Coldiretti lancia l’allarme. Perdita di fatturato di almeno 1,5 miliardi per l’agroalimentare italiano a seguito del crollo delle attività di ristorazione per lo stop forzato di alberghi, bar, trattorie, ristoranti, pizzerie e agriturismi. Con riduzione record del 24,8% dell’indice di fatturato per alloggio e ristorazione. Questo il rilevamento Istat nel primo trimestre del 2020 per l’emergenza coronavirus. Il lungo periodo di chiusura ha pesato su molte imprese dell’agroalimentare Made in Italy, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura, ma anche su salumi e formaggi di alta qualità che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. In alcuni settori come quello ittico e vitivinicolo la ristorazione rappresenta addirittura il principale canale commercializzazione per fatturato. La ripresa è lenta, la diffidenza serpeggia tra i consumatori in un clima che lascia presagire un’estate in parte compromessa, calcolando che molte attività alberghiere e legate alla ristorazione non sono ripartite viste la chiusura di molti uffici pubblici e la totale assenza di turisti stranieri, che rappresentano il 59% dei pernottamenti complessivi. L’enoturismo non è certo agevolato dal divieto di circolare tra regioni. Faticano anche gli agriturismi a carattere familiare presenti in Italia, circa 24mila, che rischiano una perdita di un miliardo a fine 2020 dopo che la chiusura forzata ha fatto saltare sia il periodo pasquale sia i ponti del 25 aprile e del 1° maggio, oltre che le cerimonie religiose (cresime, battesimi, comunioni, matrimoni) che si svolgono tradizionalmente in questo periodo dell’anno. A incidere anche la cancellazione delle attività di fattoria didattica che molti agriturismi svolgono soprattutto in primavera in collaborazione con le scuole. L’Italia è leader mondiale nel turismo rurale con strutture agrituristiche in grado di offrire 253mila posti letto e quasi 442 mila posti a tavola per un totale di 14 milioni di presenze lo scorso anno.