Prima uscita ufficiale del vino dei Vignaioli di Radda, edizione numero zero. Il contesto, una cena di gala in piazza Ferrucci, centro dell’antico borgo medievale dominato da ciò che resta dell’originario castello. “Questo vino è la dimostrazione liquida di un progetto unitario. In realtà si tratta di più vini, da annata 2018, di più vignaioli di Radda. Ognuno con il suo stile ha contribuito a questo blend a più mani unico nel suo genere, comun denominatore il sangiovese dopo un anno di invecchiamento nelle rispettive aziende”, spiega Roberto Bianchi, presidente dell’associazione Vignaioli di Radda e titolare dell’azienda Val delle Corti. “Ventiquattro i vignaioli coinvolti con i loro sangiovese migliori, un vino a testa. C’è chi fa cemento, chi tonneau, chi barrique. Ciascuno ha messo la sua esperienza. Il vino è stato assemblato in parti uguali da ciascun produttore per un totale di 432 magnum, 27 litri a testa per arrivare a questo risultato, per dimostrare cosa Radda può fare se agisce unita. Ciò che ci accomuna è la nostra terra, la nostra forza. Abbiamo in pancia già il 2019 e il 2020”.
Per Alessandro Gallo, winemaker del Castello di Albola: “Abbiamo finalmente messo a frutto in un progetto comune quei valori che fanno parte quotidianamente delle nostre singole aziende. Questa magnum rappresenta un simbolo che è il vero valore della bottiglia. Dietro questi sogni liquidi ci sono le persone, con il loro sforzo quotidiano per far crescere il valore del territorio”. Precisa: ”Il discorso, oggi, non è più focalizzato sulle cantine grandi e piccole, ma sul buono e sul cattivo, semmai. Bisogna fare qualità nelle piccole come nelle grandi realtà. L’equazione piccolo e buono, grande e cattivo non ha senso, non è vera”.
Radda ha assunto la dignità di Uga (unità geografica aggiuntiva), sonnecchiando sulla cima del colle che divide le valli di Arbia e Pesa, tra scorci meravigliosi che si aprono lungo la via, botteghe artigianali e cantine storiche che evocano un passato lontano ma ancora presente. Radda, il cui territorio comunale, interamente compreso nel Chianti Classico, vanta un dislivello altimetrico che va da un minimo di 280 fino a un massimo di 845 metri slm.
“Siamo parte integrante del Chianti Classico e la nostra associazione riunisce quasi la totalità dei produttori del nostro comune in un progetto di confronto e condivisione per una migliore comunicazione del territorio e della conoscenza tra di noi. Il nostro è un amore sterminato per questo pezzetto di Chianti Classico”, continua Roberto Bianchi. “Il presidente Manetti dopo anni di durissimo lavoro è riuscito ad avviare le Uga, un riconoscimento di quello che nei fatti esisteva già. La nostra denominazione è un insieme di realtà di eccellenza che si distinguono per suoli, microclimi, altitudini. In pochi chilometri troviamo vini completamente diversi. Radda è il centro geografico e storico del Chianti e ha sempre avuto caratteristiche particolari. Sono terreni di altitudine elevata. Eravamo al limite della coltivazione del sangiovese, ma ora il cambiamento climatico ha ribaltato i parametri. Il microclima è freddo, i terreni estremamente calcarei, molto poveri, spesso con pendenze notevoli, un sistema di fattori che nei secoli ha reso la viticoltura estremamente complicata rispetto ai comuni limitrofi. Radda ha vissuto a lungo ai margini della produzione. Con la crisi della mezzadria negli anni ’60-70, ben  l’80% dei poderi fu abbandonato. Fortunatamente poco dopo arrivarono da fuori imprenditori dotati di visione, che investirono e recuperarono il patrimonio rurale e agrario. Un lunghissimo percorso che ha registrato un’accelerazione verso il nuovo millennio. La nuova generazione è entrata a Radda, in azienda, con una consapevolezza diversa. Anche il cambiamento climatico ci dà una mano e quello che prima era un meno è diventato un più”.
Il sangiovese a Radda. “Si riescono  a produrre vini complessi, di struttura, con grandi acidità, tannini raffinati, al tempo stesso non sono vini pesanti, con alcol alle stelle. Il territorio con le sue escursioni termiche, le latitudini medie importanti, porta a vini che con l’invecchiamento in bottiglia sanno diventare eleganti, con equilibri rari, coniugando la freschezza con l’abbondanza di sole, luce e calore per maturazioni complesse. Questi elementi gestiti con il cuore e la testa delle nuove generazioni ci hanno portati fin qui”. Conclude Bianchi, il cui padre Giorgio fu sindaco di Radda per quindici anni: “Radda, tranne alcune luminose eccezioni, è passata  dall’essere la ruota del carro della denominazione a zona di assoluta eccellenza. La nostra associazione nasce da questa consapevolezza. Il bello è che pesiamo e ragioniamo tutti allo stesso modo, dal piccolo produttore di 4 ettari alla grande realtà con 150 ettari e più. La mia azienda, che oggi produce 40mila bottiglie, esiste da 50 anni, da quando la mia famiglia si trasferì qui da Milano, nel ‘73. Mio padre aveva il bisogno di uscire dalla città e cambiare completamente vita. Allora, in quegli anni difficili, pionieristici, aveva una visione. L’altra passione era la politica, il lavoro per la comunità. Ma era un visionario molto pragmatico, non era un sognatore, le cose arrivava a realizzarle. Mise le basi per uno sviluppo sostenibile, portando benessere e progresso in un territorio un po’ abbandonato ed evitando i rischi di speculazione e sfruttamento dei terreni. La sua visione, insieme a quella di pochi altri, riuscì a mettere il seme per far crescere il territorio come lo vediamo adesso, intatto”.