Presentato al Festival dello Sviluppo Sostenibile (4-20 ottobre) , il rapporto ASvis 2022 fa riferimento ai diciassette goals dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. A che punto siamo nel raggiungimento di questi obiettivi fra guerra, pandemia e crisi energetica? Che aria tira in tema di salute e benessere per tutti? Energia pulita, transizione ecologica, sviluppo di fonti alternative tengono un passo pigro? E le misure per contrastare il cambiamento climatico? L’Italia è in ritardo sulla tabella di marcia. Nonostante la ripresa registrata nell’ultimo biennio, gli indicatori di sostenibilità del nostro paese, in particolare quelli sociali e ambientali, sono in peggioramento. Aumentano le disuguaglianze di reddito, assistiamo a una crescente difficoltà del sistema sanitario di rispondere alle esigenze dei cittadini, si registra un arretramento degli indicatori ambientali, in particolare quelli sul consumo del suolo e sulla gestione delle risorse idriche. L’urgenza di costruire un modello di sviluppo realmente sostenibile ci impone di dare una svolta radicale al nostro modo di abitare la Terra e di impegnarci per diffondere un benessere condiviso. Un impegno della politica ma che prevede la collaborazione di ciascuno di noi. A cominciare dalle imprese.
Ciò detto, quante aziende sono veramente sostenibili? “Il pianeta ha dei limiti e questi limiti sono reali”, commenta Sandro Bottega, che in maniera pionieristica ha adottato pratiche aziendali sostenibili, innescando un circolo virtuoso all’interno della sua impresa, con ricadute sull’intero territorio circostante. La sua azienda di vini e liquori, Bottega Spa, dall’approccio veramente internazionale, è fra le aziende leader nella produzione del Prosecco: 50 gli ettari vitati, di cui 60% a glera, 20% acquistati nel Chianti e a Montalcino, 20% in Valpolicella. Reduce da una vendemmia “abbondante ed eccellente”, ci spiega, “perché il caldo è stato mitigato dagli ultimi venti giorni di pioggia”, con un livello qualitativo alto del Prosecco, dove sono state raggiunte le quote producibili quasi dappertutto, e in Toscana. “Sono trent’anni che cerchiamo di perseguire l’obiettivo della sostenibilità. È la parte più difficile e complessa da raggiungere per un’azienda produttrice, per ovvi motivi legati a costi e difficoltà tecniche, però fa la differenza. Per noi è stata una sfida che andava oltre la qualità. Produrre qualità non dico che sia facile, ma è relativamente facile, basta avere buona uva e un buon enologo per ottenere un buon risultato, ma farlo in maniera sostenibile è più complicato”. Affonda: “Sostenibilità, purtroppo, è un termine abusato. Dicono di essere sostenibili imprese che non lo sono. Non significa solo essere bio e utilizzare pannelli fotovoltaici. La sostenibilità è un concetto che investe l’azienda in termini di responsabilità sociale, ambientale, economica, etica. Noi non siamo speciali, facciamo semplicemente la nostra parte, come, forse, dovrebbero fare tutti quelli che oggi sono imprenditori. I tre aspetti dello sviluppo sostenibile ci portano a una definizione di progresso e di benessere che va oltre la crescita economica basata sul Pil. È stata introdotta nel testo costituzionale la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, un segno di grande civiltà. Noi imprenditori, tutti però, dobbiamo iniziare a lavorare considerando il pianeta la nostra casa”.
Tanti i risultati che l’azienda di Sant’Urbano (Treviso), 14 milioni di bottiglie, ha raggiunto con la politica del passo dopo passo. Fra le novità, un liquorificio che sarà inaugurato entro aprile 2023, un magazzino di invecchiamento per le grappe, un Prosecco bar all’aeroporto di Instabul (“un buon mercato”) e un impianto per la distillazione del whisky (“che ci porterà ad essere un simbolo del whisky italiano”) .
