Questa la domanda sottesa alle masterclass sui vini bianchi dell’ottava edizione dell’evento “Modigliana, Stella dell’Appenino 2024”, organizzate dal giornalista (e produttore) Giorgio Melandri.
Quando si pensa alla Romagna si pensa al Sangiovese, quando si pensa a Modigliana  al Sangiovese di qualità. Ma per bianchi di rango, capaci di dialogare con il tempo, c’è spazio sull’Appennino Tosco-Romagnolo?
Nella prima masterclass in scaletta, di cui ho avuto il piacere di essere relatrice, questa domanda doveva fare i conti con l’annata 2023 in degustazione, l’annata dell’alluvione: 700 millimetri di pioggia nel mese di maggio, uno dei più piovosi dal 1951, in alternanza a un periodo estremamente siccitoso. Nonostante le complicazioni climatiche, i bianchi degustati ne sono usciti bene, anche nelle loro sfaccettature fruttate, dove l’agrumato è fil rouge dell’assaggio e degli abbinamenti dello chef Fabrizio Lombardi di Fmarket, locale innovativo nel centro storico di Feanza. Complice un territorio forte, con spina dorsale, fatto di declivi, spaccature rocciose, rocce stratificate, altitudini importanti, di un’altrettanto importante presenza del bosco, del fiume (tre torrenti, uno per vallata), di suoli di marne e arenarie depositate sui fondali oceanici milioni di anni fa e sollevatesi con il corrugamento appenninico. Tutto questo come si traduce nel bicchiere? Sono sicuramente vini di terroir: vini dove i descrittori della varietà passano in secondo paino perché vince il territorio con la sua impronta distintiva. Personalmente non ho degustato né lo Chardonnay né il Trebbiano pensando ai loro marcatori universalmente riconosciuti: mi sono lasciata guidare dal territorio, dall’emozione.


Si parte con il Modigliana Bianco Angiulì della cantina LU.VA. Un vino contemporaneo, seducente, di fragranza olfattiva, da uve trebbiano (60%) e chardonnay (40%), che vinifica solo in acciaio. Il podere Cerretola è in valle Ibola, stretta e verticale, dove i vigneti si inerpicano oltre i 550 metri slm.
Si passa al Modigliana Bianco Caramore di Fondo San Giuseppe. Un vino dal profilo olfattivo molto elegante, sottile al palato, con una vena salina e agrumata di cedro netta, che torna anche in retrolfattiva. Da uve trebbiano (60%) e chardonnay (40%), vinifica per metà della massa in acciaio e per metà in tonneaux Allier per sei mesi, dopodiché le due masse vengono unite, con breve sosta in acciaio. Il vigneto (Ronco di Rio Brola), con vigne di trent’anni, sui 250- 300 metri slm, è nella valle Acerreta. Siamo al confine con Brisighella, su suoli di marne e arenarie di color ocra e con una piccola ma significativa presenza di calcare. La filosofia del produttore? È racchiusa nei 5 ettari di vigneto e negli 11 di bosco.
L’ultimo in batteria è il Modigliana Bianco Area 88 di Menta e Rosmarino (dal nome di una ballata di Zucchero).  Un Trebbiano in purezza con carattere e dal breve affinamento in acciaio e cemento: rotondo, pieno, super salino e persistente, sostenuto da una acidità che regala freschezza. Vigne vecchie  esposte a ovest, lungo la dorsale Acerreta, a 270 metri slm, che i titolari hanno sapientemente recuperato.


Ma nei giorni precedenti c’è stato lo spazio per degustare anche i bianchi, di altre annate, di Emilio Placci e di alcuni piccoli produttori, un modo per approfondire il territorio e capire che in altura i vini  sono super salini, super freschi, super minerali e con un profilo aromatico intenso e persistente, grazie alle escursioni termiche fra giorno e notte, ideali per fissare aromi fruttati e floreali.
“La Romagna è un mosaico di territori che sfilano a monte della via Emilia viaggiando verso Rimini. È storicamente una terra di sangiovese, ma in questi anni sta valorizzando le produzioni di vino bianco con tante etichette interessanti. Il vitigno che ha più talento è l’albana, principe delle argille che sono tra Bertinoro e Dozza. Un’uva originale che combina forza e freschezza, bucce “tanniche” e profumi di frutta. Unico. L’altra sorpresa è la sottozona Modigliana, che con i suoi bianchi di montagna sta conquistando un ruolo di primo piano in regione e non solo. Vini sottili, sapidi e taglienti, agrumati e austeri”, conclude Melandri.