima fresco contribuisce a far maturare le uve molto lentamente, dando loro il tempo di formare estratto e sostanze aromatiche e soprattutto inducendo una buona acidità. Culla d’elezione incontrastata è la zona sud-ovest, anticamente chiamata Mosel-Saar-Ruwer, che da sola ne produce circa la metà, un’area in cui scorre il Mosel prima di sfociare nel Reno vicino a Coblenza. Si produce Riesling (un po’ più strutturato e meno acido di quello della Mosella) anche nella zona collinare del Rheingau, a destra del Reno, territorio che ha una storia vitivinicola antica con i monaci benedettini e cistercensi che nel Medioevo coltivavano la vite: è nel monastero cistercense di Eberbach che ha avuto origine il tentativo di sostituire i vitigni a bacca rossa con il Riesling. Importanti anche le regioni vicine come il Rheinhessen o Assia Renana, fra le più grandi regioni vinicole della Germania, la Nahe e il Palatinato. Segnaliamo quanto a qualità anche i 4400 ettari dell’Australia, gli oltre 3300 dell’Alsazia, una delle regioni vitivinicole più settentrionali della Francia, i 1900 dell’Austria, dove ottimi Riesling si trovano nella zona del Wachau (anche se il vitigno principe è il Gruner Veltliner), i 700 dell’Italia, di cui 104 ettari si trovano in Oltrepò Pavese, lungo il 45° parallelo. A emergere Nuova Zelanda e Australia: Clare Valley, nella parte meridionale, a nord di Barossa, con Riesling più fruttati e con più corpo rispetto a quelli tedeschi, Eden Valley, a una maggior altitudine, con vini meno alcolici e più floreali dei primi e, secondo Nicola Biasi, anche Yarra Valley, nello stato del Victoria, più conosciuta per spumanti e Pinot neri comparabili con la Borgogna (“A meno di un’ora a nord-est di Melbourne, a ridosso dell’Oceano Pacifico, i Riesling sono molto interessanti ed eleganti grazie a un clima tra i più freschi e umidi dell’Australia).
In Italia se fino a qualche anno fa l’Alto Adige era il regno incontrastato per la produzione qualitativa del Riesling Renano, giocato sull’opulenza, nell’ultimo decennio è cresciuto esponenzialmente l’Oltrepò Pavese, quei territori lungo la vena di marna gessosa che ha un certo accento germanico e passa da Oliva Gessi, dove il gesso affiora allo sguardo.
(Vendemmia a ottobre, Weingut Zum Eulenturm, Briedel)
La Mosella, certo, fa sognare. Le vigne si trovano sui versanti più caldi ed esposti a mezzogiorno, lungo ripidi pendii. È proprio qui che il Riesling si esprime con caratteri qualitativi unici. Da una parte la composizione vulcanica del terreno, che ha permesso in buona parte il mantenimento di viti a piede franco, dall’altra la stratificazione scistosa di differenti tipi di ardesia, dalle blu alle grigie fino alle rosse, a brevissima distanza, che assorbono il calore di giorno e lo restituiscono di notte. Il Calmont, un vigneto singolo di fama planetaria tra i comuni di Bremm ed Eller, è uno dei più ripidi al mondo con una pendenza fino a 68°: qui la viticoltura è possibile grazie a ferrovie monoraggio che servono come mezzi di trasporto per pali, concime, uva appena raccolta o come mezzo di salita per viticoltori – alpinisti.
Il Riesling, un vitigno a lungo non valorizzato come meriterebbe, giocherà la sua partita nel tempo a venire, alla luce degli effetti del cambiamento climatico.