Mai così tanto vino in cantina dal 2000 a oggi. Se a fine luglio è record di stock, a peggiorare la situazione è l’export verso i Paesi extra-Ue, specie negli Stati Uniti. La rilevazione è come sempre dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che ha elaborato i dati di Cantina Italia (Masaf) sulle giacenze e i numeri sulle vendite nei Paesi terzi relative al 1° semestre di quest’anno.
La giacenza di vino in cantina è pari a 45,5 milioni di ettolitri, l’equivalente di oltre 6 miliardi di potenziali bottiglie da 0,75/litri, un’eccedenza dello 4,5% rispetto al pari periodo dello scorso anno a causa in particolare di un incremento senza precedenti degli stock per i vini di maggior qualità, con le Dop a +9,9% sull’ultima rilevazione pre-vendemmiale del 2022. A ciò si aggiunge la domanda extra-europea segnalata nel primo semestre in ulteriore contrazione. Tra i top 10 buyer, che assieme rappresentano circa l’85% del mercato extra comunitario, le esportazioni a volume sono positive solo per la destinazione russa, con cali quantitativi in doppia cifra per Stati Uniti, Canada, Giappone, Norvegia, Cina e Corea del Sud. Dati che fanno riflettere. Nella prima metà dell’anno il calo è del -9% a volume e -5% a valore, con gli spumanti a -13% e i fermi imbottigliati inchiodati a -5%. Per entrambe le tipologie, il trend a valore indica un gap del 4%, ma mentre per gli sparkling l’aumento del prezzo medio è in linea con il surplus dei costi produttivi (+10%), lo stesso non si può dire per i fermi (+1%).
Una situazione che ha come contraltare un abbassamento dei prezzi con i rossi sfusi in Germania che stanno scendendo verso le quotazioni spagnole a circa 50 centesimi/litro. Il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi avverte: “Sulla prossima vendemmia pesa una congiuntura che si sta manifestando in tutta la sua complessità. Comprendiamo la volontà da parte delle nostre imprese di mantenere le quote di mercato, ma abbassare i prezzi rischia di diventare un pericoloso boomerang una volta fuori dalla crisi di potere di acquisto che coinvolge anche i nostri competitor. A tal proposito, il fenomeno crescente dei prodotti a private label e gli imbottigliamenti del nostro vino fuori dall’Italia contribuiscono all’erosione del valore aggiunto”.
L’ad di Veronafiere, Maurizio Danese commenta: “L’Osservatorio aveva previsto un 2023 difficile, ciò si sta verificando nonostante l’economia globale abbia per ora tenuto lontano buona parte delle nubi recessive. Ciò che può fare Vinitaly è intensificare la costruzione di ponti commerciali con l’estero, in particolare nelle relazioni con i mercati extra-Ue, a partire da quello americano dove saremo partner della Camera di Commercio di Chicago per l’International Wine Expo. Da settembre a dicembre abbiamo infatti in programma una nuova campagna di internazionalizzazione con 25 appuntamenti in 15 Paesi e 4 Continenti. Da una parte per rifinire ulteriormente l’incoming per la prossima edizione veronese, dall’altra per garantire b2b direttamente sulle piazze estere”.
Per le previsioni vendemmiali di un anno complicato dal punto di vista del cambiamento climatico bisognerà aspettare la conferenza stampa al ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare il prossimo 12 settembre.