Dopo grandi realtà produttive del Cuneese e dell’Astigiano anche cantine lombarde sbarcano nel Tortonese, a Monleale per la precisione. “Il territorio attrae investitori perché alla base c’è una squadra ormai consolidata che ci crede e che di conseguenza sa creare eccellenza e valore”, spiega Aldo Dallavalle, alla guida della cantina Finigeto, a Montalto Pavese, che ha deciso di scommettere nelle vicine terre del Derthona (antico appellativo della città di Tortona), areale dal passato agricolo al successo enogastronomico, turistico e imprenditoriale. “Il Derthona in poco più di vent’anni ha registrato significativi incrementi in valore e volumi. E ancora sta crescendo. Il disciplinare è restrittivo. I registi del territorio sono uniti da una parte per far emergere i tratti distintivi del vino e dall’altra per comunicarlo e valorizzarlo nel modo adeguato. Tutti vanno in un’unica direzione, dalla ristorazione all’accoglienza alle enoteche”. Continua: “Queste sono colline più dolci di quelle dell’Oltrepò Pavese e con antichi borghi ancora popolati, vivi. C’è dinamismo, si respira voglia di fare”.
Nel frattempo è cresciuta anche la compagine sociale del Consorzio.
Premessa: colli tortonesi e timorasso, una lunga (e ben riuscita) storia d’amore, in crescita esponenziale in termini di qualità, visibilità e autorevolezza. L’appeal di questo territorio, patria del timorasso, varietà autoctona che ha in Walter Massa il suo più autorevole rappresentante, ha scatenato una vera e propria corsa all’oro bianco.
Siamo nel Piemonte sud-orientale, a un’ora da Milano, Torino, Genova e Piacenza. Una zona che in passato evocava solo vini rossi, come la Barbera, anche quest’ultima in grande spolvero con la sottozona, di spiccata personalità, Doc Colli Tortonesi Monleale, ma che oggi, dopo la felice intuizione del “Padre del Timorasso”, si identifica con grandi vini bianchi capaci di reggere molto bene l’invecchiamento: è infatti con qualche anno sulle spalle che si sviluppa appieno la complessa aromaticità del vitigno.
Il timorasso, interpretato da un gruppo di vignaioli visionari votati all’eccellenza, ha saputo ridare lustro alle terre alessandrine pian piano a partire dalla fine degli anni ’80, alzando sempre di più l’asticella e gli ettari vitati, passati da meno di un ettaro del 1987, quando il vitigno ha rischiato l’estinzione, ai 3,5 ettari del Duemila, fino ai circa 400 attuali, su 1300 vitati nel Tortonese, per poco più di un milione di bottiglie (ma con l’obiettivo di arrivare a tre).
Il progetto Derthona, che si svincola dal nome del vitigno (timorasso) per puntare sul vino, legandolo indissolubilmente al suo territorio di origine, alla sua tradizione storico-culturale, da marzo 2022 è il solo e unico nome che identifica il Timorasso Colli Tortonesi. Rendendolo unico. Del resto si sa che i grandi vini non devono prendere il nome dell’uva ma della terra. Qualche esempio vincente? Barolo, Chianti, Valpolicella, Barbaresco. Il successo è determinato da regole chiare, da assenza di “guerra tra poveri”, da tanto territorio, l’unico elemento in grado di rendere irriproducibile altrove qualsiasi vino.

Tornando a Finigeto, la cantina investe inizialmente su due ettari e mezzo a corpo unico. “Speriamo già dalla prossima primavera di impiantare almeno in parte il terreno. Essendo una zona chiusa, occorre che siano rilasciate le quote di timorasso per rivendicarlo come Derthona, quote che si ottengono in base a un punteggio, come succede anche in altre zone d’eccellenza vitivinicola. Per quanto ci riguarda, punteremo sul Derthona e sulla Barbera della sottozona Monleale. Stiamo pensando di togliere la Barbera dalle nostre etichette in Oltrepò Pavese. Ogni territorio ha le sue specificità da valorizzare”, spiega Dallavalle.
Finigeto nasce in Oltrepò Pavese nel 2005, prima solo con produzione di uva e nel 2008 con le prime bottiglie. La cantina attuale sarà costruita nel 2012: oggi sono 44 gli ettari, per circa 100mila bottiglie. “Vinifichiamo solo il 50% della nostra produzione, puntando sul Pinot nero vinificato in rosso e spumantizzato, che occupa circa il 50% dei nostri vigneti”, spiega.
Il nome della nuova realtà tortonese? “Potrebbe chiamarsi Vigneti Letizia. ‘Letizia’ significa  ‘gioia’ e io vengo spesso additato come musone”, conclude Dallavalle.
I colli tortonesi strappano un sorriso, in questo caso.