Bisogna parlare di terra prima che di cibo e vino. Di vigna, tutto parte da qui. I vigneti terrazzati sulle coste rocciose delle Alpi Retiche con cui i contadini hanno strappato la terra all’erosione sono espressione di un fare operoso che è sublime bellezza. Qui il Nebbiolo, il cosiddetto Nebbiolo delle Alpi si esprime in maniera distintiva, con sfumature uniche, attraverso vini che migliorano di anno in anno. Se ne è accorto anche il magazine Wine Spectator che sul numero del 31 ottobre dedica ai vini della Valtellina un ampio servizio con ratings alti: 95 e 96 punti rispettivamente al Sassella Rocce Rosse Riserva 2007 e al Sassella Vigna Regina Riserva 2007 di Arpepe, a pari merito a 94 lo Sfursat Fruttaio Ca’ Rizzieri 2015 di Rainoldi e lo Sfursat 5 Stelle 2016 della Nino Negri. Una Valtellina che scalpita e che sta accendendo i riflettori su di sé con una qualità altissima nel bicchiere, frutto di una viticoltura che fa della bellezza un atto agricolo (e architettonico). I ratings, ossia i punteggi hanno un senso se contestualizzati in un territorio, se ad essere capiti prima dei vini sono i valori, l’etica, la cultura, la bellezza che quel territorio e quella gente esprimono. Allora e solo allora non si beve una descrizione organolettica asettica e spesso degna delle performance di Antonio Albanese, ma si degusta la storia che ci fa capire perché quel vino si esprime così e se si potrebbe esprimere in modo diverso, perché quel vitigno si è acclimato proprio in quel luogo e con quali peculiarità, magari riflettendo il carattere delle persone. “La bellezza è un investimento anche pragmatico oltre che valoriale. Credere nella bellezza dei luoghi, di far bene le cose è un investimento forte che crea economia circolare e beneficio di un intero territorio”, dice Giacomo Mojoli.
Apprezzare ed entrare nella cultura di un luogo ci fa capire quanto sia giusto (o non giusto) pagare una bottiglia, anche perché a parità di qualità con altri territori quelli impervi insieme al liquido ti consegnano la fatica, un’identità e un attaccamento che vanno oltre il prezzo. “I designer della natura mutata sono i contadini che sono 8000 anni che in Italia scalpellano la terra, tirando fuori delle cose grandiose. Siamo indubbiamente il paese più bello a livello agricolo”, spiega Oscar Farinetti.
“Siamo oggettivamente un territorio bello, i nostri vigneti sono un’attrazione turistica, se non ci fossero i terrazzamenti la Valtellina non sarebbe ciò che è oggi”, dice Aldo Rainoldi, presidente del Consorzio Vini di Valtellina. “La viticoltura conta su una superficie piccola ma con una valenza importante, senza di essa il territorio sarebbe a rischio. La riparazione l’hanno fatta i viticoltori e la vendemmia di conseguenza è un periodo dell’anno molto sentito. Laddove c’è un presidio agricolo gli eventi calamitosi, come frane e smottamenti, sono il 5%, mentre laddove viene a mancare superano l’80%.  Con la nostra viticoltura continuiamo a riparare e teniamo in piedi un paesaggio. In Valtellina quasi tutti hanno a che fare con il vigneto. Ci sono connessioni sociali evidenti. La nostra è una viticoltura che genera qualità e quindi valore, un indotto, una microeconomia che lascia qualcosa alle famiglie. Oggi le cantine sono mete turistiche, un’economia nell’economia. C’è gente che viene in Valtellina solo per visitare le cantine. Non da meno, c’è lo sforzo di fare un prodotto oltre che buono rispettoso dell’ambiente, ormai quasi tutti i viticoltori hanno abbandonato il diserbo. La nostra è sempre di più una viticoltura di precisione. Questo è il bello. Le Olimpiadi porteranno qualche investimento in infrastrutture, che resteranno sul territorio, ma il sasso che ha lanciato il consorzio è su come ci presenteremo a questo evento, se saremo in grado di alzare il livello dell’accoglienza, di fare turismo in maniera un po’ più professionale, alzando anche la cultura degli operatori. Per riuscirci dobbiamo agire subito”.
Su Instagram (potete cliccare direttamente in homepage) abbiamo sviluppato un racconto fotografico cercando di mostrare attraverso le immagini la bellezza e l’energia che sta dietro il vino, la bellezza che passa dal lavoro a volte difficile se non al limite dell’impossibile delle zone definite forse impropriamente “eroiche” e nel momento della sua massima espressione: la vendemmia. La bellezza è il motore di tutto. Dove c’è bellezza c’è un’emozione. Inchiniamoci.