Gambellara si prepara a diventare biodistretto, una enclave completamente biologica. In autunno i corsi di formazione per i viticoltori del territorio nell’ambito del progetto T.i.Ge.S.Vi (Tecniche innovative per la gestione del vigneto), in collaborazione con il Consorzio Vini Colli Euganei. “Stiamo facendo una riflessione profonda sul biodistretto, si è aperto un tavolo di confronto fra i produttori della zona. Se ne parlava già tre anni fa, prima dello spostamento della sede del Consorzio di Tutela al Palazzo del Vino di Lonigo. Ora che la situazione si sta stabilizzando i produttori del Gambellara sono convinti sempre di più che il biodistretto potrebbe avere un futuro”, spiega Giovanni Ponchia, direttore dal 2019 del Consorzio Tutela Vini Gambellara che riunisce 200 viticoltori e 600 ettari vitati nei comuni di Gambellara, Montebello Vicentino, Montorso Vicentino e Zermeghedo e che proprio in questi giorni si è presentato con un nuovo sito e un nuovo logo. Obiettivo puntare sulla peculiarità dei vini vulcanici da uva garganega, promuovendo i vini della doc a livello territoriale e nazionale, con un occhio ai mercati esteri, soprattutto Nord Europa, Polonia e Uk. “Abbiamo optato per una nuova immagine, più fresca, come i nostri vini che si avvicinano sempre più a un pubblico giovane e curioso di sperimentare prodotti meno conosciuti ma di alto livello qualitativo. Lo spunto ce lo hanno fornito i basalti colonnari di Gambellara, frutto di eruzioni sottomarine, che nell’immagine vanno a formare un grappolo dorato come la garganega e il Monte Crocetta, vulcano oggi spento che domina il territorio. Il biodistretto nasce dall’esigenza di dare un valore unico a tutta questa area e alla sua produzione. In particolare lo scopo del progetto, di cui è capofila l’azienda La Biancara di Angiolino Maule, è quello di individuare una migliore e innovativa gestione del suolo e del soprassuolo per incrementare la fertilità biologica del terreno, il contenuto e la stabilità della sostanza organica e favorire la biodiversità vegetale e animale e il conseguente controllo biologico dei fitofagi dannosi. Oggi si contano 5 o 6 aziende certificate biologiche all’interno del nostro consorzio. Per diventare biodistretto ne serve una certo numero, ma a Gambellara è possibile perché abbiamo a che fare con una sola varietà di uva che ha una sua storicità. Bisogna coinvolgere le amministrazioni comunali per preservare il più possibile la salubrità del territorio, servono interventi urbanistici per non impattarlo, le aziende devono avanzare in maniera compatta un fronte sostenibile dal punto di vista economico, climatico e qualitativo. Con questi corsi propedeutici vogliamo portare i viticoltori del territorio a visitare realtà italiane che hanno trovato la chiave di svolta per una viticoltura veramente sostenibile, senza dogmi. Il senso è far capire loro come coltivare al meglio i vigneti per migliorare la biodiversità e la vite delle piante. L’obiettivo è una viticoltura sempre più sostenibile, cui arrivare per step. Stiamo assistendo ad una forte riduzione delle risorse naturali negli ecosistemi agricoli, ma anche alla richiesta di un approccio sempre più sostenibile da parte dei consumatori. La doc Gambellara ha da sempre una forte propensione ad un pensiero alternativo nella viticoltura, tanto da essere l’avamposto del vino naturale con l’Associazione VinNatur. Per questo siamo felici di far parte di questa sperimentazione triennale che ci vedrà in prima fila per migliorare la salubrità del nostro territorio”.