“Applichiamo tante best practices differenziate. La sostenibilità non si ottiene solo con una, ma con tutte queste insieme. A cominciare dall’utilizzo di energia con una emissione di CO2 del -98% rispetto all’energia tradizionale ottenuta con metodi convenzionali. L’efficienza energetica è fondamentale. Dobbiamo imparare a consumare meno e laddove è necessario con impianti tecnologicamente più avanzati. Tutti i nostri vigneti sono biologici, questo a portato a eliminare fertilizzanti sintetici, pesticidi, erbicidi per almeno due tonnellate all’anno. Quindi, no a glifosati e tutte quelle sostanze che possono danneggiare la salute, e lavorazioni in vigna a mano. Altro tema importante è il ricircolo dell’acqua, che ci permette di risparmiare almeno venti milioni di litri di acqua potabile, che viene riciclata. Quest’anno abbiamo investito 380mila euro in impianti di depurazione delle acque perché prevediamo un ulteriore passo in avanti della nostra azienda. L’acqua potabile è solo il 2%, o forse meno, di quella presente nella crosta terrestre, motivo per cui dobbiamo essere consci che ha una disponibilità limitata e, pertanto, dobbiamo consumarne il meno possibile e rimetterla in circolo affinché possa ridiventare potabile nel più breve tempo possibile. In un anno utilizziamo oltre 1100 tonnellate di carta proveniente da foreste coltivate in maniera sostenibile FSC, ricicliamo 16-18 tonnellate di polietilene e 10 tonnellate di carta siliconata, ossia i rotoli delle etichette. Climatizziamo con il sistema della geotermia tutta l’azienda, circa 40mila metri quadrati di superficie coperta. Il nostro vetro per un minimo del 50% è riciclato. Abbiamo anche sposato il progetto per il reinserimento dell’ape nel vigneto”.
Ma tutto questo non basta. “Nell’agricoltura c’è ancora molto da fare in tema di lavoro dignitoso, perché anche questo vuol dire essere sostenibili. È importante avere un welfare aziendale e rafforzarlo. Noi facciamo investimenti, compresi gli incentivi e i premi al personale in maniera equamente distribuita sulla base dei risultati, per circa 500mila euro all’anno. Cerchiamo di adottare tutti i confort aziendali per far lavorare i nostri dipendenti nel miglior modo possibile. L’ambiente di lavoro va messo al primo posto perché per produrre bene devi stare bene. Investiamo ogni anno da 1 a 2 -2,5 milioni di euro in tecniche e tecnologie sempre più all’avanguardia per permettere una transizione del lavoro dal presente al futuro. Questo avviene anche con corsi che promuoviamo regolarmente a tutti i livelli aziendali”.
Ma quali sono i mercati che danno più valore ai comportamenti sostenibili? “La sostenibilità abbiamo sempre cercato di divulgarla come uno dei nostri plus. I mercati più sensibili sono sicuramente quelli scandinavi, nordamericani, giapponesi e quello inglese. Sono quei mercati dove c’è più consapevolezza sull’importanza di costruire un’azienda secondo certe regole etiche. Lavorare in modo sostenibile permette all’impresa di risparmiare nel lungo periodo, anche se nell’immediato investe di più. Nell’arco di dieci anni il ritorno dell’investimento fa risparmiare il 50% nel periodo successivo. Quindi nei primi dieci anni si investe, negli altri dieci avremo l’energia gratuita, che alla fine dei vent’anni costerà la metà”
La sostenibilità fa parte del messaggio di branding aziendale in maniera così integrata che nel loro sito viene prima del vino e degli altri prodotti. Affonda: “Siamo limitati dalle normative in vigore. Per esempio, nel mondo del vino ci permettono soltanto di indicare un piccolo marchio, come Equalitas o altri similari. In tutta la nostra comunicazione tradizionale, però, divulghiamo i nostri valori: dalla carta intestata alle fatture, dai cataloghi al sito internet, alle fiere, ai punti vendita, ai nostri Prosecco bar, ormai più di trenta fra Europa e Asia. Il consumatore deve essere educato e scegliere questi prodotti in modo da permettere alle imprese che investono in sostenibilità di avere maggiore successo. Invece molti pensano che, in fondo, questa cosa riguardi gli altri e non loro stessi. A volte bisognerebbe essere meno miopi, spendere cinquanta centesimi in più ed aiutare un’azienda. Serve educazione nelle scuole a tutti i livelli e degli intermediari commerciali a tutti i livelli, dai supermercati ai ristorati, dai wine bar alle enoteche. Questi soggetti devono essere portatori di un messaggio universale e univoco che il consumatore alla lunga recepirà”.
Conclude: “Se poi, però, si fa la guerra o si rompono dei metanodotti si vanificano gli sforzi di interi paesi. Essere un esempio è già importante. Ed essere un esempio che produce e dà lavoro a più di duecento persone dirette e duecentocinquanta di indotto è un esempio con una sua piccola efficacia. Noi imprenditori dobbiamo dare il trend al mercato. Nei nostri rispettivi ruoli dobbiamo essere dei visionari e pensare che tra cento anni, ben operando, il mondo sarà migliore, compreso quello del vino. Un’azienda deve guardare ben al di là della sopravvivenza del suo amministratore delegato, del suo titolare e del suo enologo. Questa è impresa sostenibile”.