L’Oltrepò Pavese del futuro sarà sempre più export oriented. Circa 400 cantine, 1500 aziende vitivinicole che fanno parte della filiera produttiva, tre cantine sociali (Torrevilla, Canneto Pavese, Terre d’Oltrepò), una produzione che da sola supera il 60% del vino lombardo per un totale di tredicimila ettari vitati, una marea di vitigni coltivati – anche il nebbiolo! – e un Consorzio impegnato come non mai in una serie di attività promozionali all’estero, mercato target gli  Stati Uniti. Obiettivo creare attività con format ripetibili, di incoming di stampa estera, privilegiando storici mercati come Germania, Austria, Belgio, Danimarca e Francia, ovviamente covid permettendo. “A giugno saremo al Vinitaly, a novembre al Merano Wine Festival, faremo uno speciale Oltrepò su Vinum Germania, che sarà riprodotto nell’edizione svizzera, altro mercato in evoluzione su cui stiamo ragionando”, ci anticipa il direttore del Consorzio di Tutela Vini dell’Oltrepò Pavese Carlo Veronese. “Dall’ 1 aprile saremo invece negli Usa, sulla east coast, con la brand ambassador Susanna Gold, una giornalista americana doc che vive nel New Jersey, con cene e pranzi, una serie di eventi stampa a New York, Washington, Boston e Filadelfia per promuovere il nostro territorio nel mondo della comunicazione statunitense. Ricordo un bell’articolo che uscì sulla rivista americana Wine Enthusiast quando mi trovai negli Usa e a un enotecario molto noto che non conosceva i luoghi del Lugana gli mostrai il servizio sul giornale. Ecco, le due pagine sono servite anche a questo. Tutte le aziende del territorio devono considerare i grandi articoli della stampa estera un passepartout per girare il mondo e quindi devono portarseli con sé. La stampa non è uno spot, soprattutto quella estera, ma funzionale alla crescita di una azienda a livello di immagine e qualità percepita. Io credo che in questo momento sia molto importante sfruttare le occasioni. A breve lanceremo un contest fotografico sul territorio della durata di un anno, che coinvolgerà non solo il vino ma tutto il settore dell’agricoltura e nomineremo una giuria per premiare gli autori delle migliori fotografie che saranno successivamente utilizzate dal Consorzio per la promozione dell’Oltrepò Pavese”.
Ma su quali vini puntare in un territorio così vasto in cui si produce un po’ di tutto? Con quali vini farsi riconoscere? Occorre scremare molto, puntare sulla storia, sulla tradizione, su quei prodotti che riescono meglio di altri già buoni e che quindi possono definirsi eccellenti pensando a una sfida globale. “La scelta alla base”, spiega Veronese dando indicazioni sul futuro, “è identificare i prodotti che caratterizzano il territorio in maniera indiscutibile e unica. L’Oltrepò Pavese per la sua estensione ha la possibilità, rara, di prestarsi molto bene alla coltivazione di diversi vitigni, cosa che non accade in tanti altri posti d’Italia, anche più blasonati, dove per assaggiare un grande bianco, un grande rosso, un grande spumante e un grande vino dolce bisogna spostarsi di un centinaio di chilometri. Per esempio, in Franciacorta troviamo grandi bollicine, i rossi importanti sul Garda piuttosto che in Valpolicella, un ottimo bianco è il Lugana, un vino dolce di prestigio è il Moscato di Scanzo. In Oltrepò Pavese, invece, nel raggio di trenta chilometri troviamo aziende che riescono a fare, e bene, tutte queste tipologie. E questo è un grande punto di forza. Solo che poi non si può promuovere tutto allo stesso modo, bisogna identificarsi in qualcosa, avere una direzione univoca come territorio, quattro o cinque vini al massimo su cui puntare. Il resto segue a ruota, fa da contorno per un successivo approfondimento. Il fatto che su questo territorio così esteso venga bene tutto permette a un’azienda di realizzare anche prodotti meno conosciuti e identificativi. Per esempio Montelio, a Codevilla, realizza, in maniera quasi incredibile, come altre sei o sette aziende locali, un ottimo Muller Thurgau, un grande vino bianco conosciuto prevalentemente in Trentino Alto Adige. E questa è una delle prime aziende che ho visitato sul territorio, il mio primo impatto è stato con questo vitigno. Se gli viene così bene perché dovrebbe rinunciarci? Fare diciassette vini in un’azienda non è di per sé un male, però bisogna scegliere con cosa promuoversi all’estero”.
Lo slogan #perledoltrepo ha questa chiave di lettura. Prendere il meglio e portarlo fuori. “Si tratta di uno slogan  utilizzato già anni fa e rilanciato ora con più forza. Il  territorio si fa conoscere per le sue perle, il top di gamma, e poi il consumatore, i grandi buyer e i media approfondiranno il discorso e magari visitando il territorio scopriranno un festival di vini dolci o rosé, il Muller Thurgau, la Malvasia passita e così via”, conclude Veronese. “Sicuramente punteremo sul Pinot nero, nostro grande punto di forza, con ottimi risultati sia nella versione di rosso giovane e fresco sia in quella più strutturata, un vitigno versatile che si presta anche alla spumantizzazione, basta pensare al metodo classico docg da pinot nero. Altro grande vino è il Riesling, e sul territorio ce ne sono di eccezionali sia da varietà renana sia italica. Non possiamo tralasciare il vino dei grandi numeri, un super autoctono, la o il Bonarda che dir si voglia, da croatina 100%, che è il prodotto con più imbottigliamento in zona. Aggiungerei alla lista il Sangue di Giuda, un vino dolce di grande caratterizzazione, di cui si producono due milioni e mezzo di bottiglie, ma che va rivalutato. In un brunch o in un pranzo di territorio il Bonarda e il Sangue di Giuda stanno benissimo sulla tavola. Bisogna superare il pregiudizio che i vini frizzanti siano vini di serie b. Non credo, invece, che il Barbera possa avere una forte caratterizzazione in Oltrepò Pavese come invece accade in altre zone limitrofe. Consiglio ai produttori, per il futuro, di non piantare più barbera ma concentrarsi su ciò che si riesce a promuovere e vendere bene, in maniera distintiva”.
Con la giusta mentalità, facendo ordine, si può andare lontano. Molto lontano.