“Noi rivendichiamo una Doc Modigliana Bianco dove vogliamo poter scegliere i vitigni e le varietà perché questo è un vino di terroir, non è varietale”, esordisce Renzo Maria Morresi, titolare della Casetta dei Frati a Modigliana. I suoi vini sono realizzati dal 2006 dal re Mida del territorio, l’enologo Francesco Bordini, suoi anche i vini di Ronchi di Castelluccio. ”Ci hanno respinto più e più volte. Alla fine abbiamo dovuto negoziare una soluzione che prevede in maggioranza Trebbiano. È una di quelle difficoltà che spronano a fare vini nuovi e diversi. Il Modigliana Bianco della Casetta dei Frati, per esempio, è a base Trebbiano e Chardonnay aromatico, altri lo stanno facendo con il Trebbiano e il Sauvignon Blanc, altri ancora con Trebbiano, Sauvignon Blanc e Chardonnay. Una bella fioritura di possibilità, stimolante. Penso che riusciremo, evolvendo, a slacciarci anche da questi lacci e lacciuoli e credo che riusciremo a inserire l’Albana”.  
Da questa vendemmia, la 2022, si può “vendemmiare” il Modigliana Bianco. “Finalmente possiamo rivendicare la sottozona anche in questa tipologia. L’anno scorso non si poteva, ma io ne ho già uno perché rispetta il disciplinare e lo avevo rivendicato nella denuncia di cantina”.
Non si parla di grandi numeri. “Siamo in pochi, tutti faremo un Modigliana Bianco. Modigliana ha una grande vocazione bianchista”.
Quanto al Sangiovese di Romagna: “Quest’anno abbiamo fatto un lavoro grandissimo sulle annate, cercando di ricostruire la nostra storia, lunga almeno trent’anni, non sulla base di una narrativa inventata ma sui bicchieri che degusteremo insieme in questi giorni. È una narrativa non arbitraria ma scientifica. Abbiamo scelto per ogni decade dei vini rappresentativi di quell’epoca, in totale una ventina. La degustazione sarà condotta da Walter Speller, un olandese naturalizzato inglese che scrive per jancisrobinson.com e che, tra l’altro, parla un ottimo italiano. Li abbiamo scelti sulla base di quello che abbiamo potuto trovare in cantina, considerato che le nostre sono piccole produzioni. Io per esempio porterò l’annata 2008 del FraMonte, un Sangiovese in purezza che fa solo acciaio, di cui ho conservato quasi cinquecento bottiglie. Mi piaceva l’idea di far provare un vino del passato di cui qualcosa si può ancora trovare in cantina”.
Se sia difficile far passare il messaggio culturale del vino dice: “Sì, perché c’è il problema obiettivo che l’alcol non fa bene e bisogna essere onesti ad ammetterlo. Però è un grande piacere, e come tutti i grandi piaceri va dosato. Non si può consigliare a una persona di bere una bottiglia, semmai si può berne una in famiglia, o in due, in tre, in quattro amici mangiando. Noi vogliamo eliminare il concetto quantitativo e focalizzarci su quello qualitativo: bere poco, bere bene e soprattutto bere consapevolmente, in modo tale da godere di questo piacere e dargli un valore. A chi fa un vino straordinario deve essere riconosciuta la straordinarietà del suo prodotto”. Si toglie un sassolino dalla scarpa: “Chi non ci vuole bene dice che siamo molto bravi ad alzare i prezzi. Non è così. Noi cerchiamo di essere molto bravi a fare qualità e cerchiamo un prezzo che la riconosca e permetta ai vignaioli di alta collina di rimanere sul mercato”.