WINESTOP&GO – SPECIALE EMILIA ROMAGNA (11)

IL NOSTRO SOMMELIER VI CONSIGLIA… TERRAQUILIA A MODENA

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Nell’undicesima tappa dello Stop&GO emiliano risaliamo in collina e dominiamo la pianura da Guiglia, nel Modenese, con la cantina TerraQuilia. Partiamo dalla storia di questo podere, a quasi 500 metri slm, in lieve declivio, con alle spalle la torre del paese da cui prende il nome, Terra di Guiglia. La famiglia Mattioli, dal padre Arturo al figlio Romano, passo dopo passo dalla prima sede fino alla nuova cantina del 2016, allargano la tenuta agli attuali 11 ettari, di cui 7,5 con viti in produzione. Il Podere La Riva circonda la cantina con una fresca esposizione a nord, terreni prevalentemente argillosi, coltivato a Sangiovese, Grechetto Gentile, Trebbiano, Moscato, Malvasia e Verdicchio; il Podere F.lli Bandiera, sul versante sud-ovest, con sottofondo di argilla e limo è coltivato a Grasparossa e Malbo Gentile; infine, sul Podere Conca d’Oro con esposizione a sud, suolo di argilla, sabbia e limo, sono state messe a dimora un po’ tutte le varietà della cantina, con anche delle uve Traminer. Tutto sotto la conduzione enologica di Franco Calini. Fanno parte del team anche Giorgia Mattioli, responsabile degli eventi e Francesco Tedeschini per l’accoglienza in cantina.
La struttura è davvero un gioiello di tecnologia e ordine. Sull’ampio tetto c’è un impianto fotovoltaico e i due piani della cantina sono tenuti in modo esemplare. Al piano dell’accoglienza e vendita ci sono gli impianti di vinificazione, al piano inferiore il magazzino e i giropallet per la rotazione delle bottiglie di metodo classico. Perché qui a TerraQuilia le bollicine si fanno in modo naturale con quest’arte di vinificazione e con la rifermentazione in bottiglia. Solo lieviti indigeni, con un bassissimo contenuto si solfiti, ben al di sotto del disciplinare previsto per i vini biologici (TerraQuilia è BIO dal 2016).
Il cammino dei vini naturali in Italia, oltre ad aver creato una nuova clientela preparata ed esigente, è un traguardo su cui da tempo si battono persone come Sandro Sangiorgi. I miglioramenti dei vini si devono soprattutto a una grande selezione in vigna e al ciclo delle basse temperature. Nell’ultima edizione del Vinitaly 2019, pre-Covid, i dati nazionali sul vino biologico erano incoraggianti, con un +18% nel 2018 e una crescita in particolare dei giovani produttori. Sono quindi le cantine come TerraQuilia, con una produzione intorno alle 70.000 bottiglie annue e i piccoli cantinieri a fare da apripista; i grandi produttori si stanno ricollocando sul mercato, o con l’acquisizione di piccole realtà in biologico, oppure con la progressiva riconversione. E in Alto Adige vi sono eccellenze persino in regime biodinamico.
Ma veniamo alla degustazione. La linea delle etichette di TerraQuilia è davvero completa, comprende anche cinque vini fermi, due bianchi e tre rossi. Mentre la rosa dei rifermentati in bottiglia e metodo classico è ampia e in grado di accontentare tutti: basata sulle scelte delle uve autoctone di Lambrusco e sulle varietà a bacca bianca della cantina. Iniziamo con il Terrebianche con fondo. Il 2018 (12% Vol.), da uve Grechetto Gentile e Trebbiano, è un vino fresco, minerale, fruttato e piacevolmente aperto al palato nella parte finale, grazie al basso contenuto di solfiti (28 mg/l), con una persistenza di piacevole acidità. Questa è la versione con rifermentazione in bottiglia, però c’è anche la declinazione sboccata alla volèe dopo almeno 20 mesi di permanenza sui lieviti: si chiama Il Nativo Naturale. Diverso, più erbaceo e dal colore giallo verdolino cristallino, prevede infatti una selezione delle uve già in vigna. Altra variante, a parità di taglio, il Terrebianche Zero. Ma è interessante il Tresassi Zero, risultato della vinificazione dell’antico clone di Verdicchio di Guglia di cui anni fa la cantina aveva ereditato i filari. Un vino di carattere, fra questi bianchi: il 2019 (12% Vol.) è davvero ancora giovane, vibrante, dal colore con ampi riflessi verdolini, delicate note croccanti e tostate derivate dalla sosta sui lieviti di almeno 30 mesi, poi sboccato alla volèe.
Come Rosè incontriamo un Sangiovese in purezza, in degustazione il 2019 (12% Vol.). Il nome non lascia dubbi: Sanrosé Zero, pensato come tutti con delle azzeccate etichette essenziali, disegnate e che ben delineano un criterio di naturalità anche nell’immagine. Sempre non dosato, questo vino si presenta color buccia di cipolla intenso, con profumi di frutti rossi freschi, fragole di bosco, poi un palato intenso, con una vivace sapidità finale. Viene spontaneo pensare ad un abbinamento fuori regione come il baccalà alla livornese.
Veniamo alle etichette con uve a bacca rossa. Il Falcorubens col fondo è appunto la versione con rifermentazione in bottiglia da Lambrusco Grasparossa in purezza. Il 2018 (11,5% Vol.)  è macerato a freddo sulle bucce con fermentazione in bianco. Si tratta di un vino giovane, dalla bella spuma persistente, ricco di sentori di frutti rossi e note vinose, lasciato almeno 15 mesi sui lieviti. Il Falconero Zero 2018, da uve Grasparossa con taglio di Malbo Gentile, sosta sui lieviti di almeno 15 mesi e sboccatura a la volèe, passa alla versione con sosta di almeno 24 mesi con l’etichetta Falconero 24. Questo 2017 è un vino ricco di sottobosco, note di cuoio e una lunga persistenza con vellutata sapidità, perfetto per un piatto di cacciagione. Edizione speciale, per finire in bellezza, il Falconero Zero 2016 XIII Luna. Stesso taglio, è un vino generoso nei profumi con piacevoli richiami al ribes rosso e all’amarena sotto spirito. Sono 36 i mesi di sosta sui lieviti che regalano note di frutta secca e delicate spezie orientali. Un vino ottimo per i nostri bolliti, compreso il cotechino.
Completano la linea altre due etichette dell’Edizione speciale XIII Luna, poi uno spumante di Grechetto Gentile e Trebbiano in evoluzione con 30 mesi sui lieviti, ma vi lascio la curiosità di andare a provarli, visitando un territorio e un paese come Guiglia, davvero affascinante.