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BertaniValpolicella Ripasso 2016

& le caldarroste di Chicco Salimbeni, dal suo marroneto

È tempo di andare alla ricerca delle prelibatezze autunnali. I colori dell’Appennino tosco-emiliano, dopo che il caldo sembrava non mollare mai, stanno rapidamente riempiendo la tavolozza di infinite variabili cromatiche. Qualche pianta sempreverde rimane per tingere il paesaggio anche con le note del verde scuro, fra foglie giallo ocra, giallo chiaro, beige, rossastre e persino marrone intenso. Un bel momento per passeggiare nei boschi e lo facciamo poco oltre gli 800 metri di altitudine, fra gli antichi castagni del marroneto di Chicco Salimbeni. La maggior parte di voi lo penserebbe a Roma, essendo un attore: vi ricordate la sua partecipazione in Camerieri, ottimamente diretto da Leone Pompucci nel 1995, con un cast eccellente fra cui Paolo Villaggio, Diego Abatantuono, Carlo Croccolo, Marco Messeri e sceneggiatura di Paolo Rossi?
Siamo sulle colline del Reggiano a raccogliere i marroni. Da non confondere con le castagne, selvatiche. I marroni sono il risultato della coltivazione umana: l’intervento dell’uomo sulle piante del castagno ha creato innesti e varietà sempre più pregiate, anche attraverso potature mirate, così da aumentare il diametro del frutto e non solo. Dice bene, Chicco Salimbeni: ogni anno le aspettative sono diverse. Lui che corica i preziosi marroni in alcune reti da letto per farle “dormire”, nel loro necessario processo di essiccazione. E il risultato è una qualità di marrone eccellente, forse unica, nel formato “Jumbo” – chiamerei così quello gigante da Marron Glacés -, una libidine vera e propria che si gode in padella, bollente, dopo il rituale riposo lasciando svaporare i marroni nel classico canovaccio chiuso. In attesa del Beaujolais Nouveau che puntualmente arriva ogni terzo giovedì di novembre, il vino a mio avviso fra i più indicati nell’abbinamento con le caldarroste, faremo una scelta diversa, ovvero il Bertani Valpolicella Ripasso annata 2016. Questo vino è ottenuto dalla seconda fermentazione, ecco il perché del nome: Ripasso. Nei primissimi mesi dell’anno nuovo, successivo alla vendemmia, il giovane Valpolicella viene messo a rifermentare sulle bucce che sono ancora leggermente dolci, quelle dell’Amarone. Sicché eredita un primo impatto olfattivo rotondo, potremmo quasi definirlo “gentile”, di certo morbido, forse anche vellutato, come se un sottile sipario di seta ci coprisse quello che arriva dopo. E ci serve proprio questa parte per sposare la dolcezza del gusto delle caldarroste. Poi, a differenza di un passito che chiuderebbe tutto in un morbido commiato dolce, andiamo a cercare l’acidità, per aver voglia di continuare ad aprire i marroni. Il Valpolicella Ripasso nel complesso offre un naso in cui le note del frutto rosso come le ciliegie mature sono schiette e pronunciate, poi un significativo sottobosco ci fa tornare alle umide foglie di castagno e ai ricci che si arricchiscono con sensazioni speziate e di cioccolato, evidenti in questo 2016. In bocca il tannino è avvincente, mai troppo, però; direi in fondo equilibrato, avendo aspettato che questa annata più che buona si concedesse nella maturità piena. Le grandi botti da 30 e più ettolitri, oltre alle vasche di cemento da 10, garantiscono una maturazione del vino secondo tradizione. Nulla da eccepire, per un ottimo rapporto qualità prezzo. Questo abbinamento ci consente di prolungare quelle domeniche d’autunno che vorremmo non finissero ma la notte arriva presto, e allora lasciamo che il vino tiri le caldarroste e le caldarroste il vino.

Vino                ✪✪✪✪✩

Spuntino         ✪✪✪✪✪

Abbinamento  ✪✪✪✪✪