Scrivo questo articolo qualche giorno dopo la degustazione perché le cose belle e memorabili si lasciano per ultime (si dice così, no?). Così il ricordo di un vino, o meglio di tre vini in questo specifico caso. Tre grandi cru, vini di alto profilo qualitativo, tecnicamente perfetti. Quasi banale scriverlo, perché compito (in parte anche missione) di un bravo e ambizioso enologo è realizzare vini tecnicamente perfetti e privi di difetti, meno banale è dire che un vino riesce a provocare un’emozione. Ed è proprio questa emozione che ne tiene vivo il ricordo più che la loro perfezione. Follia emozionarsi per un vino? Forse, ma questo è quello che mi piace di questo lavoro, quella capacità di sorprendermi, di sentirmi parte di un’esperienza unica, perché contestualizzata in un luogo fisico e della mente preciso. Quell’esperienza che deve saper continuare anche a casa, anche a distanza di tempo, anche dopo altri assaggi. Unicità non vuol dire fare qualcosa di completamente nuovo, ma è riuscire a imprimere il timbro della diversità nella somiglianza e saperlo valorizzare.
(La cappellina dove riposa il vinsanto)
Ci troviamo a Vallepicciola, a sud della zona del Chianti Classico, verso Siena, per un tour stampa, con giornalisti nazionali e internazionali, di presentazione e lancio dei tre nuovi cru dell’azienda: uno Chardonnay, un Sangiovese e un taglio bordolese realizzati dall’enologo (e direttore generale) Alessandro Cellai. Cantina in cemento armato, acciaio corten e legno, rivestita in galestro, di seimila metri quadrati, interrata per l’80% e perfettamente integrata in quei duecentosettantacinque ettari fra boschi, vigna e ulivi, di cui centosette vitati tutti nel territorio di Castelnuovo Berardenga, che compongono la proprietà della famiglia Bolfo, Bruno e Giuseppina, di origini liguri. La storia incomincia nel 1999 da un vecchio convento di suore, abbandonato, nei pressi della loro casa di campagna, a Pievasciata, che i due fratelli decidono di ristrutturare creando un hotel 5 stelle (Le Fontanelle) e tutt’intorno l’azienda agricola. Una realtà che tre anni fa, schierando in campo una squadra d’eccezione capitanata dall’enologo Alessandro Cellai, ha intrapreso un nuovo corso.
Altitudini importanti, focus sulla sostenibilità (con recupero integrale delle acque utilizzate in cantina), grande diversità dell’ecosistema, certificazione Viva, in vigna macchinari a basso impatto ambientale, in cantina selezione ottica più che dei grappoli degli acini grazie a uno dei sette macchinari utilizzati in Italia, per una cernita rigorosissima che elimina la minima imperfezione. I suoli sono calcarei e argillosi, con presenza di galestro e alberese. Il paesaggio è un quadro di vigne straordinarie e ulivi secolari, puntellato di cantine, borghi, dimore signorili e castelli. Tutti i più grandi territori vitivinicoli sorgono nei pressi di un fiume, qui l’Arbia.
Con l’annata 2023 l’obiettivo è arrivare a 600mila bottiglie, per un totale di diciassette etichette. La produzione di Chianti Classico è importante ma non supera il 40% della produzione. “Nella linea Chianti Classico il nostro sangiovese per esprimersi non ha bisogno di essere supportato da altri vitigni, pur ammessi dal disciplinare in piccole percentuali”, sottolinea Cellai, scuola di Giacomo Tachis, mano sul Pinot nero, sul Sangiovese ma anche sui tagli internazionali e, dopo questo assaggio, possiamo dire anche sullo Chardonnay.
Il Sangiovese, che non va a comporre solo il Chianti Classico, è il vitigno principe del territorio. Il Pinot nero si vinifica in rosso ma anche in versione spumante Metodo classico e rosé. La linea dedicata ai monovitigni internazionali si concretizza nel Pinot nero Boscobruno, nel Merlot Quercegrosse, nel Cabernet Franc Mordese – varietale e non vegetale – e nel Cabernet Sauvignon Parva Domus.
