WINESTOP&GO – SPECIALE EMILIA ROMAGNA (4)

IL NOSTRO SOMMELIER VI RACCONTA… CHIARLI A MODENA

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Per la quarta tappa del nostro Stop&Go emiliano andiamo a Modena, da Chiarli, la più antica della cantine regionali. Provare a raccontare il Lambrusco senza Chiarli, sarebbe come parlare di motori senza la Ferrari. Del resto le terre sono quelle e l’elegante rosso del Sorbara sembra un simbolo, per Modena, come lo sono le supercar di Maranello. Ad accogliermi nella Tenura Cialdini è Tommaso Chiarli, la quinta generazione della famiglia che muove i primi passi della produzione vitivinicola nel 1860 con il fondatore, Cleto, dopo che con i quattro figli cessò definitivamente l’attività di ristorazione. A quell’epoca fu fondamentale capire l’importanza di produrre lambrusco in bottiglia, avviandone di fatto il concetto di rifermentazione. E i premi arrivano presto, in particolare la Mention Honorable in occasione della Exposition Universelle di Parigi del 1900. Ancora oggi, nella selezione Premium, compare in etichetta il prezioso riconoscimento, per uno dei loro vini simbolo del metodo Charmat/Martinotti a lenta fermentazione, in cui la presa di spuma viene eseguita in “cuve close”, come Chiarli stesso la definisce. Dentro la Tenuta Cialdini, ove si trova anche la storica villa già appartenuta al generale omonimo, c’è la cantina Cleto Chiarli in cui si vinifica da singola fermentazione ricavata al 100% da mosto tenuto costantemente a bassissima temperatura. Il fiore all’occhiello del gruppo, da dove escono le bottiglie più pregiate e le linee destinate alla ristorazione. Un gioiello, nell’insieme produttivo del Gruppo Chiarli che oggi vanta 150 ettari vitati sul totale dei 500 di proprietà, fra le tre tenute Cialdini, Belvedere e Sozzigalli, quest’ultima dedicata al Sorbara, sulla riva sinistra del fiume Secchia.
Se nella sede di Modena si parla di grandi numeri (oltre 20 milioni di bottiglie annue), a Castelvetro dal 2001 la cantina Cleto Chiarli produce intorno a un milione di bottiglie ed è proprio da questa cantina che escono anche il Lambrusco del Fondatore, l’attuale rifermentato in bottiglia dell’azienda e la linea Quintopasso, i tre metodo classico la cui etichetta indipendente, dal 2012 rappresenta appunto la quinta generazione in cantina.
Si parla anche di un imminente Quintopasso metodo classico rosso, ma le attuali tre declinazioni sono vinificazioni in bianco da 100% Sorbara versione Brut (4 gr/l), il Brut Cuvée Paradiso da uve 70-80% Chardonnay – raccolte nella tenuta bolognese Santa Croce, sempre della famiglia – e 30-20% di Sorbara (8 gr/l) e infine il Pas Dosè. La produzione del brand Quintopasso è di nicchia, attualmente non oltre le 12.000 bottiglie, con lavorazione a parte, partendo dal raccolto eseguito completamente a mano, tutto sotto la preziosa guida dell’enologo Gianni Gasperi. La degustazione di questa tappa a Castelvetro parte proprio dal Quintopasso Sorbara in purezza 2016 (12% Vol.), sboccatura maggio 2019, elegante nel suo color rosa tenue con riflessi quasi dorati. All’olfatto si presenta subito ricco di fiori di campo e note agrumate, mentre al palato è rinfrescante, fra frutti a bacca rossa e la lunga nota acida che riconduce al vitigno e ai terreni di provenienza. Un metodo classico dal rapporto qualità prezzo senza pari, per una produzione intorno alle 4.000 bottiglie annue, che conferma l’eccellenza di un prodotto di nicchia, per gli amanti degli spumanti territoriali, perfetto per accompagnare piatti di affettati emiliani, profumati e succulenti.
Tutto cambia con il Cuvée Paradiso 2015 (12% Vol.), sboccatura 2018, dove lo Chardonnay domina all’olfatto e al palato, fra note di fiori bianchi, mela e limone, in parte contrastato dal calore degli zuccheri dosati maggiormente e una sottile brezza marina finale che ci riconduce al Sorbara e a casa nostra, immaginando l’abbinamento di un guancialino di maiale in umido. Se ne imbottigliano 5.000 all’anno. E arriviamo al Pas Dosè vendemmia 2016 (12,5% Vol.), sboccatura novembre 2019: è la conferma di un prodotto curato, nell’espressione delle bollicine persistenti e nel profumo accattivante, con una piacevole coda persistente quasi sapida, tanto da sposarsi certamente con un grande classico italiano, il fritto misto di pesce e verdure.
La degustazione con Tommaso Chiarli, piacevolmente arricchita da un buon salame e da valutazioni architettoniche sulla bellissima sala degustazioni, la ex scuderia di villa Cialdini, si conclude con il Lambrusco del Fondatore. Inconfondibile l’etichetta gialla, classica, che reca evidenziata la dicitura Rifermentato in bottiglia. Non dimentichiamo che Wine Spectator lo aveva collocato fra i migliori 100 vini al mondo, traguardo straordinario per un Lambrusco; questo 100% Sorbara 2019 (11,5% Vol. e 6 gr/l) che completa la sua maturazione affinandosi in bottiglia solo con lieviti dosati si presenta di un colore rosso porpora chiaro con mille riflessi di luce; il calice risplende con una fittissima trama di vellutate bollicine rosa infinitamente persistenti. Fruttato, ma anche fragrante, con punte di acidità mai sovrastanti, trionfa abbinato ai bolliti emiliani, certamente con una lingua di manzo in salsa verde.
Chiarli è un punto di riferimento, rappresenta il perfetto connubio fra grandi quantità – sono i primi produttori privati di Lambrusco DOC, oltre le realtà cooperative e sociali emiliane – e i vini di nicchia curati secondo tradizione. Nel 1901 producevano già tre milioni di bottiglie con metodo ancestrale, poi sono stati i primi, negli anni ‘50, a introdurre in Emilia il metodo Charmat per i grandi numeri. Però Anselmo e Mauro, la quarta generazione, assieme a Michele Faccin, enologo e Filippo Mattioli, enotecnico, non dimenticano mai le origini di Chiarli: assieme all’attuale quinta generazione, lavorano ancora perfino le poche migliaia di metodo classico con remuage a mano, il Quintopasso con la raffinata etichetta senza tempo.