WINESTOP&GO – SPECIALE EMILIA ROMAGNA (9)

IL NOSTRO SOMMELIER VI RACCONTA… BERTOLANI A SCANDIANO (RE)

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Per la nuova tappa di Stop&Go fra le bollicine emiliane andiamo da Bertolani, sui colli di Scandiano, nel Reggiano; qui la storia dei vini emiliani è largamente testimoniata. Risalendo ai tempi dei romani, sembra che lo stesso nome della cittadina di Scandiano potesse derivare dall’uva Scantiana, di certo sappiamo che la Società Enologica Scandianese già nel corso del 1800 raccoglieva i più importanti proprietari terrieri locali e si impegnava nella promozione del vino alle esposizioni mondiali come quella di Parigi del 1878.
Sotto il simbolo della Rocca dei Boiardo, Alfredo Bertolani nel 1925, acquisendo parte delle attrezzature della Società Enologica stessa, aprì la sua azienda con il motto «Semplicità, onestà e pulizia». Superando quasi indenni la guerra, la seconda generazione con Vincenzo e Nemesio traghetta la cantina al nipote Giancarlo che negli anni ’70 introduce la modernità del metodo Charmat. La tradizionale metodologia della rifermentazione in bottiglia viene accantonata. Ma soprattutto negli anni ’80, come segno della modernità e del rinnovamento, non solo nel mondo dei lambruschi, arriva l’imbottigliamento sterile al posto della pastorizzazione. Pochi sanno che proprio questo processo, pur garantendo una sanificazione delle uve, riduceva drasticamente la vita di un vino, in particolare dei nostri lambruschi che si dovevano consumare di lì a pochi mesi, un anno. Oggi, con i cicli di fermentazione a temperature controllate, ma prima ancora la selezione e il lavaggio delle uve, si è potuto eliminare la pastorizzazione utilizzando filtraggi sterili a due stadi, di cui il secondo assoluto, così da stabilizzare il vino in bottiglia, garantendone una durata decisamente maggiore.
Poi negli anni ’90 e 2000 Bertolani completa il suo cammino, prima attraverso l’imbottigliamento in atmosfera modificata che evita le ossidazioni dei vini, sostituendo l’aria con azoto (assenza di ossigeno), poi con la quarta e attuale generazione, sotto la guida di Andrea, Nicola e della sorella Elena che realizzano la nuova sede attuale. Un edificio rispettoso dell’ambiente, a basso impatto con l’ampia copertura in legno, che sfrutta l’utilizzo di fonti rinnovabili compresa una capiente vasca interrata per il recupero delle acque piovane. La speciale coibentazione della struttura fa la differenza, con una riduzione della climatizzazione in cantina, pari a punte del 60-70% rispetto agli standard legislativi. L’impianto fotovoltaico esteso sulla superficie di copertura e la gestione computerizzata dei processi fermentativi completano il quadro di una cantina decisamente all’avanguardia che cura ogni passaggio, fino al recupero e riciclo delle bottiglie brandizzate per un nuovo processo di imbottigliamento.
A riprova della sensibilità ambientale di Andrea e Nicola ci sono le numerose certificazioni di cui la cantina oggi può dare sfoggio, ma anche l’esemplare criterio di lavorazione in vigna, con trattamenti che dal punto di vista fitosanitario fanno dell’Emilia in generale, un territorio all’avanguardia. Da sempre la cantina si serve di vigneti nella sola fascia collinare, in particolare proprio intorno a Scandiano e tutto ciò si esplicita nella produzione di 400-450mila bottiglie all’anno, suddivise fra bianchi per il 30% circa e rossi, in totale ben 17 etichette compresi un Colli di Scandiano e di Canossa Cabernet Sauvignon DOC e un bianco fermo di Spergola IGT. Le varietà di lambruschi la fanno da padrone, fra cui segnalo le due selezioni Collezione Alfredo Graspa Rossa e Rosso all’Antica, poi il Lambrusco Oro di sole uve Salamino e Malbo Gentile, fra i metodo Charmat.
Il fiore all’occhiello della produzione, oggetto della degustazione, è il Vincent, spumante metodo classico di Spergola 100% dei Colli di Scandiano e Canossa DOC. L’idea di questo vino nasceva già intorno al 2013, poi si è concretizzata con la prima annata nel 2014 per solo 2000 bottiglie con una sosta sui lieviti spinta fino ai 4 anni. Successivamente sono uscite le annate 2016 con due sboccature a dosaggio differenziato, salendo fino alle 4000 bottiglie, ma scendendo sempre con gli zuccheri, fino all’annata 2018, presto pronta, che molto probabilmente sarà a dosaggio zero. Senza dunque liqueur d’expédition, con rabbocco sempre dello stesso millesimo. Un processo evolutivo che oggi può considerarsi esemplare, anche per l’aggiunta di solfiti ben al di sotto dei limiti imposti per i vini biologici, un traguardo di qualità per Bertolani che nel suo Vincent non va oltre la soglia dei 60 mg/l. Se confrontiamo quest’ottimo dato con certi champagne… siamo di fronte a un prodotto praticamente naturale.
Tutto questo esalta il vitigno che si esprime con delle iniziali note erbacee e minerali, poi subito elegantemente levigate da profumi di fiori freschi di campo, mentre al palato si fa sentire la sosta sui lieviti di oltre 36 mesi, ingentilendo la bocca con delicate note di frutta secca concludendo con una bilanciata sapidità. Un vino di buona persistenza, abbastanza armonico nella sua evoluzione che certamente può regalare il meglio con soste sui lieviti ancora più prolungate. In estate il Vincent, servito molto fresco, è desiderare a tutto pasto, ma è sicuramente vincente con uno spaghetto alle vongole veraci.
Non manca, nei progetti in divenire di Andrea a e Nicola, un metodo classico di lambruschi autoctoni. Perché no? In fondo con i nostri percorsi emiliani stiamo scoprendo che ci sono già varie proposte sul mercato di rossi spumante che aprono a nuovi possibili abbinamenti. E con la storia che abbiamo in queste terre, soprattutto se arricchita dalle colline più vocate alle uve autoctone, ma anche ai vitigni internazionali come Pinot Nero e Chardonnay, non si può far altro che immaginare un roseo futuro emiliano proprio nel metodo classico.