L’appeal dei territori vulcanici e l’arrivo del disciplinare tanto atteso. Volcanic Wines è l’associazione nata nel 2012 che riunisce le doc di origine vulcanica di tutta Italia sotto un unico cappello con una condivisione di obiettivi. A febbraio erano stati finanziati 3 milioni di euro nell’ambito del programma europeo 1144 per gli “Eroi vulcanici” (HEVA) per la promozione in alcuni paesi target. Continua Ponchia: “Come Consorzio Gambellara stiamo riprendendo in mano le pianificazioni pluriennali che erano state definite proprio a fine febbraio. Strategie legate non solo ai social media e alla formazione dei viticoltori, ma in un’ottica di confronto con gli operatori già dal prossimo autunno. Tornerà Gustus, di cui abbiamo festeggiato l’anno scorso il decimo anniversario, che ci ha permesso di far conoscere e apprezzare i nostri vini ad un pubblico sempre più ampio e di festeggiare la creazione di un unico coordinamento con la doc Gambellara che per la prima volta ha presentato le sue etichette e le diverse espressioni della sua varietà di elezione, la garganega. L’appuntamento sarà in autunno con un evento completamente rivolto a giornalisti e operatori italiani, dove presenteremo anche la prima opera omnia del Consorzio Colli Berici e Vicenza, un volume dedicato alle terre, alle vigne e alle ville del territorio”. Conclude:” La doc Garganega copre un’area quasi completamente vulcanica. I vini vulcanici suscitano grande interesse in tutto il mondo. Per quanto riguarda il marchio Volcanic Wines, ora si spinge sul disciplinare, un regolamento che vada a definire i territori e le cui aziende che si possono fregiare del marchio stesso in assoluta trasparenza per i consumatori. Con il 2021 ci dovremmo riuscire. Il vulcano è una spina dorsale che collega tutta l’Italia del vino e intorno al quale crescono prodotti unici. Dobbiamo lanciare il brand pensando a una strategia comune per l’uso del marchio già registrato. Lo stavamo facendo e la pandemia ha interrotto il discorso. Non esiste un territorio vulcanico identico a un altro, anche i basalti possono essere differenti, come i tufi. Tutte le rocce vulcaniche hanno delle microporosità che sono in grado di assorbire l’acqua al 100% del loro peso, caratteristica che il calcare non ha perché drena, mentre le pomici, i basalti sono categorizzati sulla porosità. Sono terreni con capacità idriche superiori nei periodi di siccità, inoltre nei terreni vulcanici ci sono più fosfati e il basalto è in grado di assorbirne il 98%. Sono, quindi, terre che non hanno bisogno di concimazioni frequenti come altri suoli. Importante è anche la riflessione dei raggi solari. Alcuni studi scientifici dimostrano che i terreni calcarei, come i Colli Berici, la Valpolicella, Montalcino o in Piemonte dove ci sono le marne bianche, sono più adatti alle varietà a bacca rossa perché riflettendo la luce del sole aiutano l’uva a raggiungere la maturità fenolica più in fretta, invece i suoli di origine basaltica non riflettono i raggi solari, accumulano il calore e lo cedono durante la notte, perciò sono più adatti alle varietà a bacca bianca. Magnesio, fosforo e potassio sono i tre elementi più abbondanti nei terreni vulcanici. La famosa zona vitivinicola dell’Oregon è una enorme colata basaltica, le montagne tra Napa e Sonoma hanno una composizione geologica di ossidiana, che è una roccia di origine vulcanica molto simile al basalto, che si trova anche in alcune zone italiane come l’isola di Vulcano e il comprensorio, poco conosciuto, intorno al comune di Bonnanaro, in provincia di Sassari, dove il Monte Pelao, un tavolato basaltico che oggi è un vulcano estinto, evidenzia tracce dello sviluppo di una civiltà antecedente agli Etruschi. L’ossidiana veniva utilizzata per realizzare punte, frecce ed era la roccia più utile. Le isole Lipari fungevano all’epoca da cave per il rifornimento, c’era un commercio fiorente in queste zone. Ecco perché la ricerca è fondamentale. Sarebbe interessante se i consorzi investissero per indagare se in qualche modo esiste un territorio vulcanico nella loro zona e qual è il rapporto tra le produzioni e questi terreni”.