Nella degustazione, che accanto all’enologo Alessandro Cellai e all’amministratore delegato Alberto Colombo ha visto la partecipazione di Paolo Porfidio, head sommelier di Terrazza Gallia a Milano, il fil rouge è quello dell’eleganza, della freschezza, della territorialità e della bevibilità. Sono vini pensati per la ristorazione, gastronomici. “Lo stile di un vino è ricerca dell’eleganza”, commenta Cellai, creatore di pezzi di storia enologica, basti pensare ai Sodi di San Niccolò, un vino mito. Vallepicciola è la sua sfida dopo aver lasciato a gennaio 2020 l’incarico di direttore generale dei Domini Castellare di Castellina. “Un enologo deve essere in grado di gestire l’imprevisto in maniera tempestiva così come deve intuire ciò di cui un vino ha bisogno a seconda dell’annata, senza fossilizzarsi in schemi prestabiliti. Non ci può essere una ricetta decisa a priori, occorrono valutazioni anno per anno. Per esempio, per quanto riguarda lo Chardonnay e l’annata 2022 utilizzeremo anche legni di secondo passaggio. Siamo partiti con barrique nuove perché la 2021 è stata particolarmente ricca sotto il profilo polifenolico, quindi il legno non avrebbe coperto gli aromi”, spiega Cellai, che come Giacomo Tachis crede nell’utilizzo del cemento sul Sangiovese e sul nuovo taglio bordolese. “Il cemento conferisce grande morbidezza, aiuta nella polimerizzazione dei polifenoli. L’acciaio, invece, ha una carica elettrostatica continua e tiene il vino sempre in movimento. Tachis diceva che il vino nell’acciaio è perennemente arrabbiato”.
Grazie, Alessandro Cellai, per averci emozionati.
Vallepicciola Bianco Igt Toscana 2021 Chardonnay
Da cloni francesi e da un vigneto di un ettaro e mezzo di vigne vecchie, matura in barrique nuove per 12 mesi. A differenza di quanto si potrebbe pensare il legno non sovrasta la sua complessità aromatica, che si rivela fin dalla prima olfazione importante per essere uno Chardonnay espressione del territorio del Chianti Classico. Frutta tropicale, spezie, agrumi, fiori, con note balsamiche che arrivano subito dopo, intrigante la salvia. Un vino di grande complessità gusto-olfattiva, connotato da una freschezza che ben sorregge la morbidezza al palato. La balsamicità è un marchio di fabbrica e la ritroviamo anche nei vini rossi. La magnifica, persistente sapidità invoglia a un altro assaggio. Un vino che ha ancora tanto da esprimere, giovane ma già sorprendentemente complesso e capace di abbinarsi con piatti importanti.
Vallepicciola Rosso Igt Toscana 2020 Sangiovese
L’annata regala struttura e balsamicità. Un vino, massima espressione di Sangiovese dell’azienda, dal vigneto Fontanelle, con viti di 50-60 anni. Venti i mesi di invecchiamento e 4 quelli di affinamento in bottiglia. Si produce un unico grappolo per pianta. La fermentazione malolattica avviene in cemento. Al naso visciola che richiama acidità e che ritorna al palato insieme a cacao, tabacco da sigaro, note speziate, rosmarino, timo, piccoli frutti scuri. All’assaggio l’ingresso è ampio, con la freschezza che bilancia l’alcol e non fa percepire la nota alcolica. Il tannino è vivo, vibrante. Sapidità, buona persistenza aromatica e balsamicità in fase retrolfattiva. Un Sangiovese fine, di complessità gusto-olfattiva, lungo nel finale.
Migliorè Igt Toscana 2019
Taglio bordolese 33% Cabernet Sauvignon, 33% Cabernet Franc e 34% Merlot. Al naso frutta rossa leggermente surmatura, note speziate, floreali secche e balsamiche. Piacevolezza e sapidità al palato, accarezzato da sfumature di tabacco, liquirizia, noce moscata, alloro, timo, mallo di noce. Di struttura, avvolgente, morbido, equilibrato dalla freschezza conferita dal Cabernet, con tannino evidente ma già integrato che conferisce longevità al vino. Il Cabernet Franc si percepisce più del Merlot. Rivela una complessità che si ritrova nei grandi tagli bordolesi. Un vino da meditazione, magari in accompagnamento con un sigaro o una pralina di cioccolato.